Nel 2026 il 250° della Dichiarazione di Indipendenza

Il Presidente eletto il prossimo 5 novembre 2024 guiderà le grandi, previste celebrazioni. Una ragione in più per vincere! Guardiamo ai, diciamo così, travagliati precedenti che quanto ai quattro inquilini della Executive Mansion di volta in volta in carica non parlano favorevolmente dato che per differenti ragioni nessuno tra loro fu successivamente confermato. Ciò detto ad introdurre l’argomento, come sanno anche i sassi (non però che in verità si tratti di una data in qualche modo ‘scelta’ dato che l’approvazione del Documento era avvenuta in una seduta del precedente 2 luglio 1776 – John Adams scrisse alla consorte Abigail proprio che quel giorno sarebbe passato alla storia – e che buona parte dei Founding Fathers lo firmarono ad agosto): l’anniversario della Dichiarazione di Indipendenza (‘Independence Day’, come definito dal 1791) cade il 4 del settimo mese dell’anno.

Nel giorno del Cinquantenario (4 luglio 1826) due gravi lutti colpirono la Nazione. Morirono difatti a poche ore di distanza l’uno dall’altro il secondo e il terzo Presidente, John Adams e Thomas Jefferson. In carica a Washington in quel momento John Quincy Adams, uno dei Capi dello Stato più discussi, sia perché il solo eletto dalla Camera dei Rappresentanti, sia per la feroce opposizione interna al partito che lo aveva espresso che con lui arrivò sostanzialmente alla dissoluzione.

Nel giorno del Centenario (4 luglio 1876) era in corso a Philadelphia la Centennial International Exhibition inaugurata per la bisogna il 10 maggio precedente alla presenza di Ulysses Grant – a propria volta, un Presidente assai discusso e in difficoltà – e dell’Imperatore del Brasile dom Pedro Il di Braganza.

In occasione del 150° (4 luglio 1926), fu inaugurato, sempre a Philadelphia, il ‘Sesquicentennial Stadium’, un importante impianto sportivo a forma di ferro di cavallo con tappeto erboso che arrivava ad ospitare 102mila spettatori. Molte le manifestazioni nella circostanza organizzate. Alla Casa Bianca in quel mentre Calvin Coolidge, succeduto a suo tempo mortis causa al predecessore Warren Harding.

I festeggiamenti per il Bicentenario (caduto il 4 luglio 1976 e celebrato alla presenza di Gerald Ford: l’unico arrivato allo scranno presidenziale senza essere stato personalmente eletto in quanto subentrato, a seguito di dimissioni dei due, prima al Vicepresidente Spiro Agnew e dipoi a Richard Nixon) ebbero inizio addirittura il primo giorno di aprile dell’anno precedente. Moltissimi gli eventi in programma e realizzati. Partecipe nientemeno che la Regina Elisabetta II. Giorni, quelli qui ricordati, di grande festa.

Naturalmente, in tutto il Paese, già si pensa al 4 luglio 2026, all’indicato 250°. A presiedere, lo ripeto, l’eletto il cui nome – considerati i precedenti sopra illustrati si arriva a comprendere la ragione della contrastatissima situazione che ha visto un inedito ritiro in corsa, quello di Joe Biden, due attentati a Donald Trump, una mai vista investitura dall’alto che ha portato una Signora, Kamala Harris, assolutamente non votata nei Caucus e nelle Primarie ad essere obbligatoriamente scelta dai democratici – sarà quasi certamente conosciuto il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre del 2024, il 5 cioè. Quasi certamente, perché la ciliegina sulla torta.

3 ottobre 2024

Walz vs Vance

Terminato l’atteso dibattito tra i due candidati alla Vicepresidenza l’esito del CNN instant poll: il 51 per cento ha visto prevalere il repubblicano JD Vance mentre il restante 49 per cento ha dichiarato che il democratico Tim Walz è stato più convincente.
Detto che un risultato del genere indica certamente una più accentuata prevalenza del Running Mate di Trump, a parte i temi trattati nei quali i due altro non hanno fatto che ribadire le posizioni note e un paio di dichiarazioni di pentimento per precedenti prese di posizione ora criticabili, sì può sostenere che Vance, come ci si aspettava, è stato molto più efficace e disinvolto del Governatore del Minnesota, non poche volte insicuro e tremebondo.
Ovviamente, nulla di veramente importante o, per carità, decisivo ai fini della votazione finale.

