Gli ottantenni d’oggi e i Presidenti americani

I nati nel 1944, il sottoscritto tra loro, hanno visto governare gli Stati Uniti d’America da quindici Presidenti:
Franklin Delano Roosevelt
Harry Truman
Dwight Eisenhower
John Kennedy
Lyndon Johnson
Richard Nixon
Gerald Ford
Jimmy Carter
Ronald Reagan
George Herbert Bush
Bill Clinton
George Walker Bush
Barack Obama
Donald Trump
Joe Biden.

Per vedere in carica il sedicesimo, dovranno arrivare al 20 gennaio del 2029, poiché il prossimo Presidente sarà necessariamente uno degli ultimi due.
Almeno, perché, lo sconfitto tra Biden e Trump – essendo a quel punto solo uno dei due, il vincente il 5 novembre 2024, nella impossibilità di riproporsi in quanto eletto due volte (Ventiduesimo Emendamento) – potrebbe, vecchissimo, ricandidarsi…

Da notare che una situazione del genere (due contendenti entrambi l’uno dopo l’altro in carica ancora in competizione) si è verificata solamente nel 1892 quando si confrontavano il repubblicano Benjamin Harrison, incumbent, e il democratico Grover Cleveland che il GOP aveva defenestrato quattro anni prima e cercava la rivincita.
Oggi all’inverso, essendo il titolare democratico e il predecessore in cerca di rivalsa repubblicano.

3 aprile 2024

Gli sconfitti: James Weaver e il partito populista USA

Approdato al grado di Brigadiere Generale verso la fine della Guerra di Secessione, dapprima repubblicano, in corsa per White House nel 1880 in quota Greenback Party, James Weaver fu tra i fondatori nel 1890 del Partito del Popolo, o Populista.
Erano i populisti ultrademocratici in economia (anticapitalisti e antitrust), conservatori in politica e tendenzialmente razzisti.
Al congresso appunto del 1890 tenuto a Topeka, Kansas, fece seguito due anni dopo una seconda adunata in quel di St Louis.
La ‘platform’, colà adottata dal nuovo movimento fu così introdotta all’assemblea da Ignatius Donnelly:
“Ci riuniamo al centro di una nazione ridotta sull’orlo della rovina morale, politica e materiale.
La corruzione domina le urne, i parlamenti statali, il congresso e raggiunge persino l’ermellino del giudice.
La gente è demoralizzata…
I giornali sono finanziati o imbavagliati; l’opinione pubblica è messa a tacere; gli affari vanno in malora; le nostre case sono coperte di ipoteche; i lavoratori sono in miseria; la terra è concentrata nelle mani dei capitalisti”.

Nel luglio del medesimo anno, a Omaha, Nebraska, il partito scelse quale candidato a White House proprio il predetto Weaver.
Fu la sua una più che onorevole campagna e il giorno delle elezioni conquistò oltre un milione di voti popolari, quattro Stati (Colorado, Kansas, Idaho e Nevada) e ventidue delegati.

I populisti, di lì a quattro anni, caddero nell’errore di appoggiare per la presidenza il democratico William Jennings Bryan.
Fu uno sbaglio perché le loro istanze finirono per disperdersi soffocate da quelle espresse dal partito dell’Asino (la nobile bestia era il simbolo dei democratici fin da quando Andrew Jackson, indicato appunto come un asino, aveva detto di ammirare quell’animale e di non sentirsi offeso per l’epiteto) fra l’altro sconfitto dai repubblicani guidati da William McKinley.

Pochi anni ancora e il movimento del popolo cessò di avere ogni e qualsiasi espressione elettorale nazionale.

