Il pugilato indicatore della evoluzione sociale USA

La durata degli incontri di Pugilato – tralasciando l’antichità, parliamo dell’Inghilterra che ne fu modernamente la Patria e il riferimento va agli anni precedenti le Regole dettate da John Shotto Douglas, Marchese di Quernsberry, nella seconda metà dell’Ottocento, quando si combatteva per strada, senza l’uso di ring, a pugno nudo e i match spesso erano interrotti dall’intervento della Polizia – il numero dei round cioè, per lungo tempo, non è stata determinata.
Normalmente, ogni ripresa (anch’essa pertanto di lunghezza indefinita) si concludeva con l’atterramento di uno dei due boxeur e il successivo intervento arbitrale (se e quando il referee c’era) ad intervallare.
Se e quando, poi, il soccombente non si fosse dimostrato, trascorso un limitatissimo numero di secondi (trenta più otto, normalmente) in grado di riprendere, nell’ambito di uno spazio di terreno artigianalmente limitato, le ostilità, veniva dichiarato sconfitto.
Questo salvo i casi di knock out, allorquando il confronto, steso o impossibilitato uno dei due, trovava definizione prima del termine.
Queensberry – nato a Firenze nel 1844 e fra l’altro padre di quell’Alfred Douglas fortemente collegato alla rovina di Oscar Wilde – diede regole precise (in specie istituendo le categorie di peso – tre, per cominciare – introducendo i guantoni, decretando il ring luogo dove si dovesse combattere, quali parti del corpo, sotto la cintura, non potessero essere colpite, determinando che ogni round durasse tre minuti, uno fosse quello di intervallo, dieci secondi il limite di tempo entro il quale il pugile messo a terra sarebbe stato obbligato a rialzarsi salvo essere dichiarato sconfitto), sostanzialmente, anche se modernizzate, tuttora alla base dei cimenti.
Diventato uno degli sport di più grande interesse anche negli Stati Uniti d’America (Jack London ne scrisse appassionatamente arrivando a parlarne ai primi novecenteschi come di una romantica anticaglia già in declino, ?!), il Pugilato fu colaggiù soprattutto inteso ed usato come mezzo di dura e sofferta (i pugni fanno male!) affermazione economica dalle diverse, mano mano emergenti, etnie (se così, forzando i termini, possono essere chiamate) arrivate nel Paese soprattutto attraverso l’Atlantico dall’Europa.
(Restava a questo fine limitatissimo l’apporto degli Asiatici che invece – comunque assai numerosi ad Ovest, in particolare in California tanto che furono introdotte leggi per contingentarli e, temporalmente, fermarne l’arrivo – nel certame latitavano.
E sia qui sottolineato per inciso come le categorie di peso frequentate dalle genti asiatiche al di fuori degli States siano state e siano quelle minori essendo davvero difficile per un ‘giallo’ vantare una struttura fisica anche solo da medio pesante).
Osservando quindi, con occhio a queste cose attento, gli accaduti, si colgono i successivi ‘momenti’.
Quello irlandese, per cominciare.
Quello italo americano, poi (difficile è rendersi bene conto del passaggio perché i ‘nostri, spessissimo, combattendo, almeno fino a pluricinturato Tony Canzoneri, si presentavano con cognomi anglosassoni, mascherandosi).
Via via, altri che, differentemente (questione sulla quale indagare), non praticavano la medesima Religione, la Cattolica.
Sempre presenti, anche se per molti decenni esclusi dalla possibilità di combattere per titoli più importanti (la cintura mondiale in primis), i Neri.
Diventata a partire dagli anni Venti e Trenta negli stessi USA attività di notevole importanza economica, la boxe tutta, quella internazionale con particolare attenzione, fu governata da una autorevole Organizzazione istituzionale che riconosceva otto categorie di peso (nell’ordine a salire: mosca, piuma, gallo, leggeri, medio leggeri o welter, medi, medio massimi e massimi) e un solo Campione Mondiale per ciascuna di esse.
Appetito in ogni modo (la Mafia, prima ma in specie nel decennio successivo e più della Seconda Guerra Mondiale, decideva spesso chi dovesse vincere per scommettere conoscendo il risultato e contro questo andazzo, al fine di esaminarlo per in merito legiferare fu istituita una Commissione del Senato i cui lavori, ripresi, oltre che dalla radio, dalla giovane televisione, resero famoso il Presidente Estes Kefauver che su questa base cercherà invano la Nomination democratica nel 1952 e sarà candidato Vice sconfitto quattro anni dopo) il Pugilato vide nascere ed affermarsi altri Organismi ufficiali, non governati dalla illegalità ma dall’interesse, dappertutto mano mano riconosciuti.
Organismi che non solo certificavano un secondo, poi un terzo, poi perfino un quarto Campione (ad ogni livello, ma quello che conta è il mondiale) per categoria, ma che presero a creare ulteriori, non pugilisticamente necessari, ambiti di peso.
Nacquero in cotal modo i paglia, i minimosca, i medi junior (forse opportuni), i super medi, i massimi leggeri e i super massimi e chi più ne ha più ne metta.
La conseguente duratura situazione ha reso di poca o punta significanza la conquista di una cintura mondiale alla quale troppi, anche decisamente non ‘grandi’, sono giunti e pervengono ed è stata notevole concausa del provocato declino (in larga parte del mondo per il vero no, così ad Est – i due Ucraini Vitali e Vladimir Klitcko il quale ultimo ho incontrato a Luino nel 2010 cercando invano di convincerlo a concedere una chance mondiale al nostro campione olimpico dei super massimi e allora ancora dilettante Roberto Cammarelle, ad imitazione di quanto occorso tra Floyd Patterson e Pete Rademacher dopo Melbourne ‘56 – particolarmente dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica la cui scuola pugilistica dilettantistica era preclara – ma decisamente in Italia, dove, già a far luogo dagli anni Trenta, ma certamente dopo le Olimpiadi di Roma del 1960, la Boxe era stata uno delle attività sportive più seguite e aveva proposto campioni di valore assoluto quali almeno il tecnico Nino Benvenuti e lo spettacolare picchiatore Sandro Mazzinghi) della un tempo definita ‘Nobile Arte’.

