Far prevalere il voto popolare a livello nazionale?
Occorre tornare su un tema già in altre occasioni affrontato.
Certo, per l’universo mondo, il fatto (per guardare solo alle ultime Presidenziali) che Hillary Rodham Clinton abbia collezionato quasi 3.000.000 di voti in più di Donald Trump a livello Paese e non sieda a White House può sembrare addirittura inaccettabile.
Infine, una negazione della Democrazia!
(Certamente, la constatazione che anche nelle tre altre circostanze che – a partire dal primo confronto democratici/repubblicani del 1856 – hanno visto accadere altrettanto, il vincente per suffragi popolari nazionali e poi perdente per Grandi Elettori sia stato sempre un Asinello alimenta notevolmente le lamentele di una ben identificata parte).
Gli Stati Uniti d’America – va sempre ricordato – sono una Repubblica Federale nella quale i singoli membri hanno specialissima considerazione e dignità.
(Si guardi, per dire, al numero dei Senatori di spettanza, due, uguale a prescindere da ogni considerazione che si appelli alla consistenza degli abitanti locali).
Il voto popolare conta quindi e pertanto esclusivamente negli Stati e chi appunto prevalga in questi termini in uno tra loro (con le eccezioni del Maine e del Nebraska) conquista tutta (non proporzionalmente al risultato conseguito) la delegazione dei Grandi Elettori ai quali lo Stato del quale ha diritto.
Questo perché il voto nella circostanza presidenziale non è ‘diretto’ ma mediato o di ‘secondo grado’ dato che l’inquilino della Executive Mansion viene in effetti nominato dai citati Grandi Elettori e non dagli elettori con la e minuscola.
Data la situazione, le campagne elettorali sono organizzate e condotte al fine di prevalere laddove è possibile lasciando praticamente perdere le situazioni locali non rimediabili.
Per esempio: i repubblicani praticamente evitano nella contingenza e oramai da decenni di fare propaganda politica in California o nel New York.
Tempo e denaro sprecati, altrimenti, essendo quei due Stati larghissimamente democratici.
Contenere colà la sconfitta non avrebbe senso perché perdere per milioni di voti o per uno soltanto lo Stato con capitale Sacramento o quello con la Grande Mela è la stessa cosa: si resta con un pugno di mosche in mano.
Peraltro, gli elettori repubblicani residenti colà non hanno motivazione alcuna per andare ai seggi sapendo che al massimo potrebbero contenere una sconfitta inevitabile.
Tutto assolutamente cambierebbe da questo basilare punto di vista se il voto popolare nazionale fosse decisivo.
Conterebbero eccome i suffragi dei citati repubblicani californiani o del New York e questo li spronerebbe al voto.
Farebbe propaganda nel Golden State o nello Stato con capitale Albany il Grand Old Party.
Una situazione, un mondo assolutamente diversi.
Chi ha detto, tornando al 2016, che Hillary Clinton avrebbe vinto quanto a voto popolare nazionale con regole del gioco e conseguenti atteggiamenti elettorali tanto diversi?