3 aprile 2024

Kansas: storia elettorale in occasione delle presidenziali

1864: Repubblicano (Lincoln)
1868: Repubblicano (Grant)
1872: Repubblicano (Grant)
1876: Repubblicano (Hayes)
1880: Repubblicano (Garfield)
1884: Repubblicano (Blaine)
1888: Repubblicano (B. Harrison)
1892: Populista (Weaver)
1896: Democratico (Bryan)
1900: Repubblicano (McKinley)
1904: Repubblicano (T. Roosevelt)
1908: Repubblicano (Taft)
1912: Democratico (Wilson)
1916: Democratico (Wilson)
1920: Repubblicano (Harding)
1924: Repubblicano (Coolidge)
1928: Repubblicano (Hoover)
1932: Democratico (F. D. Roosevelt)
1936: Democratico (F. D. Roosevelt)
1940: Repubblicano (Willkie)
1944: Repubblicano (Dewey)
1948: Repubblicano (Dewey)
1952: Repubblicano (Eisenhower)
1956: Repubblicano (Eisenhower)
1960: Repubblicano (Nixon)
1964: Democratico (Johnson)
1968: Repubblicano (Nixon)
1972: Repubblicano (Nixon)
1976: Repubblicano (Ford)
1980: Repubblicano (Reagan)
1984: Repubblicano (Reagan)
1988: Repubblicano (G. H. Bush)
1992: Repubblicano (G. H. Bush)
1996: Repubblicano (Dole)
2000: Repubblicano (G. W. Bush)
2004: Repubblicano (G. W. Bush)
2008: Repubblicano (McCain)
2012: Repubblicano (Romney)
2016: Repubblicano (Trump)
2020: Repubblicano (Trump)

3 aprile 2024

Presidenziali del 1960

Si vota l’8 novembre.
Gli Elettori da nominare sono cinquecentotrentasette visto che per la prima volta sono ammessi alle urne i cittadini di Alaska ed Hawaii.
La maggioranza assoluta è collocata a duecentosessantanove.
I votanti sono il sessantadue e otto per cento degli aventi diritto.
I democratici si riuniscono a Los Angeles.
I repubblicani a Chicago.

Nel Partito dell’Asino i candidati sono metà di mille (perfino un Redivivo Adlai Stevenson alla ricerca di una terza, davvero improbabile, Nomination consecutiva): i Senatori John Kennedy del Massachusetts, Lyndon Johnson del Texas e leader della maggioranza alla stessa Camera Alta, Stuart Symington del Missouri, Hubert Humphrey del Minnesota, Wayne Morse dell’Oregon, George Smathers della Florida.
Come sotto riportato nelle annotazioni, infine, tra mille indugi, prevale il cattolico (secondo in pista dopo Al Smith) John Kennedy.
Con lui, incredibilmente dati i contrasti, Johnson.

Nell’Elefante, impossibile una terza candidatura di Dwight Eisenhower, in lizza il suo Vice Richard Nixon, il Governatore del New York Nelson Rockfeller e l’Ambasciatore Henry Cabot Lodge jr.

In una campagna elettorale estremamente serrata, Kennedy prevale di pochissimo in termini di voti popolari, perde in ragione di Stati (Nixon si afferma in ventisei contro i ventidue del Senatore del Massachusetts, questo perché gli Elettori del Mississippi e la maggioranza di quelli dell’Alabama si espressero in sede di Collegio per una terza personalità politica, Harry Flood Byrd), ma vince in termini di Elettori: trecentotre a duecentodiciannove (quindici quelli ottenuti dal citato Byrd).

Per inciso, pochissime le circostanze nelle quali il vincitore si impone in un numero minore di Stati rispetto allo sconfitto.
È accaduto solo nel 1824 (John Quincy Adams sette Stati e Andrew Jackson dodici) e nel 1976 (Jimmy Carter ventitre più il Distretto di Columbia e Gerald Ford ventisette).
In altre due occasioni, i contendenti, da questo punto di vista, pareggiarono: 1848, Taylor e Cass quindici Stati a testa; 1880, Garfield e Hancock diciannove ciascuno.
Da segnalare infine che quella del 1960 è l’ultima elezione fino al 2020 nella quale l’Ohio non ha votato per il vincitore.