20 febbraio 2024

President’s day

In origine dedicata a celebrare la nascita di George Washington e pertanto collocata al 22 febbraio, oggi, terzo lunedì del secondo mese dell’anno, come ha stabilito una apposita legge, ha luogo e svolgimento negli Stati Uniti il ‘Giorno dei Presidenti’.
Nella circostanza, un ennesimo sondaggio tra esperti, ha prodotto l’ennesima classifica che vede ai primi posti, nell’ordine, Abraham Lincoln Franklin Delano Roosevelt George Washington Theodore Roosevelt Thomas Jefferson e Harry Truman.
Detto e rilevato – ed è preoccupante – che il più vicino a noi di questi signori ha governato dal 1945 al 1953, infiniti anni fa, dal mio punto di vista e con qualche dubbio a proposito di Franklin Delano, tutto pressoché condivisibile.
Le perplessità sono però davvero notevoli e certamente fondate già a partire dal settimo nome proposto, Barack Obama, il colore della cui pelle offusca i giudizi.
Collocarlo prima di Lyndon Johnson, quanto alla politica interna diritti civili e delle minoranze in prima linea assolutamente eccezionale, per cominciare, è ridicolo.
Incredibile, poi, che, sia pure verso il fondo della graduatoria, sia ricordato William Harrison, in verità non giudicabile visto che occupò lo scranno per soli trentuno giorni per di più gravemente, morì, ammalato. Venendo a noi, si potrebbe dire, gli storici – evidentemente, qualsiasi cosa si dica, non presenti tra gli intervistati – mai si avventurerebbero in giudizi su Presidenti tanto vicini o in essere quali Donald Trump e Joe Biden.
Occorre ovviamente essere alquanto se non molto temporalmente distanti per giudicare non emotivamente e senza faziosità.
Comunque, mentre Biden sarebbe quattordicesimo, Trump si posizionerebbe ultimo.
Cosa dire a quest’ultimo riguardo se non che una davvero cospicua parte degli elettori sembra pensarla assai diversamente?