2 ottobre 2024

Scambio di battute del giorno

Donald Trump rispondendo ai giornalisti: Domanda: “Questa volta ti fidi del processo elettorale?” Risposta: “Te lo farò sapere tra circa 33 giorni!” Come si vede, in buona sostanza nulla di mutato da parte del tycoon quanto all’argomento fondamentale del quale si tratta.

2 ottobre 2024

Non solo Harris e Trump

Prendiamo per esempio in esame la Virginia. Così come in quasi tutti gli altri Stati, il rispetto da parte degli stessi del ballot access locale ha consentito, oltre che a Kamala Harris e Donald Trump, la presenza nella scheda elettorale di Jill Stein (Green Party), Chase Oliver (Libertarian Party) e di due indipendenti Claudia De La Cruz e Cornel West.
Nel Vermont, si aggiungono Rachele Fruit (Socialist Workers Party) e Robert Kennedy jr (We the People).

1 ottobre 2024

Jimmy Carter compie cento anni!

La scheda
Nato nel 1924 a Plains (Georgia), democratico, fu Governatore dello Stato natio dal 1970 al 1976.
Sconfitto Gerald Ford alle elezioni del ’76, divenne Presidente.
Durante la sua amministrazione fu particolarmente attento al tema degli Human Rights.
Successo importante fu l’accordo di Camp David tra Israele ed Egitto.
Portò tuttavia avanti una politica estera debole e contraddittoria.
Cercò dapprima una distensione con l’Unione Sovietica per tornare poi su rigide posizioni anti-sovietiche dopo l’invasione dell’Afghanistan.
Il colpo di grazia alla sua popolarità fu dato dalla pessima gestione della crisi iraniana e da una situazione economica di profondissima decadenza.
Dopo avere ottenuto nuovamente la Nomination respingendo la sfida portata da Ted Kennedy, fu dunque sonoramente sconfitto alle presidenziali del 1980 dal repubblicano Ronald Reagan.
In seguito grandemente attivo a livello internazionale come mediatore nei diversi conflitti ottenne nel 2002 il Premio Nobel per la Pace.
E’, ovviamente, il primo ex Presidente americano a toccare il secolo di vita.

Le elezioni del 1976
Si vota il 2 novembre.
538 i ‘Grandi Elettori’ e 270 la maggioranza assoluta.
Alle urne il 53,6 per cento degli aventi diritto.
Confronto davvero strano, unico.
Da una parte, il GOP ripropone il Presidente uscente Gerald Ford che è arrivato a White House stravolgendo, legalmente per carità, ogni tradizionale metodo.
E’ difatti stato nominato Vice Presidente secondo quanto disposto dal XXV Emendamento – usato per la prima volta a tale fine – in sostituzione del titolare della Vicepresidenza Spiro Agnew, che si era dovuto dimettere per scandali risalenti alla sua precedente carriera politica locale.
E’ dipoi subentrato a Richard Nixon dopo le dimissioni dello stesso conseguenti allo ‘Scandalo Watergate’.
La nomination di Ford era stata molto contrastata in particolare dall’ex Governatore della California Ronald Reagan.
Alla Convention di Kansas City – una brokered Convention – i due si erano presentati talmente vicini quanto a delegati da far dire che l’esito non era determinabile (gergalmente, ‘too close to call’).
Prevalse, come detto, Ford, rinunciando peraltro al Vice che si era in precedenza scelto (Nelson Rockfeller) e accettando un programma conservatore lontano dalle sue stesse idee.
Con lui nel ticket il Senatore del Kansas Robert Bob Dole, futuro e sfortunato candidato a White House.
Molti tra i democratici i possibili pretendenti.
Fra gli altri, da citare almeno Sargent Shriver – già al fianco di McGovern nel 1972 – e il Senatore del Texas Lloyd Bentsen, più tardi in corsa con Michael Dukakis.
A sorpresa, tra i tanti, nel corso delle Primarie, emerse il nome di un ex Governatore della Georgia, Jimmy Carter.
Avendo il vantaggio di non essere stato in precedenza coinvolto in scandali a livello nazionale, infine, fu il prescelto nella Convention di New York City.
Lo ‘Scandalo Watergate’ e il fatto che il primo Presidente nella storia costretto a dare le dimissioni fosse repubblicano pesava, evidentemente, come un macigno sulle spalle del povero Ford
Tutti gli osservatori pensavano che il democratico avrebbe quindi vinto facilmente.
Così, peraltro, non fu.
Un Carter assai poco incisivo alla fine prevalse davvero per un soffio.
Si è calcolato che se ottomila persone avessero votato differentemente tra Ohio ed Hawaii l’uscente sarebbe restato in carica.
Tra i molti terzi esponenti di partiti decisamente minori, da segnalare una nuova candidatura come indipendente di Eugene McCarthy.
Al fianco di Carter, il partito indicò per la Vicepresidenza il Senatore del Minnesota Walter Mondale.
Alla fine, il rappresentante dell’Asino vinse in 23 Stati e nel Distretto di Columbia mentre il leader dell’Elefante prevalse in ventisette Stati purtroppo per lui dotati in totale di un minor numero di ‘Electors’ (240) rispetto a quelli conquistati dal rivale (297).
Il totale non è 538 perché in sede di Collegio Elettorale un voto fu dato da un dissenziente a Ronald Reagan.