Annotazioni
Arrivato che fu il 1960 e non potendosi più ricandidare Eisenhower per il disposto del XXII Emendamento, un nutrito gruppo di democratici annunciò l’intenzione di scendere in lizza per ottenere la Nomination: il Senatore del Massachusetts John Kennedy, il leader della maggioranza al Senato Lyndon Johnson, il Senatore del Missouri Stuart Symington, il Senatore del Minnesota Hubert Humphrey, il Senatore dell’Oregon Wayne Morse e il Governatore della California Pat Brown.
In più, senza proporsi nelle Primarie ma sperando di arrivare comunque alla sua terza candidatura consecutiva in sede di Convention se nessuno tra i contendenti si fosse dimostrato un vincente, ancora e di nuovo Adlai Stevenson.
La Convenzione era stata fissata dall’11 al 15 luglio a Los Angeles.

Al termine della Primarie e dei Caucus, nessuno tra i predetti candidati aveva conquistato un numero sufficiente di delegati per essere scelto al primo scrutino.
Si trattava, quindi, di una kermesse ‘aperta’, nel corso della quale le più diverse e improbabili alleanze avrebbero portato ad una scelta di compromesso ma definitiva.

I tre candidati di maggior peso, quelli davvero in corsa a quel punto, erano Kennedy, Johnson e Stevenson.
Harry Truman entrò allora in gioco sostenendo che per superare l’impasse i tre avrebbero dovuto fare un passo indietro e dare spazio e strada a Stuart Symington, che era stato Segretario all’Aviazione nel suo governo ed era missouriano, sia pure di adozione, come lui.
Gli andò male: ‘Stu’ fu sconfitto, l’ipotesi Stevenson non decollò, Johnson accettò, contro le previsioni perfino dell’entourage di Kennedy, di correre nel ticket per la Vice Presidenza.
Il fatto che fosse cattolico fu certamente un impedimento per il futuro Presidente della ‘Nuova frontiera’ ma, e già lo avevano dimostrato gli esiti delle Primarie, non insuperabile come era stato nel 1928 per Alfred Smith accusato di essere un ‘papista’.

Sul tema, allorquando i giochi a favore del Senatore del Massachusetts apparvero fatti, il vecchio Truman se ne uscì con una battuta rimasta celebre:
“It’s not the Pope I’m worried abaut, It’s the Pop” (“Non è il Papa che mi preoccupa, ma il papà”).
Chiunque conoscesse il padre di John, Joseph Kennedy, il suo carattere, la provenienza del suo denaro poteva concordare con lui!

3 aprile 2024

Robert Kennedy Jr. afferma che Biden rappresenta una minaccia per la democrazia

“Il candidato presidenziale indipendente Robert F. Kennedy Jr. ha sostenuto lunedì 2 marzo che il Presidente Joe Biden rappresenta una minaccia per la democrazia più grande dell’ex presidente Donald Trump”, come riferisce la CNN.
Kennedy ha detto:
“Posso sostenerlo in ragione del fatto che Biden è il primo candidato nella storia, meglio, il primo Presidente nella storia che da candidato abbia usato le agenzie federali per censurare il confronto politico così da oscurare l’avversario”.

2 aprile 2024

Candidati decisamente poco graditi

Dal 1980 al 2012 compreso, sondaggi alla mano, nessuno dei candidati alla Casa Bianca era, come si dice “underwater”, sott’acqua nel gradimento popolare, nessuno cioè non raggiungeva il cinquanta per cento.
Dal 2016, i contendenti sono addirittura almeno nove punti percentuali più in basso!
Di certo, la radicalizzazione sempre più accentuata contribuisce, ma non sono solamente gli oppositori ad esternare lo scontento: tra gli indipendenti serpeggia eccome.
Oggi 2 aprile, l’autorevole FiveThirthyEight certifica che Joe Biden è al trentanove e uno mentre Donald Trump si colloca esattamente al quarantuno.
Batte male.

