I delegati conquistati al 28 febbraio dai candidati alle Nomination

A ieri, 28 febbraio 2024, la situazione interna ai due partiti quanto alla conquista dei delegati alla Convention vede
Joe Biden, in campo democratico, con 206 eletti sui 1968 necessari per la maggioranza assoluta
Donald Trump, tra i repubblicani, con 122 sui 1215 occorrenti per essere nominato.
Come si evince, i due partiti raduneranno un differente numero di delegati.

29 febbraio 2024

Patriarcato e matriarcato con particolare riferimento agli USA

Una interessante teoria sostiene che il successo sociale di un gruppo sia determinato dall’adozione del patriarcato.
“Se l’elemento decisivo dello sviluppo della civiltà risiede nella forza del ruolo paterno, le società e i gruppi più forti avranno un padre forte e viceversa”.
Così si afferma dopo avere dimostrato come il concetto di paternità – contrariamente a quello, naturale e innato nell’uomo, di maternità – sia acquisito e conseguentemente, per così dire, regredibile, degradabile.
Guardando specificamente agli Stati Uniti, viene proposto il paragone – ritenuto decisivo – tra Puritani ed Ebrei da un lato e Afroamericani dall’altro.
La vocazione assolutamente patriarcale dei primi due gruppi spiega il loro successo sociale.

(Personalmente, opino che tale valutazione, in astratto e in altri tempi condivisibile, sia alquanto datata e riferita a momenti storici oramai lontani.
Oggi e non da oggi, per quanto i citati Puritani e gli Ebrei cerchino di resistere, la ‘modernità’ mina le basi stesse del loro essere).

Ancora argomentando in merito, la crisi del Puritanesimo – e qui non tratto degli Ebrei da sempre maggiormente vicini ai democratici – è altresì causa di un sia pure combattuto declino del Partito Repubblicano americano, partito nel quale gli ‘WASP’ – ‘bianchi, anglo-sassoni, protestanti’ – si sono negli ultimi decenni costantemente riconosciuti.
Tema quest’ultimo che andrebbe – e in altra sede ho – ampiamente discusso e trattato).

Quanto agli Afroamericani, le ragioni della marginalizzazione del sottoproletariato che in larga parte li rappresenta stanno nella loro organizzazione, all’opposto, matriarcale.
Matriarcale – si insiste – in conseguenza e ragione dello schiavismo.
“Con lo schiavismo, il padre è caduto nell’oblio perché i suoi diritti non erano più riconosciuti e i suoi doveri non erano più insegnati, mentre l’istituzione materna restava intatta: la madre non poteva essere separata dal figlio al momento della vendita, al contrario del padre.
La spina dorsale della famiglia nera era così spezzata e lo sarebbe rimasta per secoli”.

Lapidaria sul tema afroamericani da questo punto di vista la conclusione consistente ‘semplicemente’ nel ricordare la norma che riteneva libero chi nascesse da madre libera e schiavo chi nascesse da madre schiava!

29 febbraio 2024

Presidenziali del 1824

La più interessante, tempestosa e ricca di conseguenze tra le cinquantanove tornate elettorali nell’intera storia degli Stati Uniti d’America, quella datata 1824.
I seggi furono aperti dal 26 ottobre al 2 dicembre.
Tutti e quattro i candidati alla fine (alla fine, perché altri due si ritirarono prima del voto: il Ministro della Marina Smith Thompson e quello della Guerra John Calhoun) in corsa appartenevano al Partito Democratico-Repubblicano.
Il georgiano William Crawford – fra l’altro, designato a succedergli dall’uscente James Monroe nel cui gabinetto era Segretario al Tesoro – era stato scelto in una riunione partitica il cui esito non era piaciuto a molti.
Nacque così la candidatura alternativa del Segretario di Stato in carica John Quincy Adams.
Nel contempo, il Parlamento del Kentucky propose per lo scranno lo Speaker della Camera Henry Clay.
Per finire, il Parlamento del Tennessee indicò quale proprio candidato il Generale Andrew Jackson, eroe di mille battaglie e fino a quel momento estraneo all’agone politico.

