Road to 270: Combination Detail al 7 febbraio 2024

Premessa. Si ricorda che essendo gli Electors – i delegati statali che effettivamente eleggono il Presidente il primo lunedì dopo il secondo mercoledì del mese di dicembre successivo alle votazioni novembrine fissate dal 1848 al primo martedì dopo il primo lunedì del penultimo mese dell’anno bisestile, nelle quali vengono loro stessi eletti – in totale cinquecentotrentotto, la maggioranza assoluta da raggiungere da parte dei candidati è pari a duecentosettanta e che questa è la ragione per la quale Road to 270 è correttamente il titolo di questo articolo.
Ovviamente, la situazione può mutare radicalmente da qui all’apertura delle urne il 5 novembre.

La mappa interattiva curata quotidianamente dal sito 270towin mostrava ieri febbraio la seguente situazione:
255 gli Electors attribuibili ai democratici
216 ai repubblicani.

Essendo incerte le attribuzioni di cinque Stati per totali 67 Electors, le combinazioni minime (non vincendoli tutti) per arrivare alla meta dell’Asinello necessitavano di aggiungere
la Pennsylvania (19 delegati)
o la Georgia (16)
o il Michigan (15)
o la combinazione
Arizona (11) e Nevada (6).

Quanto al Grand Old Party: obbligo di conquistare
Pennsylvania
Georgia
Michigan e
Nevada
(tutti e quattro)
e arriverebbe a 272.
Se in luogo del Nevada vincesse in Arizona toccherebbe i 277.

Come si vede, ieri (oggi o domani chissà?), i giochi sembrano pressoché fatti per il candidato democratico.

8 febbraio 2024

Unicità di Michael Dukakis

Michael Dukakis è il solo ed unico candidato alla Presidenza USA non discendente da nordeuropei tra quanti hanno ottenuto la Nomination di uno dei due parti maggiori essendo entrambi i suoi genitori greci.
Barack Obama, figlio è vero di un Luo keniano, difatti, per parte di madre lo era.
Dukakis risulta essere l’ultimo candidato democratico – sconfitti compresi – che non supera i duecento Electors (con l’iniziale maiuscola per distinguerli da quelli comuni) conquistandone solo cento undici su cinquecento trentotto.
Volendo, è altresì il solo una cui cugina attrice abbia ricevuto nello stesso anno della sua candidatura un Premio Oscar: Olimpia Dukakis, per Stregata dalla Luna.

8 febbraio 2024

Nevada caos 2  

Così non molto tempo fa si intitolavano i sequel.
Abbiamo detto in un precedente articolo che nel Nevada quest’anno i candidati repubblicani alla Nomination si confrontavano sia nelle Primarie (decise da una legge locale) che nei Caucus (comunque organizzati dal partito) e che Nikki Haley avrebbe partecipato il 6 febbraio (ieri, e vedremo come è andata) alle prime mentre Donald Trump l’8 ai secondi.

Dobbiamo ora aggiungere che le regole dettate per tutte e due le consultazioni elettorali sono particolari per altri versi.
I votanti nelle Primarie potevano anche esprimersi per “Nessuno di questi candidati” (e, ecco il promesso risultato molto deludente per l’ex Ambasciatrice, più della metà lo hanno fatto).
Per essere in corsa nei Caucus occorreva invece pagare una tassa di ben 55.000 dollari al GOP.

Domani Trump vincerà plebiscitariamente ma, occorre pur dirlo, quello dello Stato con capitale Carson City è un pastrocchio semplicemente da dimenticare.

7 febbraio 2024

Pensare tutto il male possibile dell’avversario: John Quincy Adams e Andrew Jackson 

Il testo che segue è stato scritto da Henry Adams nipote di John Quincy ed è relativo alla defenestratrazione del medesimo ad opera di Andrew Jackson nella travagliatissima campagna per la Executive Mansion del 1828:
“Al pari di Mosè e di una schiera di riformatori ed idealisti, John Quincy Adams aveva sognato, con la sua interpretazione del pensiero divino quale si manifesta nella Natura, di stringere ‘un patto con Dio’ e di rigenerare in tal modo l’Umanità.
Sapeva di essere stato al patto, anche fin troppo, per quello che lo riguardava.
E invece, quando si era venuti alla prova, Dio lo aveva abbandonato e aveva reso possibile il trionfo di Andrew Jackson che, per Adams era la materializzazione del ‘principio del male’…
Che impersonava l’incarnazione della pubblica ladreria…”

J. Q. – che non parteciperà alla cerimonia di Insediamento del rivale – era in effetti l’ultima incarnazione della schiera di “semidei”, come li aveva definiti Thomas Jefferson (che ovviamente ne faceva parte), che avevano ideato ed edificato gli Stati Uniti, una aristocrazia che Jackson, in effetti rappresentando l’emergente e ancora decisamente rozza borghesia, aveva in quel 1828/29 in qualche modo messo definitivamente nell’angolo.

