Presidenziali del 1876

Le elezioni ebbero svolgimento il 7 novembre.
La percentuale dei votanti fu pari all’ottantuno e otto per cento degli aventi diritto.
Il Partito Repubblicano, riunito a Cincinnati, nominò non senza contrasti (l’oppositore era James Blaine) il Governatore dell’Ohio Rutherford Hayes.
Il Partito Democratico, con grande partecipazione ed entusiasmo, a Saint Louis, scelse il Governatore del New York Samuel Tilden.
I risultati ufficiali (si leggano le annotazioni seguenti) diedero centoottantacinque Elettori al GOP e centoottantaquattro all’esponente dell’Asinello.
I voti popolari furono invece favorevoli a Tilden.
Hayes, alla fine, fu dichiarato vincitore in ventuno Stati.
Tilden in diciassette.
Il totale dei Elettori all’epoca era trecentosessantanove.

Annotazioni.
La campagna elettorale del 1876 e il ‘Compromesso del 1877’
Quando furono resi noti i risultati delle elezioni per la Casa Bianca del 1876 fu evidente che il candidato democratico Samuel Tilden aveva ottenuto più voti popolari del suo rivale repubblicano Rutherford Hayes.
A causa del complesso sistema elettorale, però, nessuno dei due poteva contare su un numero di delegati tale da essere proclamato Presidente.
Tilden aveva centoottantaquattro voti, Hayes centosessantasei, mentre erano in discussione i diciannove delegati complessivamente spettanti alla Carolina del Sud, alla Louisiana e alla Florida (così come, quanto a quest’ultimo Stato, accadrà nel 2000).
Entrambi i candidati li reclamavano e tutti e tre gli Stati in questione avevano reso noti due diversi e contrastanti risultati.
Passarono mesi turbolenti.
Il repubblicano Hayes aveva bisogno di tutti i diciannove voti per ottenere la nomina.
A Tilden ne bastava uno solo.

A detta degli storici, è molto difficile dire chi avesse davvero diritto ai delegati in ballo.
I democratici erano accusati di aver fatto ricorso a metodi intimidatori, i repubblicani di essere responsabili di brogli.

In conclusione, la maggior parte degli studiosi è del parere che a Hayes probabilmente spettassero i delegati della Carolina del Sud e della Louisiana, ma che a Tilden toccassero quelli della Florida, la qual cosa gli avrebbe consentito di vincere.

Comunque, nel febbraio del successivo 1877 (all’epoca, si entrava in carica il 4 marzo e non, come dal 1937, il 20 gennaio dell’anno successivo a quello elettorale), la Commissione nominata dal Congresso per dirimere la faccenda decise di assegnare tutti i voti contestati a Hayes.
Fu una delibera chiaramente viziata da spirito di parte con gli otto membri repubblicani della Commissione schierati contro i sette democratici.
Questi ultimi, convinti di essere vittime di un sopruso, minacciarono l’ostruzionismo al Congresso al momento del conteggio formale dei voti, così da lasciare il Paese senza Presidente alla scadenza del mandato di Ulysses Grant.

Una serie di contatti dietro le quinte in particolare tra democratici del Sud e repubblicani portò, alla fine, ad una soluzione informale nota come ‘il Compromesso del 1877’.
In cambio del proprio assenso alla elezione di Hayes, gli aderenti al Partito dell’Asino ottennero la garanzia che il nuovo Presidente avrebbe ritirato le ultime truppe federali dal Sud, avrebbe affidato ad un sudista un incarico di spicco nel governo e avrebbe sostenuto le richieste del Sud in materia di aiuti per la ricostruzione della ferrovie.
Subito dopo essere entrato in carica, Hayes mantenne tutte le promesse.

Per arrivare alla or ora descritta soluzione, si dovette aspettare le fine di febbraio del 1877 e Hayes prevalse così infine con centoottantacinque voti contro centoottantaquattro.
Si tratta del voto più contrastato dell’intera storia USA, ove si escludano le due occasioni (1800 e 1824, come visto) nelle quali per arrivare al dunque quanto alla Presidenza si dovette ricorrere al voto della Camera.

13 marzo 2024

Pareggio!