19 febbraio 2024

Elezioni senatoriali in calendario il 5 novembre 2024

È solo a seguito della adozione nel 1913 di un Emendamento che rinnovava in materia che l’elezione dei Senatori, in precedenza opera dei Legislativi locali, è demandata agli elettori (iniziale minuscola spettando quella maiuscola ai componenti il Collegio che effettivamente elegge il Presidente nel mese di dicembre successivo alla votazione novembrina).
La Circoscrizione coincide ovviamente con lo Stato e e i due Laticlavi – il cui mandato dura sei anni – spettanti a ciascuno dei membri dell’Unione non possono essere eletti alla stessa data.
Essendo per la bisogna divisi in tre classi pressoché di pari entità, alla data del 5 novembre 2024 la votazione riguarderà trentatré seggi.
Dieci oggi occupati da repubblicani.
Venti da democratici.
Tre da indipendenti iscritti peraltro al gruppo dell’Asino.
Questo vuol dire che nell’occasione rischia maggiormente di perdere posizioni il partito di Biden.
Per il vero, nella stessa evenienza, sono molto spesso in programma cosiddette “special election” (il 5 novembre dovrebbe essercene una).
Riguardano di volta in volta seggi rimasti vuoti per il decesso o il ritiro del titolare.
Ricordo che l’eletto in questi casi completa il mandato di colui che sostituisce mantenendo quindi la prevista scadenza.

19 febbraio 2024

I dibattiti televisivi tra candidati in vista delle elezioni presidenziali americane

Breve storia dei dibattiti presidenziali televisivi

Per quanto quello che viene erroneamente definito il dibattito (in verità – e ne riparleremo – nella circostanza, i due si confrontarono quattro volte) per le elezioni generali del 1960 tra John F. Kennedy (D) e Richard Nixon (R) sia spesso citato come il dibattito inaugurale presidenziale trasmesso in televisione, in precedenza ne erano stati organizzati altri due.
Il primo ebbe luogo il 21 maggio 1956, quando un’emittente ABC di Miami propose un confronto per le Primarie democratiche tra Adlai Stevenson ed Estes Kefauver.
Nelle elezioni generali di quell’anno, poi, Stevenson e il Presidente in carica Dwight Eisenhower (R) utilizzarono degli eminenti sostituti – due Signore – in un dibattito tv il 4 novembre 1956.
Furono infatti rappresentati rispettivamente dall’ex First Lady Eleanor Roosevelt (D) e dalla Senatrice Margaret Chase Smith (R).
I dibattiti Kennedy-Nixon, che si svolsero quattro anni dopo, dimostrarono l’importanza della televisione come mezzo visivo:
“Nixon, pallido e sottopeso a causa di un recente ricovero in ospedale, appariva malato e sudato, mentre Kennedy sembrava calmo e sicuro di sé.
Come si racconta, chi ascoltò il dibattito alla radio pensò che Nixon avesse vinto.
Ma quegli ascoltatori erano una minoranza….
Quanti guardarono il dibattito in TV pensarono che Kennedy fosse il chiaro vincitore.
Molti sostengono che Kennedy vinse le elezioni quella sera”, ha riferito il TIME in occasione del cinquantesimo anniversario del confronto tra i due dai più ritenuto determinante.
Mentre tra il 1964 e il 1972 si tennero alcuni dibattiti per le primarie presidenziali, quello al quale siamo abituati divenne un punto fermo della politica americana solo nel 1976.

Le date dei dibattiti tra i candidati alla Presidenza per il 2024

La Commission on Presidential Debates (CPD) ha già deciso dove avranno luogo i tre dibattiti tra i candidati democratico e repubblicano (altri, minori, potranno essere ammessi a determinate, stringenti condizioni) a White House.
Nell’ordine
– 16 settembre, alla Texas State University, San Marcos, Texas
– 1 ottobre, Virginia State University di Petersburg, Virginia
– 9 ottobre, University of Utah, Salt Lake City, Utah
Il confronto tra i Vicepresidenti in pectore avrà luogo il
– 25 settembre, al Lafayette College, Easton, Pennsylvania.

