Trump ha vinto per Grandi Elettori avendo perso il voto popolare: i precedenti
Donald Trump nel 2016 ha conquistato White House avendo ottenuto un maggior numero di Grandi Elettori rispetto alla rivale Hillary Clinton che ha invece prevalso quanto a suffragi popolari a livello nazionale avuti.
Questo perché il sistema USA, guardando alla Presidenza, prevede una elezione ‘di secondo grado’, non diretta, affidata al Collegio formato dai delegati (i citati Grandi Elettori) ai quali ciascuno Stato ha diritto sostanzialmente in proporzione alla quantità dei suoi abitanti.
Conta pertanto ai fini della acquisizione dei voti dei membri del Collegio – che vengono assegnati col metodo winner take all assoluto dappertutto tranne che nel Maine e nel Nebraska – non vincere nel totale ma in un numero di Stati tale da raggiungere la maggioranza assoluta (pari oggi a duecentosettanta) degli stessi.
È talmente vero che il sistema prevede la possibilità di ‘perdere vincendo’ o, volendo, di ‘vincere perdendo’, che è accaduto in non poche occasioni in precedenza.
Per la storia:
nel 1824, quando John Quincy Adams fu alla fine preferito dalla Camera (nessuno aveva la maggioranza per essere votato dal Collegio) ad Andrew Jackson;
nel 1876, allorquando Rutherford Hayes prevalse su Samuel Tilden;
nel 1888, quando Benjamin Harrison sconfisse Grover Cleveland;
nel 2000, allorquando George Walker Bush superò Al Gore.
Nelle ultime quattro circostanze (nel 1824 democratici e repubblicani non esistevano), 2016 compresa, sempre il candidato del partito dell’asino ha avuto più voti popolari e sempre la Presidenza è andata al repubblicano.