Tornando alla previsione fatta dall’autorevole sito 270towin che in prospettiva 5 novembre va in questi giorni indicando in 239 gli Elettori (iniziale maiuscola per distinguerli da quelli comuni) infine probabilmente repubblicani e in 222 quelli democratici (la qual cosa significa che i delegati degli Stati incerti sarebbero in totale 77), c’è la possibilità di un pareggio a 269 (essendo 538 il totale) in ragione del quale l’incarico quanto alla nomina del Presidente passerebbe dal Collegio che compongono alla Camera laddove si voterebbe per Delegazione pesando nell’incombenza ogni membro dell’Unione uno a prescindere dal numero degli abitanti.
Se difatti ai delegati dell’Elefante si aggiungessero quelli della Pennsylvania (19) e dell’Arizona (11) e a quelli dell’Asino Georgia (16) Michigan (15), Minnesota (10) e Nevada (6) – questi risultando al sito gli Stati non attribuibili, ‘battlegrounds’ quindi gergalmente – il particolarissimo esito sarebbe per la prima volta raggiunto.

12 marzo 2024

Presidenziali del 1872

Le votazioni ebbero luogo il 5 novembre.
La partecipazione fu pari al settantuno e tre per cento degli aventi diritto al voto.
I due principali contendenti furono il Presidente in carica Ulysses Grant, repubblicano, e l’editore ed ex Rappresentante Horace Greeley.
I repubblicani si riunirono in Convention a Philadelphia e confermarono Grant all’unanimità.
La candidatura di Greeley fu approvata in una Convention tenutasi a Cincinnati del neonato Liberal Republican Party.
Il Partito Democratico, riunito a Baltimora, decise di appoggiare Greeley e pertanto non propose un proprio candidato.

Grant vinse in trentuno Stati ottenendo al Collegio Elettorale duecentoottantasei Elettori.
Il rivale vinse in sei Stati riportando sessantasei delegati.
Il totale dei componenti il Collegio Elettorale era all’epoca trecentocinquantadue.

Annotazioni.
Carl Schurz: il candidato impossibile
Tra i personaggi minori ma non troppo della Storia USA, un posto particolare merita Carl Schurz.
Già ambasciatore in Spagna, Senatore del Missouri, Generale durante la Guerra di Secessione e futuro Segretario agli Interni con Hayes e Garfield, il Nostro presiedette a Cincinnati nel 1872 la Convention del neonato Liberal Republican Party, una effimera ma in quel particolare momento importante formazione politica nata per cercare di impedire la rielezione di Ulysses Grant, la cui amministrazione era sotto accusa per questioni etiche.
Leader politico naturale, perché non sceglierlo come candidato alla Casa Bianca?
Semplicemente perché gli mancava uno dei requisiti richiesti dalla Costituzione: era, infatti, nato in Germania e non aveva pertanto la cittadinanza americana dalla nascita.
Fu così che al termine della citata e combattutissima (altri pretendenti di peso come il giudice David Davis, l’ambasciatore Charles Francis Adams e l’ex Ministro della Marina di Lincoln e di Andrew Johnson Gideon Wells avevano le carte in regola a loro volta) Convention la Nomination andò all’editore ed ex membro della Camera Horace Greeley, dipoi demolito da Grant a novembre.

1872, quando i voti dei Elettori necessariamente si dispersero
Horace Greeley – candidato democratico ma anche dell’effimero New Liberal Republican Party nel 1872 – detiene un particolarissimo primato.
Battuto nell’occasione dal repubblicano Ulysses Grant, Presidente uscente, venne a morte prima della riunione del Collegio Elettorale.
Fu così che gli Elettori a lui collegati, non potendolo votare, dovettero necessariamente esprimersi altrimenti.
Greeley è quindi nell’intera storia delle elezioni USA l’unico candidato che pur essendosi affermato in alcuni Stati non ha ufficialmente ricevuto alcun voto appunto in sede di Collegio.