Le elezioni del 1980
Al voto il 4 novembre.
52,6 per cento gli elettori effettivamente andati alle urne.
Quanto agli ‘Electors’ e alla maggioranza assoluta, lo sappiamo, a seguito dell’entrata nell’Unione di Alaska ed Hawaii e dopo l’approvazione dell’Emendamento che riconosce rappresentanza in materia anche al Distretto di Columbia, i numeri si sono stabilizzati e resteranno tali fino ad oggi: 538 i membri del Collegio da eleggere e 270 il minimo da raggiungere.
Il sistema Primarie e Caucus per la scelta dei delegati alla Convention?
Certo, il Partito Repubblicano aveva introdotto le Primarie a livello appunto delle presidenziali già nella tornata del 1912 ma pochi gli Stati allora coinvolti.
Ancora nel 1968, solo il 40 per cento dei citati delegati era effettivamente scelto dagli elettori.
E’ proprio nel 1980 che il meccanismo entra pienamente in funzione: 37 Stati su 50 lo adottano.
Moltissimi i cittadini coinvolti, un trionfo della democrazia di base.
Il Presidente in carica, Jimmy Carter, era talmente poco difendibile per i numerosi insuccessi specie in politica estera da temere grandemente la sfida interna all’Asinello portatagli dal Senatore del Massachusetts Edward Ted Kennedy, fratello di John e di Robert.
Corre per poco tempo anche il Governatore della California Jerry Brown.
Tra alti e bassi, malgrado la veemenza degli attacchi di Ted, Carter riesce a prevalere di poco nelle Primarie e ad essere nuovamente candidato in una Convention nuovaiorchese nella quale serpeggia una pesante aria di sconfitta.
A comporre il ticket, il Vice Presidente uscente Walter Mondale.
Nel GOP, corsa in testa dell’ex Governatore della California Ronald Reagan che mano mano acquista vantaggio nei confronti di uno sfidante certamente di valore quale l’ex Ambasciatore all’ONU e in Cina nonché Direttore della CIA George Herbert Walker Bush.
Per il vero, esiste e si palesa un terzo incomodo: il Rappresentante dell’Illinois John Anderson il quale, sconfitto, esce dal partito e si candida come indipendente.
Alla sfida conclusiva per White House numerosi altri candidati, peraltro significativi solo al fine di rappresentare comunque una idea: un libertari ano, un socialista, un comunista e via elencando.
Una campagna strana con due concorrenti maggiori poco amati (Reagan diventerà Reagan governando!).
Una campagna all’inizio della quale Anderson pare debba avere numerosi sostenitori in specie nelle Università tra docenti e studenti (raccoglierà un dignitoso sei e sei per cento dei suffragi popolari).
Alla fine, ulteriormente azzoppato dai fatti iraniani e dai fallimenti delle azioni intraprese per liberare gli ostaggi USA prigionieri nell’ambasciata di Teheran, Carter perde rovinosamente.
Da sottolineare il fatto che si tratta storicamente dell’unica occasione nella quale uno sfidante repubblicano riesce a defenestrare un Presidente uscente e ricandidato democratico.
Non può essere messo sullo stesso piano infatti quanto occorso nel 1888, allorquando l’Asinello Grover Cleveland era stato battuto ed estromesso dal GOP Benjamin Harrison in primo luogo perché Cleveland aveva comunque vinto quanto a voti popolari e in secondo luogo perché lo stesso sarà capace nel 1892 di rivincere arrivando pertanto a conquistare, caso unico, la Casa Bianca due volte con un intermezzo.
I voti?
Ronald Reagan, 44 stati e 489 ‘Elettori’.
Jimmy Carter, 6 Stati e 49 voti nel Collegio.