7 febbraio 2024

A Washington una tempesta di neve segna la nascita del partito Democratico 

Ventiquattro i membri dell’Unione i cui abitanti sono convocati alle urne nel 1824, esattamente da martedì 26 ottobre a giovedì 2 dicembre (è a far luogo dal 1848 negli Stati Uniti si vota in un solo giorno).
Nella circostanza, gli Electors ai quali spetta l’effettiva nomina del Presidente risultano divisi tra quattro candidati (tutti appartenenti al partito Democratico/Repubblicano allora dominante) nessuno dei quali raggiunge la maggioranza nel Collegio che li riunisce. Come normativa vuole ed accade, unicum nella storia delle Presidenziali americane, l’elezione del Capo dello Stato viene demandata alla Camera dei Rappresentanti che provvede attraverso ballottaggi riguardanti i primi tre classificati.
Il voto è nel caso espresso per delegazione decidendo i Rappresentanti di ciascuno Stato al proprio interno per chi votare e valendo tutti i componenti l’Unione uno a prescindere dal numero dei rispettivi abitanti che fino ad un attimo prima li distingueva quanto ad importanza e peso elettorale.
Per quanto la distribuzione dei citati Electors veda Andrew Jackson prevalere, benché il medesimo Generale abbia anche vinto relativamente il voto popolare, la votazione camerale, in particolare ad opera di Henry Clay, quarto classificato ed escluso per legge dalla contesa, si conclude subito a favore di John Quincy Adams, a quel mentre Segretario di Stato.
L’esito è il seguente:
Adams tredici Stati, maggioranza assoluta, Jackson sette
Crawford quattro.
È il 9 febbraio 1825 e una tempesta di neve investe Washington.
La violenza atmosferica bene rappresenta quanto di politicamente tempestoso sta per accadere.
Il citato partito Democratico-Repubblicano che dalla prima affermazione di Thomas Jefferson datata 1800 domina il Paese si avvia a dissoluzione.
I sostenitori di Jackson che ritengono tradita la volontà popolare di lì a poco fanno nascere il partito Democratico che arriverà al governo concretamente il 4 marzo 1829 (1) giorno dell’Insediamento dello stesso Generale che l’anno prima ha defenestrato (2) Adams.

(1) è solo a partire dal 1937, anno successivo alla seconda elezione di Franklin Delano Roosevelt, che la cerimonia di Insediamento ha luogo il 20 gennaio.

(2) la contrapposizione d’oggi tra Joe Biden e Donald Trump è nulla paragonata a quella tra J. Q. Adams e Jackson.

7 febbraio 2024

Nevada caos

Oggi 6 febbraio si vota nelle Primarie repubblicane nelle quali non è iscritto Donald Trump.
Dopodomani 8 febbraio ecco i Caucus GOP e tra i candidati non appare il nome di Nikki Haley.
Contrasti tra il legislativo locale e la direzione nazionale del partito repubblicano all’origine del patatrac.

Ciò detto e considerato comunque che gli Electors spettanti sono relativamente pochi, questa la storia elettorale quanto alle Presidenziali dello Stato con capitale Carson City entrato nell’Unione il 31 ottobre 1864.

Si noterà che dal 1992 si è espresso sei volte per i democratici e due (quando era candidato George Walker Bush) per gli Elefantini.
Governatore è però dal 2023 Joe Lombardo, GOP di ascendenze italiane.