12 marzo 2024

Urne aperte oggi 12 marzo

Centosessanta gli Electors in palio oggi 12 marzo in casa repubblicana.
Caucus nelle Hawaii e Primarie in Georgia, Mississippi e Washington.
Duecentocinquantaquattro quelli in discussione tra i democratici.
Primarie in Georgia, Mississippi e Washington, come tra i rivali, alle quali si aggiungono le Isole Marianne Settentrionali e i Democratici all’estero.
Nessuna possibile sorpresa: vinceranno Trump e Biden.
Unica incertezza: quanti si dichiareranno per l’Asinello ma non per il Presidente in cerca di conferma?

12 marzo 2024

La prima ‘vera’ First Lady

Detto che una particolare attenzione fu riservata dalla stampa dell’epoca alla giovanissima seconda moglie di John Tyler Julia Gardinier sposata in corso di mandato, occorse comunque del tempo prima che la consorte del Presidente (o la parente che ne fa le veci, come spesso è accaduto) venisse chiamata come siamo usi fare.
Martha Dandridge Custis, sposa del primo Presidente degli Stati Uniti d’America George Washington, difatti, ai tempi, era alternativamente denominata Lady Washington, Mrs. President o Mrs. Presidentress.
Non First Lady, quindi, anche se poi, abitualmente, così venne e viene definita.
Non First Lady pertanto – e veniamo al dunque – perché tale appellativo fu usato per la prima volta dal Presidente Zachary Taylor nel 1849 nella orazione funebre pronunciata al funerale di Dolley Payne Todd, vedova di James Madison.

Vanno sottolineate alcune particolarità in merito alle due ultime Signore citate.
Per cominciare, Martha in aramaico significa padrona di casa (non per niente la cognata di Ethan Edwards che lo accoglie nella costruzione familiare in tronchi all’inizio di The Searchers viene in questo modo chiamata da Frank Nugent) e, per quanto in effetti Lady Washington non abbia mai risieduto nella definitiva dimora presidenziale inaugurata dopo la fine del secondo mandato del coniuge ed anzi successivamente anche alla di lui dipartita, resta significativo che la moglie del primo Capo dello Stato americano si chiami proprio così.
Poi, Dolley Madison è la sola consorte di un Presidente USA che abbia dovuto precipitosamente scappare dalla dimora presidenziale.
Accadde il 24 agosto del 1814 allorquando le truppe inglesi impegnate sul territorio americano a combattere in quella che viene chiamata Guerra del 1812 (che, come si vede, si protrasse ben oltre quell’anno) o Anglo-Americana diedero fuoco all’edificio.
Leggenda vuole che la colazione preparata quella mattina per lei e per il marito sia stata consumata ancora tiepida dall’ufficiale comandante le in quella circostanza vincenti truppe britanniche.
Nessuna delle due, in effetti – ed è questa la ragione per la quale nel testo non si parla mai di White House – ha vissuto nella Casa Bianca quale a noi nota perché è appunto in conseguenza dell’incendio di cui abbiamo parlato che l’edificio verrà ricostruito e dipoi, sostanzialmente a causa del colore esterno, denominato

11 marzo 2024

Presidenziali del 1868

Le prime votazioni per la Casa Bianca dopo la fine della Guerra di Secessione.
Avviata la Ricostruzione, il Texas, il Mississippi e la Virginia non furono ammessi al voto.
Il 3 novembre, si recò alle urne il settantotto e uno per cento degli aventi diritto.
Gli Elettori erano duecentonovantaquattro e la maggioranza necessaria per vincere era pertanto fissata a centoquarantotto.
Motivo assoluto del contendere la Reconstruction, non essendo certamente arrivati a soluzione i problemi conseguenti al conflitto.

L’avventura del tutto particolare del Presidente uscente Andrew Johnson era destinata a terminare.
Vice di Lincoln per quanto democratico (Lincoln era repubblicano, ovviamente), inserito nel ticket elettorale del Presidente in corsa per un secondo mandato nel 1864 per dimostrare, a guerra civile in corso, che non tutti i democratici erano schierati con il Sud secessionista, succeduto a seguito dell’assassinio del titolare dell’incarico, sottoposto ad Impeachment e scampato alla procedura per il rotto della cuffia, Johnson non trovò udienza e il suo tentativo di ottenere una Nomination democratica andò fallito.