I precedenti nel periodo 1960-2020

1960 4
1964 0
1968 0
1972 0
1976 3
1980 2
1984 2
1988 2
1992 3
1996 2
2000 3
2004 3
2008 3
2012 3
2016 3
2020 2

Post Scriptum

Nel 1976, per la prima volta, fu programmato anche un dibattito tra i candidati alla Vicepresidenza.
A parte la successiva tornata, tale confronto si ripete.
In questo 2024, come sopra riportato, avrà svolgimento il 25 settembre.

19 febbraio 2024

Il 4 luglio 1776? Ma davvero?

Il 4 luglio del 1776 non è la data nella quale le colonie videro riconosciuta la loro esistenza.
Accadde difatti il 3 settembre 1783 a Parigi, quando fu firmato il Trattato che poneva fine alla Guerra di Indipendenza.
Il 4 luglio 1776 non ricorda l’inizio della Guerra di Indipendenza in effetti cominciata il 19 aprile 1775, con la battaglia di Lexington.
Il 4 luglio non è data che riguardi la Costituzione americana che fu definita il 17 settembre 1787, ratificata da un sufficiente numero di Stati il 21 giugno 1788 ed entrò in vigore il 4 marzo 1789.
Non è neppure la data nella quale il Congresso Continentale voto all’unanimità la separazione dalla Gran Bretagna.
Cosa accaduta il 2 luglio 1776, due giorni prima.
È il giorno nel quale il testo concordato fu reso pubblico.
È questo talmente vero che John Adams – uno dei Founding Fathers, poi primo Vice Presidente e successore di Washington – indirizzando la lettera alla moglie Abigail, letteralmente scriveva:
‘Il secondo giorno di luglio del 1776 sarà l’evento più memorabile della storia dell’America…’
Così va il mondo.

18 febbraio 2024

America? Perché

Matthias Ringmann, ovvero Philesius Vogesigena – come volle chiamarsi – umanista, cartografo ed erudito e Martin Waldseemuller, cartografo.
È a questi due eminenti studiosi tedeschi operanti tra Quattrocento e Cinquecento che dobbiamo la denominazione del Quarto Continente.
Ringmann ebbe modo di conoscere e divulgare la relazione composta da Amerigo Vespucci reduce dal suo terzo viaggio oltre oceano (1501-1502) e inviata dal navigatore a Lorenzo di Pier Francesco de’ Medici, mecenate e cugino del Magnifico.
È leggendo queste invero brevi note che ebbe a verificare come appunto il Vespucci fosse stato il primo, tra quanti erano arrivati in quelle terre, ad esseri reso conto di costeggiare ed esplorare non una parte d’Asia ma un nuovo e diverso Continente.
Per questo, allorquando più tardi, con altri, pubblicherà una nuova edizione della ‘Geografia’ di Claudio Tolomeo recante una introduzione (‘Cosmographiae introductio’, edita il 25 aprile 1507) di pregio, suggerirà all’illustre cartografo Martin Waldseemuller, autore della grande carta geografica del mondo colà inserita (‘Universalis Cosmographia’), di chiamare ‘America’ il Continente oltre Atlantico collocato.
Così sarà anche se dopo lo stesso Waldseemuller cambierà idea e nelle carte successivamente disegnate denominerà ‘Terra Nova’ quando non ‘Terra Incognita’ quelle bande.
Inutilmente, come si vede.

18 febbraio 2024

Medici (e giudici) democratici e medici (e giudici) repubblicani 

Il giudice di New York Arthur Engoron – che poco fa ha condannato Donald Trump per frode fiscale sanzionandolo dal punto di vista economico assai pesantemente (355 milioni!), per di più vietandogli l’esercizio di attività imprenditoriali nello Stato per tre anni – appartiene, guarda caso, al partito democratico.
Viene in mente il 30 marzo 1981, quando un attentatore prese di mira Ronald Reagan ferendolo gravemente.
Portato all’ospedale per un intervento chirurgico, il Presidente, cercando di alleggerire la tensione e nel contempo, invero, mettendo in campo un argomento non da poco, se ne uscì in una battuta sulla quale sorridere magari amaramente e comunque riflettere:
“Speriamo che il chirurgo sia repubblicano!”

