“Femminilità non femminismo!”, Kellyanne Conway da oggi con Trump
Come è riuscito Donald Trump a guadagnare il consenso popolare (mai tanto grande nella storia nel corso delle primarie nei riguardi di un candidato repubblicano) se non, soprattutto, essendo se stesso?
Fregandosene – e diciamolo! – delle buone maniere, delle convenzioni, del politically correct, prendendo in giro maleducatamente i rivali interni, urlando, agitandosi, rappresentando il peggio.
Arrivato alla certezza della nomination, ha cominciato a guardarsi in giro e a farsi delle domande.
La prima delle quali è: “E adesso che faccio?”
Essendosi risposto: “Devo cambiare perché l’elettorato che mi segue non basta per vincere l’8 novembre”, ha licenziato il suo capo staff Corey Lewandowski sostituendolo con il dinosauro Paul Manafort e, fatti fuori dipoi altri compagni di strada, ha assunto Kellyanne Conway.
L’intento, ovviamente, è quello di conquistare almeno parte dell’elettorato femminile che i sondaggi danno per avverso (d’altronde, con tutto quel che ha detto contro le signore…)
Conway è una ‘pollster’ di grande esperienza, nota in particolare per una bella e significativa espressione: “Femmininity not feminism” (Femminilità non femminismo, naturalmente).
Repubblicana da sempre, come il predetto Manafort, rappresenta l’ortodossia.
Ortodossia GOP che, l’ho sottolineato, Trump aveva assolutamente scartato.
Vedremo quali effettivi cambiamenti nel comportamento del tycoon provocheranno i nuovi arrivi.
Fino a che punto il vino di Trump verrà annacquato.
Con quali risultati.
Magari, alla fine, qualcuno scoprirà che la migliore soluzione era continuare a fare l’esagitato, ad insultare, ad uscire dagli schemi e dal seminato.
A fare, insomma, il Trump!!!