Al termine di una tormentata Convention tenuta a New York City, superate mille indecisioni, all’ennesimo tentativo, l’Asinello scelse l’ex Governatore del New York Horatio Seymour.
Con lui nel ticket il Rappresentante del Missouri Francis Preston Blair jr le cui improvvide uscite a proposito dei neri – dei quali contestava l’emancipazione – contribuirono certamente alla sconfitta.

Il Partito repubblicano, dal canto suo, pensò bene di andare sul sicuro candidando l’eroe nazionale del momento e vincitore della Guerra di Secessione Ulysses Grant.

Una campagna condotta sbandierando “la giubba insanguinata” dell’eroico ma incompetente candidato portò il GOP a conservare lo scranno presidenziale.
Il repubblicano in effetti vinse ma di stretta misura e se non avesse collezionato molti voti dei neri nel Sud sarebbe risultato certamente un Presidente minoritario, ovvero dotato di sufficienti suffragi al Collegio Elettorale ma sconfitto in termini di voto popolare.
In soldoni: Ulysses Grant ebbe duecentoquattordici Elettori contro gli ottanta di Seymour e prevalse in ventisei Stati su trentaquattro.

11 marzo 2024

Trump cento per cento!

Prima votazione in campo repubblicano dopo il ritiro di Nikki Haley.
Corre sabato 9 marzo.
Alle urne i repubblicani delle Samoa Americane.
Risultato: il tycoon prende il cento per cento dei voti espressi nel Caucus locale.
C’è da espettarsi che sarà pressappoco sempre così d’ora in avanti.

10 marzo 2024

Cinema (e Casa Bianca). I Presidenti USA sul grande schermo

John Quincy Adams – alla Casa Bianca dal 1825 al 1829 – a quel che mi risulta, non era mai stato rappresentato sul grande schermo fino al 1997, allorché Steven Spielberg lo collocò tra i protagonisti di ‘Amistad’ ed incaricò Anthony Hopkins di raffigurarlo non più in carica ma nelle vesti di membro della Camera (sconfitto dopo un solo mandato, non si ritirò se non brevemente e venne più volte eletto Parlamentare) e di avvocato antischiavista.
Altri Presidenti americani non hanno mai avuto l’onore nemmeno di una citazione da parte dei cineasti di Hollywood.
John Tyler (che pure è colui che ha unito il Texas agli USA).
Millard Fillmore (per il vero, sbiadito, per quanto all’origine dell’apertura commerciale del Giappone).
Warren Harding (che era invece un divertente ed impenitente ‘manigoldo’, di una qualche ignoranza ma decisamente amato dal popolo, che – dicono – pensava al gioco e alle donne molto più che alla politica).
Il Capo dello Stato e, insieme, il personaggio storico maggiormente rappresentato è invece Abraham Lincoln con circa centoquaranta film (l’ultimo dei quali anch’esso ad opera di Steven Spielberg, con due grandi interpreti, Daniel Day Lewis e Sally Field) senza contare i documentari.
Niente male, poi, Ulysses Grant (più nelle vesti di Generale a capo dei Nordisti, però) e i due Roosevelt (magnifico Brian Keith nella caratterizzazione di Theodore Roosevelt nel coinvolgente ‘Il vento e il leone’ di John Milius).
Poche, per il vero e di contro, le pellicole importanti o almeno di un qualche pregio che la cosiddetta Mecca del Cinema ha ambientato nel vivo di una campagna elettorale (non necessariamente solo per White House), nell’ambito di una Convention o che ha dedicato ad illustrare i meccanismi che regolano i rapporti tra Presidenza e Congresso.
Notevole, e di qui conviene partire, la descrizione che dei processi di selezione dei candidati (appunto dalla candidatura alle Primarie) e delle contrapposizioni tra democratici e repubblicani (che, per inciso, essendo normalmente invisi ad Hollywood, raramente vengono rappresentati al meglio) dà l’ottimo ‘Il candidato’, girato da Michael Ritchie nel 1972, scritto da Jeremy Larner ed interpretato da Robert Redford.
È la storia di un ‘figlio di papà’, avvocato e progressista in qualche modo ‘kennediano’, convinto a correre per il Senato nazionale in rappresentanza della California.
Puro ed adamantino, vincerà accettando, ahilui, molti se non tutti i compromessi della politica.
Divertente – ma siamo anche qui ad affrontare una campagna per un posto in uno dei due rami del Congresso – ‘Ciao Julia, sono Kevin’, realizzato nel 1994 da Ron Underwood, nel quale Geena Davis e Michael Keaton si calano benissimo nei panni di due scrittori di discorsi elettorali, ovviamente l’uno democratico e l’altro repubblicano, il cui operato ci fa ben comprendere quanto poco contino le idee (se pure esistono) del candidato che, per il solito, altro non fa pubblicamente che leggere quel che un ignoto ghostwriter ha scritto per lui
Primarie e Caucus fanno da sfondo al mediocre ‘I colori della vittoria’ (1998), di Mike Nichols.
John Travolta ed Emma Thompson sono praticamente, anche se non ufficialmente, Bill ed Hillary Clinton e la storia narrata (ripresa da un best seller in origine anonimo vergato da un collaboratore per l’occasione del futuro Presidente) è quella della campagna elettorale del 1992 che consentì allo sconosciuto ex Governatore dell’Arkansas di arrivare a Washington.
Splendido affresco in un magnifico bianco e nero di una convention ‘L’amaro sapore del potere’, sceneggiato dal grande Gore Vidal per il solidissimo Franklin Schaffner nel 1964 sulla base di una propria opera teatrale.
Henry Fonda (il ‘buono’) e Cliff Robertson (il ‘cattivo’) si confrontano senza esclusione di colpi nel mentre i delegati cercano di capire chi tra i candidati (c’è un ‘terzo incomodo’) sia davvero ‘The best man’, l’uomo migliore, adatto a reggere le sorti della nazione.
Infine, e tralasciando il mediocre e assai più recente ‘The butler – un maggiordomo alla Casa Bianca’ (pellicola nella quale peraltro si salva un buon Forest Whitaker), niente di meglio per capire le regole del ‘gioco’ nella capitale federale che ‘Tempesta su Washington’ (1962), di Otto Preminger, ultima apparizione di quel magnifico attore che fu Charles Laughton che dipinge un indimenticabile ritratto di un vecchio, terribile senatore, e interpretato da Henry Fonda, Walter Pidgeon, Don Murray, Peter Lawford, Gene Tierney.
Come funziona il Senato?
Cosa fa il Vice presidente?
Come ci si comporta nelle Commissioni Congressuali?
Chi è il leader di maggioranza?
Chi la ‘Frusta’?
E mille altri interrogativi trovano qui, nel corso di svolgimento di una avvincente trama, una bella risposta.