1864: Repubblicano (Lincoln)
1868: Repubblicano (Grant)
1872: Repubblicano (Grant)
1876: Repubblicano (B. Hayes)
1880: Democratico (Hancock)
1884: Repubblicano (Blaine)
1888: Repubblicano (B. Harrison)
1892: Populista (Weaver)
1896: Democratico (Bryan)
1900: Democratico (Bryan)
1904: Repubblicano (T. Roosevelt)
1908: Democratico (Bryan)
1912: Democratico (Wilson)
1916: Democratico (Wilson)
1920: Repubblicano (Harding)
1924: Repubblicano (Coolidge)
1928: Repubblicano (Hoover)
1932: Democratico (F. D. Roosevelt)
1936: Democratico (F. D. Roosevelt)
1940: Democratico (F. D. Roosevelt)
1944: Democratico (F. D. Roosevelt)
1948: Democratico (Truman)
1952: Repubblicano (Eisenhower)
1956: Repubblicano (Eisenhower)
1960: Democratico (Kennedy)
1964: Democratico (Johnson)
1968: Repubblicano (Nixon)
1972: Repubblicano (Nixon)
1976: Repubblicano (Ford)
1980: Repubblicano (Reagan)
1984: Repubblicano (Reagan)
1988: Repubblicano (G. H. Bush)
1992: Democratico (B. Clinton)
1996: Democratico (B. Clinton)
2000: Repubblicano (G. W. Bush)
2004: Repubblicano (G. W. Bush)
2008: Democratico (Obama)
2012: Democratico (Obama)
2016: Democratico (H. Clinton)
2020: Democratico (Biden)

6 febbraio 2024

Casa Bianca: dalla prevalenza repubblicana alla tendenza democratica 

Il 20 gennaio 2025 avrà termine il mandato presidenziale di Joe Biden e cadranno poco meno di centosessantotto anni da quando il 4 marzo 1857 (fino al 1933 si entrava in carica il 4 marzo dell’anno successivo a quello elettorale e solo dal 1937 il 20 gennaio) accedeva alla Casa Bianca James Buchanan.
È questi il primo Presidente – un esponente del partito oggi del citato Biden – americano vincente in un confronto Democratici/Repubblicani visto che il movimento politico attualmente di Donald Trump è stato fondato nel 1854 e quindi in precedenza non concorreva.
Al termine di questo lungo periodo, i Democratici avranno governato settantadue anni e i Repubblicani novantasei.
Il momento storico di massima prevalenza dei Repubblicani si ebbe tra il predetto 4 marzo 1857 e il 4 marzo 1933: cinquantasei di quei settantasei anni videro esponenti del Grand Old Party (definizione alternativa del movimento che fu di Abraham Lincoln) alla Executive Mansion.
Detto del seguente quasi ventennio (4 marzo 1933/20 gennaio 1953) dominato dal democratico Franklin Delano Roosevelt e per la parte finale dal suo successore Harry Truman, gli ultimi settantadue anni hanno visto una tendenza verso un maggiore equilibrio quanto all’esercizio del potere esecutivo dato che i Repubblicani hanno sì governato quarant’anni ma i Democratici comunque trentadue.
A ben vedere, è solo grosso modo nell’ultimo trentennio, dall’Insediamento il 20 gennaio 1993 di Bill Clinton, che il pendolo si è spostato e si può ritenere prevalente il partito che ha espresso Barack Obama in sella in tale periodo per due decadi.
Infinite le ragioni storico/ideologiche, per qualche verso istituzionali, ovviamente socio/economiche, certamente geopolitiche e via dicendo che hanno causato questa continua evoluzione.
Nel grande Paese Nazione che Margaret Thatcher sosteneva essere un esito non della Storia, sia pure con l’iniziale maiuscola, ma della Filosofia

Annotazioni
Ribadito che i Repubblicani nascono con idee per l’epoca assolutamente riformatrici e in primo luogo con l’intento di abolire la schiavitù nel 1854, il partito Democratico origina in precedenza sostanzialmente a seguito della dissoluzione dopo le elezioni del 1828 del prima imperante partito Democratico-Repubblicano e nel periodo che va dal 4 marzo 1829 al citato Insediamento di Buchanan governa costantemente ad eccezione di due mandati non consecutivi conquistati dai Whig, movimento il loro nato in pratica per contrastare la politica jacksoniana (Andrew Jackson è il qualche modo il ‘padre’ dei democratici).
Va qui ricordato per completare il quadro dei precedenti che dopo il politicamente indipendente George Washington e avanti dei predetti Democratico-Repubblicani, per un solo quadriennio (4 marzo 1797/4 marzo 1801) aveva occupato lo scranno presidenziale un esponente dei Federalisti, John Adams.

6 febbraio 2024

Toss-up 

270towin è un sito web che propone, continuamente aggiornata, la mappa elettorale USA comunicando sulla base degli esiti dei più importanti sondaggi la situazione in vista della conquista da parte dei candidati della maggioranza assoluta degli Electors (con l’iniziale maiuscola per distinguerli da quelli comuni) che, essendo costoro in totale cinquecentotrentotto, è pari appunto a duecentosettanta.
Nella mappa, i singoli Stati sono differentemente colorati.
Di blu quelli certamente democratici.
Di rosso i repubblicani sicuri.
Via via scolorando da ‘safe’ in ‘likely’ e ‘leans’ gli uni e gli altri se meno attribuibili.
Di grigio i ‘toss-up’, ovvero quelli assolutamente in dubbio.
Oggi 5 febbraio, gli Stati giudicati ‘toss-up’ sono Arizona Georgia Michigan Nevada Pennsylvania per un totale di sessantasette Electors.