Terminato lo spoglio delle schede, il Collegio Elettorale risultò composto da novantanove Elettori legati a Jackson, da ottantaquattro vicini a J.Q. Adams, da quarantuno connessi a Crawford e da trentasette seguaci di Clay.
Essendo duecentosessantuno gli Elettori, nessuno si era neppure avvicinato alla maggioranza assoluta richiesta di centotrentuno.

Come disposto dal XII Emendamento del 1804, la scelta (è questa l’unica volta nella quale il testo al riguardo del citato Emendamento ha trovato attuazione dato che l’apparente precedente del 1800 già trattato è occorso ovviamente prima del 1804) fu demandata alla Camera dei Rappresentanti che il 9 febbraio 1825 si pronunciò a favore di Adams avendo Clay (quarto classificato e pertanto escluso secondo il disposto costituzionale che imponeva il ballottaggio solo tra i tre più votati) dirottato sul Ministro degli Esteri gli Elettori che controllava.
In contropartita, nel futuro gabinetto, la medesima poltrona degli Esteri.

Seguirono contestazioni a non finire ad opera di Jackson e quattro anni di furiose lotte e contrapposizioni.
Dalla spaccatura provocata dall’esito della votazione Camerale, in crisi profonda i democratici-repubblicani, nacque il Partito Democratico.
Per inciso, Vice di J.Q (il Presidente che nella storia ha catturato percentualmente il minor numero di voti popolari: solo il trenta e novantadue per cento) sarà John Calhoun.

Occorre in questo frangente parlare anche della precocemente dissolta candidatura come Vice dell’ex grande Segretario al Tesoro Albert Gallatin.
Costui era in verità nato nel 1761 a Ginevra, nell’attuale Svizzera (Ginevra entrerà nella Confederazione nel 1815).
Essendo venuto al mondo prima della Dichiarazione di Indipendenza del 4 luglio 1776, poteva aspirare alla carica presidenziale come a quella vice presidenziale anche non potendo contare sulla cittadinanza americana dalla nascita, requisito evidentemente non proponibile nei primi decenni di esistenza dell’Unione.

Annotazioni
Nato ed ‘allevato’ per la Presidenza come nessuno mai prima o dopo di lui, John Quincy Adams la conquistò nel 1824 al termine della contrastatissima campagna elettorale sopra descritta.
Quello citato è l’unico caso nel quale un candidato sia arrivato alla Presidenza avendo perso sia per voti popolari che per ‘voti elettorali’.

In quattro diverse occasioni, invece, lo sconfitto, a livello nazionale, per voti popolari ha ottenuto un numero maggiore di delegati così da risultare eletto.
Eccole: nel 1876, Rutherford Hayes; nel 1888, Benjamin Harrison; nel 2000, George Walker Bush; nel 2016, Donald Trump.
Tutti e quattro repubblicani!

Per inciso, J. Q. A. fu il primo figlio o discendente o coniuge di un Presidente a cercare di percorrere la stessa strada del padre o dell’avo o del marito (qui il riferimento è evidentemente a Hillary Rodham Clinton) arrivando alla Nomination.
Dopo di lui, Benjamin Harrison nipote di William Harrison, George Walker Bush figlio di George Herbert Bush e la or ora citata Hillary.
Il secondo Harrison e il secondo Bush sono riusciti nell’intento.
Non così la Signora Clinton.

In questo ambito, va altresì ricordata la ripetuta e vana candidatura nelle fila repubblicane tra gli anni Quaranta e i primi Cinquanta del Novecento del Senatore Robert Taft, figlio del Presidente William Taft, costantemente respinto dal GOP in sede di Primarie o di Convention.