10 marzo 2024

Presidenziali del 1864

Le operazioni di voto si svolgono l’8 novembre e la percentuale dei votanti è pari al settantatre e otto per cento degli aventi diritto.
Gli Elettori sono in totale duecentotrentatre.
Venticinque gli Stati coinvolti.
Data la guerra in corso, sono ovviamente esclusi i territori secessionisti.
Peraltro, la Louisiana e il Tennessee, al momento sotto il dominio del Nord, partecipano anche se i loro delegati non vengono conteggiati.

Il Partito Democratico, riunito a Chicago, opta per il generale George McClellan.
Il Partito Repubblicano, in principio diviso come vedremo fra poco, infine conferma a Baltimora il Presidente uscente Abraham Lincoln.

Visto il momento, i GOP decidono di presentarsi come National Union Party e, per dimostrare apertura nei confronti dei pochi democratici che si erano opposti alla Secessione, di candidare alla Vice Presidenza Andrew Johnson, già Governatore del Tennessee nel periodo prebellico e al momento Governatore Militare dello stesso Stato.
Per inciso, il secondo mandato di Lincoln durerà quarantadue giorni, dall’insediamento, il 4 marzo 1865, all’assassinio, il 15 aprile successivo.
Solo il mandato di William Harrison – trenta giorni dal 4 marzo al 4 aprile 1841 – è più breve.