1 ottobre 2024

Trump intensifica gli attacchi contro Harris

Come riporta l’Associated Press: “Donald Trump ha intensificato i suoi attacchi personali alla rivale democratica Kamala Harris, domenica, ripetendo che era ‘mentalmente compromessa’ e dicendo anche che avrebbe dovuto essere messa sotto accusa e processata”.
Secondo USA Today, “A poco più di un mese dalle elezioni, Trump sta intensificando l’uso di attacchi personali e offensivi, anche se alcuni repubblicani affermano che farebbe meglio a concentrarsi sui problemi”.
Donald Trump chiama di nuovo Kamala Harris e Joe Biden “mentalmente compromessi”, intensificando gli attacchi.

30 settembre 2024

Presidential and Vice Presidential Debates

Detto che il richiamo ai sette notevoli e celebrati dibattiti datati 1858 tra Abraham Lincoln e Stephen Douglas è decisamente forzato (in teorica contesa, visto che l’elezione era – e così resterà fino alla riforma del 1913 – opera del Legislativo locale, lo scranno di Senatore dell’Illinois).
Che nel 1940 lo sfidante repubblicano Wendell Wilkie propose invano a Franklin Delano Roosevelt di confrontarsi faccia a faccia.
Che la prima volta che la tv trasmise qualcosa politicamente importante fu nel 1948: si trattava della cronaca delle due Convention.
Che il primo vero dibattito televisivo ebbe luogo nel 1956 tra i democratici aspiranti alla Nomination Adlai Stevenson e Estes Kefauver, alla fine – Adlai per la seconda di fila in capo al ticket democratico – perdenti nel binomio che formarono.
Ad inaugurare effettivamente la serie (peraltro poi ripresa nel 1976) furono i quattro – anche se tutti ragionano come ne fosse stato celebrato uno soltanto – che videro contrapporsi il Senatore John Kennedy e il suo ex collega Richard Nixon, a quel mentre Vice di Dwight Eisenhower.
Va sottolineato a dimostrazione dell’efficacia (fuorviante? e me lo chiedo in generale non con riferimento specifico) del mezzo che alla fine di uno dei confronti gli spettatori considerarono vincente il democratico Kennedy mentre quanti avevano ascoltato la vicenda alla radio ritennero avesse prevalso il repubblicano Nixon.

In generale
– Donald Trump è il solo che abbia affrontato tre differenti avversari: Hillary Clinton, Joe Biden, Kamala Harris
– è per di più, dai tempi fine ottocenteschi di Grover Cleveland (il democratico che riuscì nell’impresa ed è quindi sia il ventiduesimo che il ventiquattresimo in elenco), il primo Presidente defenestrato che cerca la rielezione dopo quattro anni.
– due le donne partecipanti: Hillary Clinton e Kamala Harris, democratiche (è soltanto guardando ai candidati Vice che, in aggiunta a Geraldine Ferraro, dello stesso partito, si trova, nel 2008, una repubblicana: Sarah Palin)
– è esclusivamente nel corrente 2024 che un movimento politico tra i due che si confrontano faccia a faccia dal 1856 cambia in corsa il candidato: in luogo del Presidente in carica Joe Biden, che si ritira, per l’asino, la sua pluricitata Vice Kamala Harris

