Il caso ‘Forrest Gump’
La destra conservatrice si riconosce nella pellicola mentre la sinistra la disprezza.
Non parliamo qui di film che trattino argomenti o personaggi politici.
Men che meno, approfondiscano temi ideologici.
Parliamo di una pellicola di grande e meritato successo e di come, non avendo gli autori e gli interpreti assolutamente nessuna dichiarata intenzione in tal senso, sia stata accalappiata praticamente in toto dalla politica diventando dipoi oggetto di roventi polemiche.
Parliamo di ‘Forrest Gump’ (!?).
Uscito il romanzo – del tutto inosservato – otto anni prima (opera di Winston Groom), nel 1994, trasposto sul grande schermo, ottiene all’inizio critiche strepitose e incassi a valanga.
È la destra repubblicana, ad un certo punto, per la voce di Pat Buchanan, a farlo proprio.
Sostiene l’allora abbastanza in auge (cercherà invano la nomination del Grand Old Party in due occasioni) conservatore che il film è, nella sua essenza, “una Bibbia del tradizionalismo”.
Per il modo nel quale affronta la contestatissima Guerra del Vietnam.
(“I soldati”, sottolinea Buchanan, “non commettono atrocità e sono felici di combattere. Sono dignitosi figli della classe lavoratrice fedeli al loro Paese e fieri di servirlo”).
Per come dileggia i movimenti alternativi sostenuti dai radicali.(“‘Forrest Gump’ celebra i valori conservatori della vecchia America”, commenta, “fatti di fedeltà, famiglia, fede e virtù e mostra che lo stile di vita ispirato a Woodstock è squallido e conduce alla rovina”).
Non fa del resto molta fatica la destra ad appropriarsi del film dato che la sinistra intellettuale, sfidata, lo rifiuta.
(Pauline Kael, critico molto seguito ‘a gauche’, arriva a scrivere “Ho odiato con tutte le mie forze ‘Forrest Gump’, soprattutto per la visione reaganiana che ha della controcultura”).
Volendo, guardando al successo popolare del film di Robert Zemeckis e al dileggio dei ‘colti’, si può comprendere come mai i repubblicani abbiano governato il Paese tanto più a lungo dei democratici (dal primo confronto del 1856, un margine di 24 anni).
La casalinga di Dayton, Ohio – che identifica l’elettore medio come il ‘montanelliano’ lattaio – ha amato ‘Forest Gump’ e ha votato conseguentemente.
Ci si può e deve chiedere (abbiamo scritto “ha amato”, “ha votato”) se intenda farlo ancora.