Annotazioni
Giugno 1864: i repubblicani, come si è detto, ricandidano Abraham Lincoln.
Nel mentre, la Guerra di Secessione è ancora in pieno corso e le prospettive di vittoria del Nord non sembrano poi molte.
Non pochi, e in primo luogo parecchi democratici, non disdegnerebbero l’apertura di trattative con il Sud per arrivare a una onorevole pace.
Ad agosto, il partito dell’Asino, per quanto non decisamente, abbraccia quest’idea e candida a White House il generale George B. McClellan, già al comando dell’armata del Potomac.
McClellan accetta pur dubitando della strategia ipotizzata che prevede dapprima l’armistizio e in seguito la convocazione di una assemblea nazionale destinata a ricostituire l’unità degli Stati Uniti.
I fermenti in atto nel GOP addirittura prima della conferma di Lincoln quale candidato, fermenti promossi da repubblicani radicali che invece volevano che il conflitto proseguisse e che ritenevano i progetti del Presidente uscente per il dopoguerra troppo benevoli nei confronti degli Stati secessionisti, erano sfociati a maggio in una Convenzione di dissidenti che aveva scelto come terzo nella corsa verso la Casa Bianca il generale John Fremont.
Era costui, ai fini della candidatura, un ‘cavallo di ritorno’ essendo stato nel precedente 1856 (e non va dimenticato che il GOP era nato solo nel 1854) il primo repubblicano impegnato in una campagna presidenziale.
Sconfitto, per quanto dignitosamente, da James Buchanan, Fremont era rimasto dipoi a lungo nelle retrovie – anche nel corso della guerra – e tornava ora all’improvviso alla ribalta.
Uomo dai trascorsi brillanti – cartografo, esploratore, primo Senatore eletto della California che aveva contribuito a liberare nella guerra contro il Messico e alla cui entrata nell’Unione aveva dato un particolare contributo – costituiva un serio pericolo per Lincoln, al quale poteva sottrarre un buon pacchetto di voti e di delegati.
Ma il destino decise diversamente, dato che, all’improvviso, il conflitto, che pareva dovesse durare all’infinito, volse decisamente a favore del Nord.
Il 2 settembre, difatti, dopo lunghe settimane d’assedio, William Sherman conquistava Atlanta.
L’effetto di tale impresa fu straordinario e i repubblicani, su questa spinta, ritrovarono la propria compattezza.
John Fremont ritirò la candidatura e a novembre Lincoln vinse in tutti gli Stati dell’Unione meno tre.

10 marzo 2024

Particolarità: Elettori divisi in Maine e Nebraska

In tutti gli Stati USA tranne due, gli Elettori (iniziale maiuscola per distinguerli da quelli comuni avendo il compito di eleggere effettivamente il Presidente votando nel Collegio che vanno a formare) sono scelti con il winner-take-all method.
Il candidato che vince il voto popolare cioè riceve tutti delegati al citato Collegio ai quali ha diritto quello Stato.
Il Maine e il Nebraska hanno però adottato un approccio diverso.
Usando il congressional district method, assegnano due Elettori al vincitore del voto popolare dello Stato e uno al vincitore sempre per voto popolare in ogni distretto congressuale (che sono due nel Maine e tre in Nebraska).
Ciò crea differenti concorsi di voto popolari in questi ambiti che possono portare a un voto elettorale diviso.

Il Maine ha emanato questa regola prima delle elezioni presidenziali del 1972, mentre il Nebraska l’ha emanata a partire dalle elezioni del 1992.
La prima divisione negli esiti è avvenuta nelle elezioni del 2008.
Quell’anno, Barack Obama ha vinto il secondo distretto del Nebraska (Omaha e i suoi sobborghi), ottenendo un Elettore democratico in quello stato per la prima volta dal 1964.
Il Maine ha avuto la sua prima scissione nel 2016, quando Donald Trump ha vinto il secondo distretto che copre la maggior parte dello Stato lontano da Portland, Augusta e dalle vicine aree costiere.
In tutto lo Stato, il Maine ha votato per l’ultima volta repubblicano nel 1988.

Nel 2020, il Distretto 2 in ognuno dei due Stati è stato vinto dal candidato del partito perdente del voto popolare totale.
I due voti si sono quindi effettivamente annullati a vicenda.

La mappa elettorale del 2024 prevede ancora la divisione tra voto statale e distrettuale.

Si tenga presente che in assenza di un voto significativo di terze parti è matematicamente impossibile per il vincitore del voto popolare dello Stato farlo senza vincere almeno un distretto.

10 marzo 2024