– volendo, due coniugi (Bill e Hillary Rodham Clinton),
un padre e un figlio (George Herbert Walker e George Walker Bush),
dal 1960 al 2004 compreso, ogni volta in competizione o un Presidente in cerca di conferma o un Vice desideroso di succedere

– Walter Mondale, George Herbert Walker Bush, Bob Dole, Al Gore, Joe Biden e ancora Kamala Harris (ne avremo conferma nel successivo elenco dei dibattiti tra candidati Vice) hanno avuto modo nel tempo di partecipare quali aspiranti più o meno fortunati prima all’una e poi all’altra carica.

Va qui sottolineato che l’eletto 2024, insediandosi il 25 gennaio 2025, sarà il quarantasettesimo nell’elenco ufficiale dei Capi dello Stato USA.
Così non sarebbe accaduto nell’ipotesi di una conferma di Biden, il quarantaseiesimo.
Trump, essendo stato il predecessore di Biden, se eletto sarebbe sia il quarantacinquesimo che il quarantasettesimo inquilino della Executive Mansion.
(Ove si faccia riferimento all’intera storia americana, non è corretto parlare sic et simpliciter di White House perché fu così denominata sostanzialmente dopo la ricostruzione conseguente al devastante incendio appiccato alla allora dimora presidenziale dagli inglesi il 24 agosto 1814 a ‘Guerra del 1812’ evidentemente ancora in corso).

Ecco l’elenco completo dei Presidential Debates:

26 settembre 1960
7 ottobre 1960
13 ottobre 1960
21 ottobre 1960
John Kennedy (d) vs Richard Nixon (r)
N.B. Quattro, i dibattiti, come sopra riportato.
(Torno a dire che nella memoria collettiva è come ne avessero affrontato solo uno, come accade per gli sbarchi sulla Luna, in verità sei).

23 settembre 1976
6 ottobre 1976
23 ottobre 1976
Gerald Ford (r) vs Jimmy Carter (d)
N.B. Ford – da giovane ottimo giocatore di football americano – resta il solo Presidente in carica mai personalmente eletto perche subentrato secondo il disposto dell’Emendamento datato 1967 dapprima al Vice Spiro Agnew e poi il 9 agosto 1974 al titolare Richard Nixon, entrambi dimissionari.
È per di più il solo Presidente che beneficiario del citato Emendamento lo applichi poi per nominare il proprio Vice, Nelson Rockfeller.
È infine il solo vicario in tutto il Novecento subentrato in corso di mandato al titolare che abbia perso – contrariamente a Teddy Roosevelt, Calvin Coolidge, Harry Truman e Lyndon Johnson – le successive elezioni.

21 settembre 1980
28 ottobre 1980
Ronald Reagan (r) vs Jimmy Carter (d) vs John Anderson (ind)
N.B. Reagan – il primo repubblicano dai tempi di Benjamin Harrison (che prevalse però solo al Collegio Elettorale avendo perso il voto popolare) capace di defenestrare un Presidente democratico – ex attore e perfetto ‘animale’ da dibattito pubblico, partecipò ad entrambi gli incontri.
Anderson al primo soltanto e Carter esclusivamente al secondo.

7 ottobre 1984
21 ottobre 1984
Ronald Reagan (r) vs Walter Mondale (d)
N.B. Valanga reaganiana. Mondale vinse, e per pochissimi suffragi, oltre che nel District of Columbia che appoggia sempre e comunque il candidato dell’asino, solo nel suo Minnesota.
Anni dopo, chiederà a George McGovern – a sua volta sonoramente bastonato da Nixon nel 1972 – quando la sofferenza per una simile sconfitta gli sarebbe passata per sentire in risposta un congelante “Mai!”.

