Donald Trump cerca la terza Nomination alla Executive Mansion
Candidato del Grand Old Party – altro nome del Repubblicano – nel 2016 (quando ha vinto) e nel 2020 (allorché perse), come tutti sanno, Donald Trump nel corrente 2024 cerca la terza investitura e ad oggi è indicato dai sondaggi in netto vantaggio sui contendenti, Nikki Haley e Ron DeSantis tra gli altri in prima fila. Quali i candidati alla dimora presidenziale, vincenti o perdenti, tralasciando ovviamente i partiti minori (per dire, il socialista Eugene Debs è stato ‘nominato’ dal suo movimento politico cinque volte!), che l’hanno preceduto su questa strada?
In ordine di tempo, a dare il via alla serie è Thomas Jefferson (democratico/repubblicano), sconfitto nel 1796 da John Adams (federalista, teoricamente anch’egli pluricandidato ma con un meccanismo elettorale che non prevedeva il ticket e comunque considerato in corsa per la carica vicaria, ottenuta, nel 1788/89 e nel 1792) e vittorioso nel 1800 e 1804.
Il secondo è Andrew Jackson (sostanzialmente il primo democratico), battuto rocambolescamente – nei ballottaggi alla Camera, caso unico – da John Quincy Adams (ultimo tra i democratici-repubblicani a governare) nel 1824, capace di defenestrare il rivale nel 1828 e di confermarsi quattro anni dopo.
Terzo, Martin Van Buren (democratico), in carica dopo le elezioni del 1836, sconfitto nel 1840 dal whig William Harrison e di nuovo nel 1848 (qui avendo cambiato partito passando al Free Soil) in modo definitivo dato che non prevalse in nessuno Stato.
Quarto, Henry Clay – trattando del quale ebbi a scrivere “come sa perdere Clay, nessuno” in verità forzando i fatti come vedremo presto – capace di correre ufficialmente, con partiti diversi, in tre occasioni (1824, 1832 e 1844) uscendo ogni volta con le ossa rotte.
Il prototipo al quale si ispira Trump è però Grover Cleveland (democratico), il solo Capo dello Stato USA che abbia vinto, perso e rivinto (1884, 1888 e1892) – con un intervallo, quindi, come accadrebbe se ce la facesse, tanto da essere indicato ufficialmente quale ventiduesimo e ventiquattresimo inquilino della Mansion.
Ed eccoci al democratico William Jennings Bryan, incaricato nel 1896, nel 1900 e nel 1908 e costantemente ko (alla stregua del citato Clay).
Eccezionale – come ognun sa – poi, il successo elettorale muovendo verso White House di Franklin Delano Roosevelt (democratico e incappato anni prima in una sconfitta quando correva per la Vicepresidenza con James Cox), unico a prevalere quattro volte: 1932, 1936, 1940 e 1944.
(Va qui notato che ventinove degli allora quarantotto membri dell’Unione lo hanno costantemente votato e che tra i restanti solo Maine e Vermont non lo fecero mai).
Nessuno si era in precedenza riproposto dopo avere governato per due mandati (per il vero Ulysses Grant, nell’intento, era incappato nel “no” repubblicano in sede di Convention nel 1880) e nessuno potrà più farlo essendo stato ratificato nel 1951 il Ventiduesimo Emendamento che limita comunque a due le elezioni.
Ottavo nell’ordine, Richard Nixon, repubblicano.
Sconfitto da John Kennedy nel 1960 quando era in uscita come Vice di Dwight Eisenhower, risorto incredibilmente nel 1968 e confermato quattro anni dopo, prima di essere costretto a dimettersi ad agosto 1974.
Tornando al, per le sue aspirazioni, felice precedente di Cleveland, non risulta che la First Lady Melania, lasciando la Casa Bianca nel gennaio del 1921, abbia pronunciato le profetiche parole della consorte di Grover, Frances Folsom, che disse al maggiordomo: “Non sposti nulla perché torneremo!”
14 gennaio 2024