Dopo le primarie
Decisi attraverso la lunga corsa di caucus e primarie (quest’anno, durata dall’1 febbraio, Iowa per entrambi gli schieramenti, al 14 giugno, Washington DC per i democratici) i contendenti, eccoci, salvo sorprese sempre possibili, ad una fase di relativo stallo in attesa delle due convention.
E’ vero, Bernie Sanders pare non avere nessuna intenzione di dare strada a Hillary Clinton senza combattere e vuole che le sue idee vengano tenute nel debito conto in quel di Filadelfia, ma è molto, molto difficile ipotizzare una sua uscita e una conseguente spaccatura dem in sede di general election.
E’ vero, frange del partito repubblicano ancora si agitano non riuscendo a digerire Donald Trump, un corpo estraneo alla ortodossia GOP, ma per quanto Mitt Romney strepiti e i Bush si siano defilati è del tutto improbabile che una seria alternativa interna nasca e si materializzi.
E’ vero, il notevolissimo scontento che anima il corpo elettorale, l’antipatia che la maggioranza dei cittadini dichiara di nutrire nei confronti dei due candidati lascia spazio – così si dice, ma poi, alla prova dei fatti, le cose cambieranno – lascia spazio a terzi incomodi, primo fra tutti quello rappresentato da Gary Johnson, esponente del Libertarian Party.
Vero tutto questo…
Tra sondaggi ballerini che rispondono a committenti schierati e che non ci dicono dei singoli Stati.
Tra polemiche vere e false, spesso inventate dai media.
In attesa spasmodica di uno scandalo purchessia.
Ci avviamo alle convention in programma nella seconda metà di luglio.
Un periodo di stanca?
Per carità, no.
Avremo ogni giorno – vere o false che siano, come detto, le notizie – temi e argomenti da trattare.