29 febbraio 2024

Primarie in Michigan

Siamo tutti sostanzialmente proiettati verso il Super Tuesday in programma il prossimo 5 marzo.
Quindici gli Stati a quel mentre chiamati in causa.
Non seguiamo se non con occhio meno attento, quindi, le vicende nei membri dell’Unione che quanto al voto si collocano temporalmente tra le passate Primarie GOP del South Carolina e la predetta data che dovrebbe mettere fine ai giochi.
Ieri 27 si è comunque espresso il Michigan.
Nei due campi i rispettivi front runner (Biden e Trump, occorre ripeterlo?) hanno strabattuto i rivali (Haley ha fatto peggio della precedente convocazione alle urne).
Tutti e due, però, con qualche piccola (?) ferita.
L’elettorato interno, per una ragione o per l’altra (perché costretto? anche) li preferisce ma buona parte degli indipendenti e frange dei loro stessi movimenti non sono con loro.
Pare proprio che gli americani si sentano obbligati a fare di necessità virtù!

28 febbraio 2024

Il candidato più alto

Da sempre, si sostiene che alla fine, quali che siano i programmi e le personalità, ad approdare alla Executive Mansion sia il candidato più alto.
Ebbene, nel 2016, molti erano i miei dubbi riguardo alle reali possibilità di vittoria di Hillary Rodham Clinton.
Tra l’altro, storicamente, non era mai successo prima (con l’eccezione del caso Franklin Delano Roosevelt che evidentemente era una sola persona) che dopo due mandati ricoperti da un Presidente democratico il successore fosse un suo collega di partito e nel caso, dovendo far seguito a Barack Obama, avrebbe dovuto accadere.
Quel che però decisamente convinceva era che Hillary era molto più bassa di Donald Trump!

28 febbraio 2024

Presidenziali del 1820

Per la terza volta – le prime due (peraltro con un regolamento diverso dovuto alla inesistenza del ticket come già illustrato in precedenza) in occasione delle candidature di George Washington nel 1788/89 e nel 1792 – nella storia delle elezioni presidenziali USA per la carica di Capo dello Stato viene designata una sola persona.
Dissolto praticamente il Partito Federalista, non ancora dure e divisive le lotte tra fazioni all’interno del Partito Democratico/Repubblicano (succederà a breve, già quattro anni dopo e in maniera epocale), il Presidente uscente James Monroe ottiene la Nomination senza colpo ferire.
Con lui, nel ticket, nuovamente Daniel Tompkins.

Si vota tra l’1 novembre e il 6 dicembre e tutti i componenti il Collegio Elettorale, al momento opportuno, si esprimono per Monroe.

Tutti, davvero?
No.
Uno dei Elettori del New Hampshire (ed è un politico di peso, già Senatore e Governatore del suo Stato) di nome William Plumer si esprime a favore di John Quincy Adams, Segretario di Stato in carica e, fra l’altro, vero autore della cosiddetta ‘Dottrina Monroe’.
Molti studiosi accreditano la voce che Plumer abbia in tal modo operato per impedire che l’elezione del Presidente uscente fosse paragonabile a quelle del Padre della Patria Washington in quanto ottenuta all’unanimità.
Pare, invece, che il delegato del New Hampshire non avesse affatto una buona opinione di Monroe e che effettivamente gli preferisse il figlio del secondo Presidente.
Il medesimo Plumer, poi, quanto alla Vice Presidenza, non volendo Tompkins, vota a favore di Richard Rush, già Attorney General.

D’altra parte, oltre al suffragio dell’ex Governatore, Tompkins – peraltro, confermatissimo – dovette fare a meno in sede di Collegio Elettorale anche di un certo non molto sostenuto numero di voti andati a Richard Stockton, ex Senatore del New Jersey, a Daniel Rodney, ex Governatore del Delaware, e a Robert G. Harper, a sua volta già Senatore del Maryland.