2 aprile 2024

Iowa: storia elettorale in occasione delle presidenziali

1844: Democratico (Polk)
1848: Democratico (Cass)
1852: Democratico (Pierce)
1856: Repubblicano (Fremont)
1860: Repubblicano (Lincoln)
1864: Repubblicano (Lincoln)
1868: Repubblicano (Grant)
1872: Repubblicano (Grant)
1876: Repubblicano (Hayes)
1880: Repubblicano (Garfield)
1884: Repubblicano (Blaine)
1888: Repubblicano (B. Harrison)
1892: Repubblicano (B. Harrison)
1896: Repubblicano (McKinley)
1900: Repubblicano (McKinley)
1904: Repubblicano (T. Roosevelt)
1908: Repubblicano (Taft)
1912: Democratico (Wilson)
1916: Repubblicano (Hughes)
1920: Repubblicano (Harding)
1924: Repubblicano (Coolidge)
1928: Repubblicano (Hoover)
1932: Democratico (F. D. Roosevelt)
1936: Democratico (F. D. Roosevelt)
1940: Repubblicano (Willkie)
1944: Repubblicano (Dewey)
1948: Democratico (Truman)
1952: Repubblicano (Eisenhower)
1956: Repubblicano (Eisenhower)
1960: Repubblicano (Nixon)
1964: Democratico (Johnson)
1968: Repubblicano (Nixon)
1972: Repubblicano (Nixon)
1976: Repubblicano (Ford)
1980: Repubblicano (Reagan)
1984: Repubblicano (Reagan)
1988: Democratico (Dukakis)
1992: Democratico (B. Clinton)
1996: Democratico (B. Clinton)
2000: Democratico (Gore)
2004: Repubblicano (G. W. Bush)
2008: Democratico (Obama)
2012: Democratico (Obama)
2016: Repubblicano (Trump)
2020: Repubblicano(Trump)

2 aprile 2024

La datazione degli avvenimenti nelle Colonie prima della nascita degli USA

Nell’agosto del 1752, per dire, a Boston era in uso il Calendario Giuliano e pertanto la differenza quanto alle date rispetto, sempre per dire, a Veracruz era di undici giorni.
Questo perché Boston era parte di una colonia inglese (e Londra abbandonò il Giuliano a settembre del 1752 eliminando proprio undici giorni) e Veracruz spagnola (laddove la Spagna era passata al Gregoriano ad ottobre del 1582 cancellando invece dieci giorni.
La differenza di un giorno determinata dal trascorrere tra i due accadimenti di centosettanta anni).
Per quanto gli Stati Uniti d’America, essendosi costituiti dopo il citato 1752, non abbiano mai come Paese usato il Giuliano, tutte le date riguardanti gli accadimenti delle tredici colonie che li formeranno precedenti il medesimo anno sono riferite alla datazione voluta da Cesare nelle vesti di Pontefice Massimo di nessuno avendo mai applicato alla bisogna il Gregoriano Prolettico.

2 aprile 2024

Gli sconfitti: Barry Goldwater, battuto per quanto John Wayne lo appoggiasse

1997, prodotta per la televisione esce una pellicola straordinaria.
Sceneggiata magistralmente da Martyn Burke e diretta da Joe Dante, si intitola ‘La seconda guerra civile americana’.
In una scena, gli inviati di un potente network tv, in attesa degli eventi, guardano un film di guerra.
Sullo schermo, John Wayne fa strage di nemici e uno dei due ne esalta il valore.
“Ti ricordo”, replica l’altro, “che Wayne era un attore”.
“Se ai tempi del Vietnam John fosse stato alla Casa Bianca quel conflitto sarebbe durato una settimana!”, chiude, sicuro, il primo.
Ecco, il protagonista di mille western (e non solamente), il Ringo di ‘Ombre rosse’, l’Ethan Edwards di ‘Sentieri selvaggi’ non era percepito da larga parte degli americani ‘solo’ come un divo di Hollywood.
Era, rappresentava molto di più: il coraggio, il senso del dovere, l’onore, la fermezza, in qualche modo il Paese.
Ebbene, questo vero monumento vivente nel 1964 partecipa in prima linea, in prima persona, senza risparmio, alla campagna per White House che vede il senatore repubblicano Barry Goldwater impegnato contro il presidente uscente, il democratico Lyndon Johnson.

Quali i risultati?
Una netta sconfitta.
Gli elettori non si lasciano convincere.
Johnson ha fatto bene in politica interna e il Vietnam, laddove gli USA combattono, non lo ha ancora demolito come avverrà di lì a non molto.
Goldwater perde addirittura per quattrocentoottantasei delegati nazionali a sessantadue su un totale di cinquecentotrentotto.
(Per inciso – e non che a determinare la svolta epocale sia John Wayne, per carità – per la prima volta il partito repubblicano perde il Nord, sua abituale riserva elettorale, conquistando invece Stati del Sud fino a quel momento praticamente sempre democratici.)

