Kamala Harris come Hillary Clinton?

Allora, storicamente, in quattro occasioni, il candidato alla Executive Mansion vincitore nel voto popolare a livello nazionale ha perso nel Collegio Elettorale: nel 1876, nel 1888, nel 2000 e nel 2016. In ciascuno dei quattro casi il soccombente a favore di un repubblicano era un democratico. Tutti ricordano la drammatica conclusione delle elezioni del 2016, allorquando Hillary Rodham Clinton scoprì che avere conquistato quasi tre milioni di suffragi in più nel Paese non era servito a niente.
È pertanto assolutamente comprensibile che in casa democratica il fantasma di una analoga sconfitta si agiti eccome. Tanto che qualcuno tra gli analisti vicini al partito lo ha di recente scritto arrivando a dire che il vantaggio di Harris nelle urne potrebbe addirittura essere pari a cinque milioni di voti e non bastare.
Occorre qui dire che la consapevolezza di tale esito psicologicamente molto negativo sta indirizzando Harris la quale opera assai più attivamente di quanto fece Hillary Clinton negli Stati della Rust Belt che da almeno tre votazioni si dimostrano decisivi. Dove, si è constatato, si vince o si perde uno Stato per pochissime migliaia di voti.
Per quel che valgono, le previsioni quanto al risultato nel predetto Collegio prospettano un vero testa a testa ed è perfino possibile che a decidere un 270 a 268 sia la famosa Circoscrizione nebraskana di Omaha che in uno Stato a maggioranza repubblicana che non utilizza per l’attribuzione degli Electors (iniziale maiuscola per distinguerli da quelli comuni dato che loro effettivo compito è si eleggere il Presidente) il consueto winner take all method, si appalesa a volte e tendenzialmente sempre più democratica.
Questo, oggi, in proposito, sapendo perfettamente che tutto può cambiare in un nano secondo.

15 ottobre 2024