28 febbraio 2024

Particolarità del Maine e del Nebraska quanto alle Presidenziali

Sapete, il Maine e il Nebraska, essendo il sistema elettorale in merito di competenza locale, non regolato federalmente, nominano il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre dell’anno bisestile i propri Elettori (iniziale maiuscola per distinguerli da quelli comuni dato che nel Collegio che compongono eleggono effettivamente il Presidente il primo lunedì dopo il secondo mercoledì del dicembre seguente) con una procedura diversa rispetto al winner takes all method assoluto – che comporta l’assegnazione di tutti gli eligendi al vincitore per voti popolari – adottato dagli altri Stati e dal District of Columbia.
Hanno Maine e Nebraska determinato di scegliere due Elettori a livello statale e i rimanenti (due per il primo dei due Stati citati e tre per il secondo) dividendo il proprio territorio in Distretti.
Capita così che uno (con estrema difficoltà, praticamente mai, due) degli Electors nominati vada in direzione opposta.
Nelle votazioni del 2020, per esempio, nello Stato con capitale Lincoln (tendenzialmente repubblicano) gli eletti sono risultati quattro per il Grand Old Party e uno per i democratici, mentre in quello con capitale Augusta (piu vicino all’Asinello che ai repubblicani) tre i prescelti democratici e uno dell’Elefantino.
Guardando oggi 27 febbraio la Interactiv Map che propone 270towin (1), l’autorevole sito americano che si occupa di tale argomento, la previsione quanto al 5 novembre è la stessa.

(1) 270towin dato che duecentosettanta è il numero di Elettori corrispondente alla maggioranza assoluta dei componenti il loro Collegio, essendo in totale cinquecentotrentotto.
D’altra parte, proprio 538 FiveThirthyEight si denomina il differente sito che propone con bella cadenza in particolare la media di tutti i più autorevoli sondaggi su base nazionale.

28 febbraio 2024

Nixon e la Cina prima della ‘Diplomazia del ping pong’

Ben lungi dall’essere qualcosa di non ponderato, ben lungi dall’essere un colpo d’ala, l’idea di allacciare rapporti con la Cina comunista di Mao era nella mente di Richard Nixon da tempo, addirittura dall’anno precedente la campagna elettorale del 1968.
Ne aveva infatti scritto nell’ottobre 1967 in ‘Foreign Affairs’.
Una volta in sella, il Presidente repubblicano operò compiutamente in tale direzione.
Certamente, fra i molti provvedimenti, tra le molte iniziative intraprese, importante oltre ogni dire la decisione di votare contro ma di non porre il veto alla risoluzione dell’ONU che ammetteva nel consesso la Cina nel contempo includendola al posto di Taiwan nel Consiglio di Sicurezza.

Correva l’anno 1971 che, in quest’ambito, sarà caratterizzato dalla strombazzata visita della squadra americana di tennis da tavolo nel paese asiatico (la cosiddetta ‘Diplomazia del ping pong’) e soprattutto dalla missione segreta in quelle bande di Henry Kissinger tra il 9 e l’11 luglio, missione tesa a preparare la successiva, storica visita, annunciata il 15 luglio, del Presidente USA.

E’ tra il 21 e il 28 febbraio 1972, quindi, che gli Stati Uniti d’America e la Cina maoista davvero si incontrano superando barriere ideali, ideologiche, politiche e sociali di grande conto.
Si mirava alla costruzione di un clima di fiducia e successivamente si opererà in tal senso.

27 febbraio 2024

Le ‘Figure’ relative agli anni elettorali

La ‘figura’ è il numero compreso tra uno (1) e nove (9) al quale è riconducibile qualsiasi altro numero, per quanti termini lo compongano, zero (0) escluso.
Orbene, ovviamente, così è anche guardando alle date degli anni elettorali americani che – lo ricordiamo – dalla seconda evenienza del 1796 (la prima, 1788/1789, è del tutto anomala e non è qui da considerare) corrispondono ai bisestili.