Perché ricordare questi lontani accadimenti?
Semplicemente perché sempre la stampa e le tv danno grande rilievo alle dichiarazioni dell’uno o dell’altro personaggio, non soltanto del cinema, che si schieri in campagna elettorale di qua o di là.
Se ai suoi tempi non è riuscito John Wayne, l’americano per eccellenza, a cambiare le carte in tavola perché dovrebbero riuscirci, che so?, una Sarah Jessica Parker, un Woody Allen, perfino un George Clooney per stare tra i democratici, un Chuck Norris, un Robert Duvall o un John Voight per passare ai GOP?

Per quanto grande regista e attore sia, guardando alla campagna 2012, non ha cambiato nulla, se non forse per qualche infinitesimale zero virgola qualcosa, neanche l’allora celebrato ‘endorsement’ a favore di Mitt Romney pronunciato da Clint Eastwood.
Come diceva il vecchio e saggio, oltre che bravissimo, Indro Montanelli, alla fine conta il parere del lattaio dell’Ohio (Stato i cui risultati quasi sempre ma non nel 2020 collimano con quelli nazionali) l’opinione del quale nessuno o quasi dei giornalisti italiani che si occupano di elezioni USA cerca di conoscere.

2 aprile 2024

Presidenziali del 1956

Si vota il 6 novembre ed è questa l’ultima occasione nella quale gli Stati chiamati alle urne sono quarantotto.
Nella tornata 1960, infatti, voteranno anche i cittadini delle Hawaii e dell’Alaska.
Tutto come quattro anni prima quanto ai numeri degli Elettori e della maggioranza assoluta.
Sessanta e sei la percentuale di affluenza ai seggi.
I due partiti maggiori ripropongono i medesimi candidati ottenendo lo stesso risultato.
Il Presidente uscente Eisenhower ha garantito al Paese la promessa pace e ha amministrato con saggezza.
Proprio nel 1956 viene colpito da un infarto ma si rimette completamente.
Qualche problema in più nel campo repubblicano incontra e supera – visto che sarà comunque confermato nel ticket – il Vice in carica Richard Nixon che il titolare invero vorrebbe sostituire.
Fatto è, però, che il più accreditato quale possibile alternativa, il preferito da Ike Christian Herter, allora Governatore del Massachusetts, è nato a Parigi e forti sono i dubbi in merito al reale possesso da parte sua dei prescritti requisiti.

Il Partito Democratico finisce di bel nuovo per convergere su Adlai Stevenson che nel corso delle Primarie, dopo un avvio stentato, riesce a superare Estes Kefauver, il Senatore del Tennessee che già quattro anni prima era stato in corsa.
Fra l’altro, la prima ripresa televisiva di un confronto tra candidati riguarda proprio i due contendenti democratici citati che saranno immortalati dalle telecamere in vista delle Primarie della Florida.
Corre il 21 maggio.
Alla Convention l’Asinello deciderà di contare su tutti e due mettendo in lizza il duo Stevenson/Kefauver.
Si arriva a questa determinazione dopo il ritiro dalla competizione per il secondo posto nel ticket del giovane Senatore del Massachusetts John Kennedy.
Tra i contendenti di minor peso, si nota Lyndon Johnson.

Divertente il fatto che Elvis Presley, il grande cantante rock, conquisti nel corso di Primarie e Caucus cinquemila voti con il sistema ‘write in’ (che in alcuni Stati consente agli elettori di votare altri rispetto ai candidati riportati nella scheda scrivendone il nome).

In conclusione, un Adlai Stevenson meno compassato e più aperto non riesce a conquistare l’elettorato per così dire comune e finisce per perdere in modo più rovinoso rispetto al 1952.
Eisenhower vince in quarantuno stati riportando quattrocentocinquantasette voti al Collegio.
Il democratico, conquista solo sette Stati e settantatre delegati nazionali.

2 aprile 2024