25 settembre 1988
25 ottobre 1988
George H. W. Bush (r) vs Michael Dukakis (d)
N.B. Bush è il primo Vice eletto Presidente mentre è ancora in carica appunto come vicario dai tempi di Martin Van Buren, vittorioso nel 1836.
Notevole il fatto che in estate tutti i sondaggi dessero vincente il democratico poi sconfitto per oltre sette punti percentuali.
Eccezionale il fatto che i repubblicani conquistassero il voto popolare nazionale la terza volta di fila.

11 ottobre 1992
15 ottobre 1992
19 ottobre 1992
Bill Clinton (d) vs George H. W. Bush (r) vs Ross Perot (ind)
N. B. È questa la sola occasione dopo la regolamentazione del 1987 che mette all’opera a regolare il traffico la Commission on Presidential Debates (CPD) nella quale un terzo candidato, l’indipendente Ross Perot, fu ammesso avendo i richiesti requisiti per partecipare compreso un seguito cospicuo predeterminato nei sondaggi riconosciuti quali più significativi.

6 ottobre 1996
16 ottobre 1996
Bill Clinton (d) vs Bob Dole (r)
N.B. Dole era un anziano onorevolissimo politico e per questo Clinton, non potendolo attaccare riferendosi brutalmente alla sua età, se ne uscì nella battuta “Dole non è vecchio. Lo sono le sue idee!”

3 ottobre 2000
11 ottobre 2000
17 ottobre 2000
George W. Bush (r) vs Al Gore (d)
N. B. Per la terza volta nella storia (la circostanza 1824 è una differente cosa), un candidato, Gore, prevale nel voto popolare a livello nazionale e perde nel Collegio Elettorale che – necessita ribadirlo – essendo questa una “elezione di secondo grado” non “diretta”, effettivamente nomina il Presidente “il primo lunedì dopo il secondo mercoledì del dicembre successivo alle votazioni novembrine” nelle quali i suoi componenti, “il primo martedì dopo il primo lunedì”, sono votati Stato per Stato in misura proporzionale al numero degli abitanti quali risultati dall’ultimo Censimento.
Al Gore vinse tutti i Caucus e tutte le Primarie democratiche, compresi Distretto di Columbia, Guam, Porto Rico, Isole Marianne, Isole Vergini, Samoa Americane, democratici all’estero, ottenne una Nomination quasi unanime, vinse il voto popolare novembrino per l’Executive Mansion e perse l’elezione.

30 settembre 2004
8 ottobre 2004
13 ottobre 2004
George W. Bush (r) vs John Kerry (d)
N. B. È questa l’ultima occasione nella quale il candidato repubblicano prevale anche nel voto popolare nazionale dato che non sarà così per Donald Trump nel 2016.

26 settembre 2008
7 ottobre 2008
15 ottobre 2008
Barack Obama (d) vs John McCain (r)
N. B. Il nero Obama, un kenyan american, è il secondo non wasp (white, anglo-saxon, protestant) ad approdare alla Casa Bianca, il primo essendo stato John Kennedy, cattolico.
Prevale nelle Primarie su Hillary Clinton: incredibile solo pochi anni prima un confronto del genere tra un nero e una donna.

3 ottobre 2012
16 ottobre 2012
22 ottobre 2012
Barack Obama (d) vs Mitt Romney (r)
N.B. Il padre di Romney, George Wilken, mormone (come il figlio) era nato in Messico in una colonia.
Ciò malgrado, gli fu concesso nel 1968 di correre per la Nomination repubblicana.
Fu una delle prime forzature in merito che portarono nel 2016 ad accettare come cittadino americano dalla nascita il Senatore texano Ted Cruz, venuto al mondo a Calgary, Canada, da madre americana e padre cubano.
E pensare che nel 1964 non pochi avevano eccepito quanto alla cittadinanza di Barry Goldwater perché nato sì in Arizona ma prima dell’entrata dello stesso Territorio nel Paese.

26 settembre 2016
9 ottobre 2016
19 ottobre 2016
Hillary Clinton (d) vs Donald Trump (r)
N. B. Come noto, Hillary Rodham Clinton – già First Lady e mai la moglie di un Presidente aveva intrapreso la carriera politica – è la prima Signora ad ottenere la Nomination da uno dei due partiti maggiori americani.
Ancora più noto il fatto che fino addirittura al giorno elettorale tutti i sondaggi la davano stra vincente.

