‘Invisible primaries’
La corsa per le nomination – non solo per i democratici e i repubblicani ma anche per i vari partiti minori – inizia tradizionalmente a febbraio dell’anno elettorale con il caucus dell’Iowa e la primaria del New Hampshire.
Peraltro oramai da tempo, le classiche fasi pre Convention -articolate appunto tra caucus e primarie – sono precedute già nei primi mesi dell’anno prima dalla discesa in campo dei pretendenti.
Alla bisogna, la procedura seguita dai più è la costituzione di un Comitato il cui compito è di verificare le reali possibilità di vittoria del candidato al quale fanno riferimento.
Il periodo che intercorre tra le dichiarazioni di impegno degli esponenti politici interessati, i primi dibattiti televisivi interni che cominceranno a scremarne il numero e il predetto Iowa è gergalmente indicato come quello delle ‘primarie invisibili’ (‘Invisible primaries’).
È questo lo spazio di tempo nel quale i candidati cercano consensi, appoggi, contributi, sostegni.
È questo il lungo momento in cui i media, valutando le differenti situazioni, cominciano ad interessarsi alle personalità e a dare valutazioni che il pubblico, l’elettorato, recepisce.
Infine, a schierarsi con l’uno o con l’altro.
Può essere che le considerazioni conseguenti le ‘Invisible primaries’ trovino dipoi conferma.
Può accadere il contrario.
Un esempio di questa seconda eventualità si è data nel 2007 con Hillary Clinton.
Nettamente in testa in questa fase, risultò perdente nel 2008 nei confronti di Barack Obama.
Un caso di particolare efficacia delle conclusioni alle quali si può arrivare nel trarre indicazioni determinanti in questi lunghi momenti riguarda la possibile e non portata avanti nel 2016 terza candidatura di Mitt Romney tra i repubblicani.
L’andamento certamente non positivo per lui delle ‘primarie Invisibili’ lo convinse a ritirarsi.
Dappoiché in questa temperie si raccolgono altresì fondi elettorali, il diverso nome con il quale sono indicati i mesi precedenti l’Iowa è ‘money primaries’.