In questo specifico ambito, la sequenza delle ‘figure’, a declinare dal 2024 al 1992 (la nona appunto scendendo, dato che – lo si è detto – nove sono le ‘figure’) si ripete costantemente ed è: 8, 4, 9, 5, 1, 6, 2, 7, 3.
(Naturalmente, salendo da 1992 a 2024, l’ordine è invertito: 3, 7, 2, 6, 1, 5, 9, 4, 8.).

Più chiaramente:
2024 è 2 più 2 più 4 uguale 8
2020, 2 più 2 uguale 4
2016, 2 più 1 più 6 uguale 9
2012, 2 più 1 più 2 uguale 5
2008, 2 più 8 uguale 10 e poi 1 più 0 uguale 1
2004, 2 più 4 uguale 6
2000, uguale a 2
1996, 1 più 9 più 9 più 6 uguale a 25 da cui 2 più 5 uguale a 7
1992, 1 più 9 più 9 più 2 uguale a 21 dove 2 più 1 è uguale a 3.

Altrettanto – si ribadisce – riguardo a tutte le date nell’ordine decrescente seguenti fino ad arrivare all’indicato 1792 che sommando 1, 7, 9 e 2, è pari a 19, laddove 1 più 9 dà 10 e infine 1 più 0 è uguale a 1.

‘Corretto’ che, partendo dalla prima volta, la serie delle ‘figure’ – che da qui a salire è 1, 5, 9, 4, 8, 3, 7, 2, 6 – sia inaugurata proprio dall’uno (1).

Ci si chiede se alla determinazione della data annuale che ha dato il via tale considerazione abbia in qualche modo contribuito.

27 febbraio 2024

Presidenziali del 1816

Si vota dall’1 novembre al 4 dicembre.
I membri del Collegio Elettorale sono duecentodiciassette e la maggioranza assoluta è quindi fissata a centonove.
L’ex due volte invano candidato alla Vice Presidenza Rufus King sarà nella circostanza l’ultimo federalista in lizza per la carica di Capo dello Stato e non se la caverà brillantemente visto che vincerà solo in tre Stati e riporterà appena trentaquattro Elettori (con l’iniziale maiuscola per distinguerli da quelli comuni avendo essi il compito di eleggere effettivamente il detentore del potere esecutivo).

Il campo democratico-repubblicano era in un particolare momento, assai favorevole, in quanto accreditato della cosiddetta ‘vittoria’ contro gli inglesi nella Guerra del 1812.
Per il vero, il conflitto in questione era terminato senza vinti né vincitori con la firma del Trattato di Pace il 24 dicembre 1814 in quel di Gent (o Gand) in Belgio.
Visto che, ovviamente, all’epoca, le notizie arrivavano dopo giorni e giorni al di là dell’Atlantico, agli inizi di gennaio del successivo 1815, a New Orleans, gli americani e gli inglesi diedero luogo a una ultima battaglia (che, stando al Trattato predetto, non avrebbe mai dovuto avere svolgimento) vinta clamorosamente dai primi per l’occasione guidati dal Generale Andrew Jackson.

Era certa pertanto la vittoria nelle elezioni di un candidato democratico repubblicano e fu all’interno del partito oramai dominante che si lottò duramente.
Alla fine, restati in campo James Monroe – Segretario di Stato con Madison – e William Crawford – Ministro della Guerra nello stesso Governo – potendo il primo contare anche sul sostegno dei due predecessori Jefferson e Madison (quest’ultimo, come George Washington e lo stesso Thomas Jefferson, non aveva cercato un terzo mandato), vinse sia pure non facilmente ottenendo la Nomination.

Molto più facile la contesa finale: contro King vincerà in ben sedici Stati ottenendo centoottantatre voti al Collegio.
Con lui, alla Vice Presidenza, il Governatore del New York Daniel Tompkins.

Per la storia, Monroe è l’ultimo dei Padri della Patria che arriva a Washington per occupare il più alto scranno e l’ultimo Presidente della cosiddetta ‘dinastia della Virginia’ (dei suoi predecessori, solo John Adams, del Massachusetts, non era di origini appunto virginiane).

27 febbraio 2024