I terzi candidati che hanno influito sul risultato elettorale
James Weaver?
Candidato nel 1892 del Partito Populista, si impose in cinque degli allora chiamati al voto quarantaquattro Stati.
Fu in qualche modo “usato” dai democratici che si astennero addirittura dal presentare il proprio esponente invitando i loro aderenti locali a sostenerlo laddove pensavano così agendo di favorirne la locale affermazione e la conseguente sottrazione al repubblicano dei delegati statali qua e là di spettanza al Collegio Elettorale.
Determinante non del tutto Weaver ma decisamente assai influente.
Theodore Roosevelt?
Il terzo candidato più forte di sempre, in grado, nel corso di una campagna elettorale a tutto campo, di conquistare nel 1912 sei Stati, quattro milioni e centomila elettori pari ad oltre il ventisette per cento dei voti popolari ed ottantotto Electors (iniziale maiuscola in quanto componenti il Collegio che effettivamente elegge il Presidente), classificandosi secondo alle spalle del democratico Woodrow Wilson e sbaragliando il Presidente in carica William Taft, repubblicano (la sola occasione nella storia delle Presidenziali nella quale il candidato di uno dei due partiti che si confrontano dal 1856 viene costretto al terzo gradino del podio).
Eccezionale e determinante, come si vede, il suo impatto.
James Strom Thurmond?
Proposto nel 1948 dal movimento denominato Dixiecrats appositamente costituito da dissenzienti democratici sostanzialmente segregazionisti del Sud che non accettavano la riproposizione di Harry Truman, è l’esempio – questa la ragione per elencarlo – più emblematico di candidato che ottiene un buon risultato in termini di Electors (trentanove) ma non influisce se non del tutto marginalmente sul risultato complessivo.
George Wallace?
1968, più incidente rispetto a Thurmond (quarantacinque Electors, quasi dieci milioni di voti popolari, cinque Stati meridionali) per quanto infine non decisivo l’esito della campagna condotta nella circostanza dal più volte Governatore dell’Alabama Wallace in rappresentanza anch’egli del segregazionismo sudista e invero l’ultimo terzo incomodo in grado di portare propri Electors al voto del Collegio.
Ross Perot?
Candidato indipendente nel 1992 (si riproporrà quattro anni dopo assai meno efficacemente per il da lui stesso fondato Reform Party), va assolutamente ricordato per avere nell’occasione conquistato su base nazionale quasi il diciannove per cento del voto popolare peraltro non vincendo Stato alcuno e conseguentemente non potendo contare su Electors.
È non solo opinione ma conclusione decisamente prevalente considerare determinante (si noti la differenza rispetto ai due precedenti candidati citati che pur avendo non pochi Electors infine pesarono meno) la sua candidatura perché fortemente nociva nei confronti dell’incumbent George Herbert Walker Bush, nel cui ambito pescava, sconfitto dal democratico Bill Clinton.
Ralph Nader?
Del tutto anomala (il voto infine limitatamente ad un solo Stato considerato) l’incidenza assolutamente probabile (impossibile esserne certi perché come si sarebbero davvero espressi i suoi sostenitori in Florida allora nessuno può dirlo) del per la circostanza (elezioni del 2000) verde Ralph Nader.
Ricorderete che gli Electors dello Stato con capitale Tallahassee furono decisivi e che, a parte la sentenza, favorevole a George Walker Bush, repubblicano, della Corte Suprema, infine il voto popolare risultò per lui con una maggioranza risicatissima (cinquecento trentasette pari allo 0.009 per cento).
Ebbene, i suffragi conquistati colà da Nader furono novantasettemila quattrocentoottantotto!)
Mah?
Tutto ciò detto e considerato (avendo sorvolato quanto al Robert La Follette 1924 forte solo nel suo Wisconsin e alla strana avventura di Evan McMullin datata 2016 quando parve in grado di vincere nello Utah e di sottrarre a Trump i delegati di quello Stato), ad oggi 10 maggio 2024, guardando anche e soprattutto ai per il vero non molti sondaggi a livello statale (non si ripeterà mai abbastanza che il voto decisivo è appunto statale tanto che in quattro occasioni il perdente a livello nazionale per suffragi popolari ha vinto quanto ad Electors localmente conquistati) aggiornati consultabili, verrebbe da concludere (tutto può cambiare domattina se non addirittura fra un’ora) che Robert Kennedy jr si avvii ad una onorevole sconfitta pari (solo chi ha il coraggio di fare pronostici può sbagliarli) a quella sofferta nel 1980 da John Anderson che concluse con un decoroso sei virgola sei per cento senza naturalmente conquistare Stato alcuno.
10 maggio 2024