Anche il Washington a Trump mentre lo scontro con Hillary si invelenisce
Video, registrazioni, invettive, raccolta di firme, dichiarazioni, esternazioni, qualsiasi argomento o cosa possa venire in mente ai due staff, qualsiasi atteggiamento dei due candidati piuttosto che dei parenti, affini o amici anche se risalente ad anni, decenni fa…
Il clima si invelenisce e l’aria rischia di diventare irrespirabile, visto che all’8 novembre mancano cinque mesi abbondanti.
E, considerando il fatto – documentato – che i due pretendenti a White House non piacciono al sessanta per cento circa degli americani, viene da chiedersi quale potrà essere il loro livello di gradimento alla fine, se riusciranno a sopravvivere in minima parte nella considerazione popolare, se non si distruggeranno reciprocamente.
Una campagna elettorale volgare nella quale i contendenti, di tutta evidenza, si disprezzano, certamente, sotto questo non indifferente profilo, molto peggiore delle più recenti.
Andando indietro nel tempo, può addirittura venire alla memoria il feroce confronto datato 1828 tra il presidente uscente John Quincy Adams e il generale Andrew Jackson.
Ma, venendo all’oggi, oramai senza rivali interni (i nomi di Ted Cruz e John Kasich erano sulle schede solo perché stampate prima del loro ritiro), Donald Trump ha riportato addirittura oltre il settantasei per cento dei voti nella primaria repubblicana dello Stato di Washington.
Non ha ancora raggiunto la benedetta maggioranza assoluta dei delegati alla convention di Cleveland ma lo farà senza dubbio alcuno considerando il fatto che, tra gli Stati, ancora da consultare c’è anche la – ricca anche in termini di voti elettorali – California.
Incredibilmente, guardando in specie a quanto tutti dissero e scrissero all’inizio della campagna e anche prima, al momento delle diverse discese in campo, Hillary Clinton – sia pure sicura della nomination – è nel campo democratico messa peggio di quanto sia Trump, “fuoco di paglia”, in quello repubblicano.
E i sondaggi registrano il sorpasso…