29 settembre 2020
22 ottobre 2020
Donald Trump (r) vs Joe Biden (d)
N.B. In modo anomalo, l’ex Vicepresidente Biden si presenta per la massima carica non immediatamente ma a distanza di un mandato da quello nel quale aveva esercitato il vicariato.
È anche il secondo cattolico a vincere dopo John Kennedy.

27 giugno 2024
Joe Biden (d) vs Donald Trump (r) e
10 settembre 2024
Kamala Harris (d) vs Donald Trump (r)
N. B. Ho già detto del cambio in corsa del cavallo democratico.
Da segnalare che in origine la citata Commission on Presidential Debates (CPD), che, ripeto, nata nel 1987 dal 1992 regola e coordina i confronti, aveva stabilito che Biden e Trump si trovassero vis a vis il 16 settembre e il 9 ottobre – come costantemente accaduto, dopo l’ufficializzazione della loro investitura ad opera delle Convention – ma i due si accordarono differentemente.
È l’anticipo del confronto del 27 giugno ad Atlanta che mette a nudo le difficoltà fisiche e psichiche di Biden che, cavalcate da quanti per differenti ragioni lo vogliono fuori, lo porteranno al ritiro e all’investitura della Vice Kamala Harris.
La qual cosa mette in notevole difficoltà Trump costringendolo a rivedere strategia e tattica, differente essendo il rivale.

A seguire, l’elenco dei Vice Presidential Debates.

(Non poche le figure in qualche modo minori partecipanti).

15 ottobre 1976
Walter Mondale (d) vs Bob Dole (r)
N.B. Entrambi dipoi, come visto, candidati sconfitti alla Casa Bianca.

2 ottobre 1980
cancellato il previsto dibattito
Walter Mondale (d) vs George H. W. Bush (r) vs Patrick Lucey (ind)
N.B. Solo quest’ultimo, nel ticket con John Anderson, si dichiarò disponibile.
Altrettanto non fecero il democratico e il repubblicano.

11 ottobre 1984
George H. W. Bush (r) vs Geraldine Ferraro (d)
N.B. Ferraro è oltre che la prima Signora il primo italoamericano compreso nel ticket di uno dei due partiti egemoni.

5 ottobre 1988
Dan Quayle (r) vs Lloyd Bentsen (d)
N.B. La crudeltà politica porta in alcuni casi ad affermazioni eccessive e discutibili.
Di Quayle si arrivò ad illustrare, diciamo così, l’immagine politica corredata dalla frase: “Ricordate che se una volta eletto Bush dovesse morire gli subentrerebbe Quayle!”

13 ottobre 1992
Dan Quayle (r) vs Al Gore (d) vs James Stockdale (ind)
N.B. Stockdale era un Ammiraglio scelto da Perot come secondo componente il ticket indipendente.

9 ottobre 1996
Al Gore (d) vs Jack Kemp (r)
N.B. Kemp da giovane era stato un ottimo giocatore di football americano (con Gerald Ford, della cui attitudine nel campo ho parlato, per quel che serve, dimostra indubbiamente la superiorità in campo sportivo dei politici repubblicani di alto livello).

5 ottobre 2000
Joe Lieberman (d) vs Dick Cheney (r)
N.B. Cheney è l’ultimo Vicepresidente in carica, fra l’altro di particolare peso politico, a non avere successivamente aspirato alla massima poltrona.

5 ottobre 2004
Dick Cheney (r) vs John Edwards (d)
N.B. Controversa figura Edwards, fra l’altro tacciato di populismo per avere, del tutto giustificatamente a mio avviso, detto che “Esistono due Americhe: una sempre più ricca, l’altra sempre più emarginata”.

2 ottobre 2008
Sarah Palin (r) vs Joe Biden (d)
N.B. Palin, come già detto, è la prima e sola donna inclusa, peraltro in seconda posizione, in un ticket repubblicano.
Avrebbe dovuto ‘coprire a destra’ John McCain, da non pochi repubblicani ritenuto poco rappresentativo delle istanze etiche loro proprie.