17 febbraio 2024

Gerald Ford electoral story

Henry Kissinger – che fu suo Segretario di Stato e che bene lo conosceva – scrisse e pronunciò uno straordinario elogio funebre di Gerald Ford, dell’uomo che tutti consideravano relativamente poco e che d’altra parte, poco si considerava.
Prendo qui in esame la particolare, unica e inimitabile invero, sua carriera politica iniziata nel dopoguerra con l’elezione nel 1948 alla Camera e l’entrata in carica nel 1949.
Uomo assolutamente integerrimo, impeccabile e degno, Ford fu confermato senza colpo ferire ogni due anni (il mandato camerale è appunto biennale) fino alle votazioni del 1972.
A quel momento era (e da qualche anno) il leader della minoranza repubblicana nel consesso.
Parlando con la moglie, il Nostro aveva promesso di candidarsi un’ultima volta nel 1974 per poi lasciare la politica attiva.
Allorquando però il Vice Presidente in atto Spiro Agnew si dovette dimettere per scandali relativi al suo trascorso in Maryland, applicando per la prima volta il disposto dell’Emendamento approvato per porre rimedio alla vacanza del vicario, il Presidente Nixon si trovò a dovere indicare il sostituto dello stesso.
La nomina spettava sì al Capo dello Stato ma doveva poi essere ratificata dal Congresso in quel momento largamente in mano ai democratici.
Fu così lo Speaker di casa dem Carl Albert a dire a Nixon “non c’è altra scelta che Ford”.
Parlando con la moglie, Gerald ne aveva trovato il consenso:
“La Vice Presidenza”, gli aveva detto Betty, “è un modo davvero carino per chiudere!”
Era dicembre e correva il 1973.
Di lì a otto mesi, dimessosi anche Nixon (causa Watergate), il “modo davvero carino per chiudere” diventava la Presidenza.
È a questo punto che l’uomo di Omaha (i nati come Ford in questa città del Nebraska sono speciali, lo posso garantire) commise l’unico sbaglio di una giustamente fortunata carriera.
Avrebbe dovuto portare a termine il mandato ereditato e andarsene.
Non lo fece.
Lottò e perse.
Per la prima volta in vita sua fu sconfitto.
Non ebbe pertanto quel “modo davvero carino di chiudere” al quale la consorte aveva aspirato.

17 febbraio 2024

Come sorride Joe Biden, nessuno!

Come sapeva vincere Franklin Delano Roosevelt (quattro volte candidato alla Casa Bianca e quattro volte vincente), nessuno.
Come sapevano perdere Henry Clay e William Jennings Bryan (in tre circostanze in corsa per White House e sempre sconfitti), nessuno.
Come ha saputo risorgere Richard Nixon (battuto da Vice Presidente in carica nel 1960 e da candidato al Governatorato della California nel 1962, vinse nel 1968), nessuno.
Come seppe prevalere addirittura al trentaseiesimo ballottaggio ed essere infine eletto dalla Camera dei Rappresentanti Thomas Jefferson nel 1801 nessuno.
Come (ritenendo gli fosse dovuta la Nomination ed essendogli stata negata) affossò il proprio partito Teddy Roosevelt nel 1912, nessuno.
Come sono rimasti delusi (erano andati a dormire convinti di avere vinto e si sono svegliati sconfitti il primo nel 1916 e il secondo nel 1948) Charles Evans Hughes e Thomas Dewey, nessuno.
Come abbiano sovvertito le previsioni e i sondaggi (che li davano non sconfitti ma demoliti) affermandosi Harry Truman e Donald Trump, nessuno.
Come gli sia riuscito di vincere tre votazioni di seguito quanto a voti popolari a livello nazionale e nel contempo perdere per Elettori – con l’iniziale maiuscola per distinguerli data l’incombenza che hanno – quella di mezzo (governando quindi per due mandati non consecutivi) come Grover Cleveland, nessuno.
Come sia riuscito (non avendo alcuno raggiunto la maggioranza degli Elettori e arrivando secondo quanto al numero degli stessi conquistati) a John Quincy Adams di essere eletto dalla Camera dei Rappresentanti, nessuno.
Come abbia ricevuto per due volte (quelle nelle quali si candidò) il cento per cento dei voti degli Elettori come George Washington, nessuno.
Come sia stato costretto (entrando in politica e dato che la lingua che parlava in famiglia era l’olandese) a imparare l’inglese alla stregua di Martin Van Buren, nessuno.
Come sia arrivato in due consecutive occasioni alla Convention democratica con il maggior numero di delegati (ovviamente non la maggioranza assoluta) e non abbia ottenuto la Nomination al modo di William Gibbs McAdoo, nessuno.
Come Al Gore sia stato in grado (da Vice Presidente in carica alla ricerca dell’investitura) di vincere tutte le Primarie e ciascuno dei Caucus indetti dal suo partito per poi perdere l’elezione, nessuno.
Come abbia prevalso quanto a voto popolare (in un sistema che guarda agli Stati conquistati e non a tutto il Paese) nazionale di quasi tre milioni per risultare battuta al livello di Hillary Rodham Clinton, nessuna.
Come la stessa Clinton sia riuscita ad essere la sola ex First Lady e la sola donna arrivata alla Nomination di uno dei due partiti egemoni per poi perdere, nessuna.
Come sia capace di sorridere restando immobile, sostanzialmente distaccato, apparendo insieme presente e assente Joe Biden, nessuno.