5 febbraio 2024

Il terzo candidato (essendo oggi Robert Kennedy jr in corsa…)

Storicamente, il candidato effettivamente indipendente (che non avesse nella circostanza a proprio sostegno neppure un partito minore o per la necessità formato come per dire Teddy Roosevelt nel 1912) che ha avuto il maggior successo quanto a voti popolari (addirittura quasi il diciannove per cento!) nelle elezioni presidenziali americane è stato Ross Perot nel 1992.
Dotato di una fortuna personale decisamente ingente, mise in piedi una campagna di particolare spessore assolutamente bene organizzata tanto per cominciare – nella prospettiva poi di avere dovunque una struttura politica a sostegno – da riuscire a presentarsi in tutti i cinquanta Stati e nel District of Columbia (operazione estremamente impegnativa dovendosi ottemperare localmente alle richieste procedure non essendo, come i candidati democratici e repubblicani, già ammesso sulla base dei precedenti risultati). Incidentalmente, nella successiva tornata (1996), Perot si propose con minore impatto quale esponente del da lui stesso fondato Reform Party.
Il miliardario texano a parte, notevole l’esito del già repubblicano John Anderson nel 1980: più del sei e mezzo per cento.

Davvero Robert Kennedy jr in questi giorni dichiaratosi disponibile alla solitaria avventura in quanto vessillifero di particolari istanze che ritiene – verificheremo se così è – prioritarie pensa di poter arrivare a tanto? Quali i sostegni finanziari?
Quali i sollevati – in aggiunta o almeno in alternativa – entusiasmi?
Certo che se davvero, come si vociferava, Elon Musk (che non può aspirare a White House perché non cittadino americano dalla nascita) lo appoggiasse…

Quanto all’incidenza che potrebbe comunque avere una sua (o d’altri che si aggiungessero) presenza magari anche solo in alcuni Stati, va ricordato che gli Elettori (iniziale maiuscola per distinguerli da quelli comuni) che in seguito effettivamente eleggeranno il Presidente si attribuiscono in quarantanove delle cinquantuno realtà (Stati più Distretto di Columbia) – Maine e Nebraska esclusi – con il winner takes all method e che in certe situazioni la cattura da parte di un terzo anche di poche migliaia di voti può dar luogo a sconvolgimenti che da locali diventano nazionali (non ad opera di un indipendente perché all’epoca Ralph Nader correva per il Green Party, ma i suffragi dal famoso attivista ottenuti in Florida nel 2000 con buona probabilità – ovviamente non con certezza – consentirono a George Walker Bush di prevalere colà ‘per un corto muso’ su Al Gore e di vincere il certame).

Che dire oggi in conclusione sul tema se non che se son rose fioriranno?

5 febbraio 2024

Biden (ovviamente) vince in South Carolina

Conquistando oltre il novantasei per cento dei voti espressi, Joe Biden, nelle vesti di candidato alla Nomination democratica, ha stravinto le consultazioni del proprio partito in South Carolina ieri 3 febbraio.
Avrebbe potuto accadere il contrario? Assolutamente no.
Mentre difatti in campo repubblicano una alternativa a Donald Trump, per quanto in difficoltà (ovviamente, Nikki Haley) esiste, così praticamente non è nel campo dell’Asinello.
Va poi ricordato che è stato proprio il Presidente in carica a volere quest’anno lo stravolgimento dell’abituale calendario Caucus/Primarie del partito ottenendo di cancellare od oscurare Iowa e New Hampshire affermando che il South Carolina rappresenti più compiutamente l’elettorato (cosa anche vera) ma soprattutto sapendo di poter contare in loco sul massiccio voto dei neri (già decisivi colà a suo vantaggio mentre era in difficoltà nelle Primarie 2020).
Vittoria strepitosa (attenzione però alla bassissima affluenza alle urne che sembra essere preoccupante) quindi da sbandierare come tale ma in realtà del tutto annunciata. Abbiamo di fronte una serie ininterrotta di consimili affermazioni dell’incumbent.
Se davvero dopo il loro (repubblicano) South Carolina una sconfitta Haley cedesse le armi, la noia in merito alle Primarie regnerebbe sovrana.

4 febbraio 2024