11 ottobre 2012
Joe Biden (d) vs Paul Ryan (r)
N.B. Ryan era un ex Speaker della Camera dei Rappresentanti.

4 ottobre 2016
Tim Kaine (d) vs Mike Pence (r)
N.B. Kaine, virginiano, non era mai stato sconfitto in una elezione in vita sua.
Scelto scaramanticamente anche per questo, perderà sia pure rocambolescamente nella circostanza per la prima volta.

7 ottobre 2020
Mike Pence (r) vs Kamala Harris (d)
N.B. Pence, da Vice tuttora in carica (passerà lo scettro il 20 gennaio seguente proprio alla citata rivale), presiederà la a dir poco contestata riunione del Congresso del 6 gennaio 2021 che, malgrado l’assalto al Campidoglio, ratificherà la vittoria avversa.

1 ottobre 2024, in fieri
Tim Walz (d) vs J. D. Vance (r)
N.B. Sinceramente, a parte la presunta capacità di portatori d’acqua nella davvero problematica situazione data, sia il democratico Governatore che il repubblicano Senatore non brillano grandemente.

Che dire se non che, dato il quadro generale non solo americano e considerati i quattro in corsa (per la Presidenza e il vicariato) tocca sperare che si dimostri ancora una volta vera l’intuizione di Otto von Bismarck-Schönhausen che recita “Es gibt eine göttliche Vorsehung, welche die Dummen, die Kinder, die Betrunkenen und die Vereinigten Staaten beschützt!”
e cioè “Esiste una particolare Provvidenza divina a favore dei pazzi, dei bambini, degli ubriachi e degli Stati Uniti d’America!”. Occorre effettivamente augurarselo.

30 settembre 2024

Per Trump, Harris trasformerebbe gli USA in un inferno

“Donald Trump ha intensificato la sua retorica dura sull’immigrazione, accusando Kamala Harris e l’amministrazione Biden di accogliere criminali nel paese e avvertendo che senza deportazioni di massa, gli Stati Uniti perderanno la loro ‘cultura’”, riporta Politico. Trump ha detto: “Dovete riportare queste persone da dove sono venute. Non avete scelta.
Perderete la vostra cultura, perderete il vostro Paese, avrete una criminalità come nessuno ha mai visto prima”. “Il discorso è servito come risposta diretta alla posizione più aggressiva di Harris sul confine, e come amplificazione di una questione che da tempo anima la base di Trump. In un’elezione serrata con Harris, i sondaggi suggeriscono che l’immigrazione è un punto forte per lui”.

29 settembre 2024

Harris perde terreno tra gli elettori latini?

Come stanno davvero le cose a questo riguardo? Difficile capirlo leggendo le righe che seguono. “La vicepresidente Kamala Harris sta superando l’ex presidente Donald Trump tra gli elettori latinoamericani. Ma il vantaggio è sceso al livello più basso dei democratici negli ultimi quattro cicli presidenziali”, secondo un nuovo sondaggio nazionale NBC News/Telemundo/CNBC. Nel complesso, il sondaggio mostra che la candidata democratica alla presidenza Harris ha perso un po’ di terreno con i latinoamericani in un momento in cui questi elettori importanti sono più propensi dell’elettorato generale a citare l’economia e l’aumento del costo della vita come massime priorità. Su entrambi questi temi, gli elettori latinoamericani danno a Trump un vantaggio, ma la maggioranza di loro preferisce Harris per temperamento, competenza e per avere la salute mentale e fisica necessaria per essere presidente”

29 settembre 2024

Tim Walz è particolarmente nervoso

A quanto riporta la CNN, in vista del dibattito televisivo che lo vedrà opposto a JD Vance l’1 ottobre negli studi di New York della CBS il candidato Vicepresidente democratico
Tim Walz sta dicendo a tutti di essere nervoso all’idea di affrontare JD Vance dato che, come a suo tempo aveva detto a Kamala Harris è un pessimo dibattitore.
Stando a diverse persone che hanno parlato con lui è preoccupato della propria performance.

29 settembre 2024