17 febbraio 2024

Tra Biden e Trump i rischi del dopo elezioni 

Cosa succede se il 5 novembre Donald Trump sconfigge Joe Biden il quale resta comunque in carica fino a mezzogiorno del 20 gennaio seguente per settantacinque giorni e più?

Dalla seconda elezione presidenziale datata 1792, fino alla votazione del 1932 compresa, l’Insediamento del Presidente USA eletto ha avuto luogo il 4 di marzo dell’anno seguente. Si ricordava in questo modo l’entrata in vigore della Carta Costituzionale datata 4 marzo 1789.
Il periodo nel quale si aveva sostanzialmente la coesistenza di due Capi dello Stato – quello comunque in carica e l’eletto, ovviamente nel caso in cui fossero di due diversi schieramenti e non solo, inoltre, come più volte accaduto, invisi a dir poco l’uno all’altro – era molto lungo.
Troppo, si decise, ragione per la quale dalla tornata elettorale del 1936, con un apposito Emendamento, il Ventesimo, la cerimonia fu anticipata al mezzogiorno del 20 gennaio dell’anno dispari successivo.
Sono comunque settantacinque giorni e mezzo, non poco.
Troppo, se il Presidente ancora in carica per quanto defenestrato e l’eletto siano ai ferri non corti, cortissimi come oggi Joe Biden e Donald Trump, dovesse il secondo spodestare il primo.
Esiste un sistema – che ha già fatto acqua in precedenti non altrettanto conflittuali occasioni – che prevede il passaggio di consegne sostanzialmente governato da due commissioni che concordino lo svolgimento delle procedure, auspicabilmente, col miglior possibile fairplay.
Un orizzonte preoccupante con ogni probabilità quello che ci aspetta visto che nessuno dei due contendenti sembra poter avere nel caso un atteggiamento simile a quello di James Buchanan che accolse con estrema cortesia Abraham Lincoln dicendogli che si augurava fosse altrettanto contento il repubblicano di entrare nella stanza ovale quanto lui di lasciarla.
O come uscì di scena quel gran gentiluomo che fu George Herbert Bush, facendo trovare sulla scrivania a Bill Clinton che lo aveva battuto una lettera così composta:
“Caro Bill, proprio adesso, entrando in questo ufficio, ho provato la stessa sensazione di meraviglia e rispetto che avevo vissuto quattro anni fa.
So che la sentirai anche tu.
Ti auguro di essere felice qui.
Io non ho mai sofferto quella solitudine che altri presidenti hanno descritto.
Verranno momenti difficili, resi ancor più difficili dalle critiche che percepirai come sleali.
Non sono bravo a dare consigli; ma non lasciare che queste critiche ti scoraggino o che ti spingano fuori strada.
Quando leggerai questa mia nota tu sarai il nostro Presidente.
Ti auguro il meglio.
Auguro il meglio alla tua famiglia.
Il tuo successo adesso è il successo del nostro Paese.
Faccio il tifo per te.
Buona fortuna.
George”.

16 febbraio 2024