Lyndon Johnson
Non si parla mai abbastanza bene del misconosciuto dai più ma benissimo considerato dagli storici Lyndon Johnson.
Di questo grandissimo uomo politico non per niente prediletto da Franklin Delano Roosevelt che, avendolo notato giovane, lo riteneva l’unico in grado di comprendere davvero l’arte del governo.
Di questo texano capace di uscire totalmente dagli schemi – che volevano allora che tutti i cittadini di Austin, di Dallas, di Houston e via elencando altro non fossero che conservatori e segregazionisti – e di proporre e portare a compimento nel campo dei diritti civili e sociali una serie di riforme giustamente definite straordinarie.
Di questo abilissimo conoscitore dei meandri della politica nazionale.
Può servire a meglio inquadrarne le capacità quanto di lui scrisse nelle memorie Thomas ‘Tip’ O’Neill jr (a lungo Speaker della Camera anni dopo la loro collaborazione) che lo vide all’opera sia come parlamentare che come Capo dello Stato.
“Lyndon Johnson ha lavorato così a stretto contatto con il Congresso e ha seguito i dettagli delle leggi più attentamente di qualsiasi altro Presidente io abbia visto…
Non lasciava nulla al caso…
Quando si trattava di politica quell’uomo sapeva tutto…
Quando si trattava di avere a che fare con il Congresso era il migliore…
E che oratore…
Avrebbe potuto togliere un osso di bocca a un cane grazie alle parole!”
E fa male saperlo infine sconfitto non elettoralmente da un avversario ma da una tragedia quale fu la Guerra del Vietnam (era d’altra parte la politica estera il suo tallone d’Achille).
Una amarissima sconfitta pagata con il ritiro e di lì a poco (“Gli si è spezzato il cuore”, disse un suo collaboratore) la morte.