Contro la democrazia

Si può certamente irridere alla democrazia quando si vive in un Paese democratico! Su tale strada si posero nei primi decenni del Novecento non pochi autorevoli intellettuali americani. Al riguardo:

Henry Louis Mencken a proposito della democrazia nelle parole di Francis Graham Wilson:
“Il cittadino democratico vota negativamente, contro la vita bella che egli non può godere: gli uomini inferiori sono sempre contro quelli che sono loro superiori”.
Da ‘Notes on Democracy’, 1926

La democrazia non può operare senza un elettorato intelligente e dev’essere fatto uno sforzo per dare agli intelligenti una giusta parte di autorità politica”.
Anthony M. Ludovici, ‘A Defense of Aristocracy’, 1915,
Irving Babbitt, ‘Democracy and Leadership’, 1924

“Gli scrittori e i pensatori intelligenti devono appellarsi alla minoranza civile”.
George Santayana, ‘Character and Opinion in the United States’, 1934

Non va peraltro dimenticato quanto vergato due giorni prima di morire (in duello, non che fosse malato e magari depresso) da Alexander Hamilton al riguardo:
“La democrazia è il nostro vero male!”

Illuminante, altresì, quanto rispose Adlai Stevenson a una signora che dopo un suo discorso (campagna elettorale del 1952) lo avvicinò per dirgli “Tutte le persone intelligenti voteranno per lei”: “Non basterà, madame. Occorre la maggioranza!”

10 giugno 2024

Biden visita il cimitero trascurato da Trump nel 2018

Lo scontro politico tra Biden e Trump è senza esclusione di colpi.
Ecco come procede in Francia dove il Presidente è da giorni per l’ottantesimo anniversario dello Sbarco di Normandia.

“Oggi, domenica”, riporta una CNN ovviamente schierata, “il Presidente Joe Biden visiterà il cimitero americano fuori Parigi in onore dei morti della prima guerra mondiale creando un contrasto con il predecessore Donald Trump che ha saltato una visita al medesimo cimitero durante un viaggio del 2018. Biden concluderà il viaggio di cinque giorni in Francia rendendo omaggio con la deposizione di una corona al cimitero e memoriale americano dell’Aisne-Marne prima di tornare a Washington. Ha trascorso gran parte del viaggio onorando i veterani americani, ma il sottotesto della spedizione di domenica è rivolto anche a Trump, che ha annullato il suo viaggio del 2018 al memoriale e in seguito ha dovuto affrontare critiche per aver denigrato i veterani americani”.

9 giugno 2024

Dell’impossibilità (?!) di una corretta valutazione storica

Dobbiamo proprio a John Kennedy, al più sopravvalutato tra i Presidenti americani (la morte a Dallas, Texas – anche il luogo conta – per mano assassina, ignoti per molti i mandanti e perfino in parte gli esecutori, in giovane età, nelle drammatiche circostanze da tutti migliaia di volte viste, entrate prepotentemente e definitivamente nella comune interiorità, nel generale ‘profondo’, lo ha reso per i gran più intangibile) una considerazione vera e particolarmente significante quanto alla possibilità di una corretta valutazione dell’operato nonché, altresì, conseguentemente, della stessa personalità dei Capi dello Stato USA tutti, quali succedutisi nel tempo.
Disse, rispondendo ad una domanda concernente la permanenza sullo scranno a Washington di James Buchanan (da non pochi ritenuto uno dei peggiori inquilini di White House di sempre) il trentacinquesimo Presidente che nessuno era (è) davvero in grado di giudicarne l’operato non potendo rivivere le situazioni politiche, partitiche, economiche e sociali dal desso necessariamente affrontate ai suoi tempi (in carica dal 4 marzo 1857 al 4 marzo 1861) e con la sua preparazione e personalità.
Può, alla fine, questa da me assolutamente condivisa presa di posizione essere considerata perfino una ovvietà.
E sarebbe tale se non si avesse da parte di tutti – in ogni circostanza, comunque e dovunque – a giudicare, semplificando assai, il passato con gli occhi dell’oggi (incontestabilmente soffrendo della ‘chronological snobbery’ della quale ha trattato Clive Staple Lewis) e non, per il possibile, conoscendolo e contestualizzando.
A riprova di quanto vere siano le parole dell’in precedenza Senatore del vecchio, ‘educato’ Massachusetts (il luogo conta eccome, qualificando), cosa l’incolta moltitudine pensi del suo successore Lyndon Johnson.
(Certamente ‘ignorante’ il popolo anche perché altrettanto ignari – quando non faziosi – i media occupati costantemente in merito, e non solo, a pubblicizzare e infine santificare il gossip, l’estetica, l’effimero trascurando e deprimendo i fatti).
Va in prima battuta ricordato del texano (zotici e rozzi, no?, i cittadini dello Stato con capitale Austin, per di più all’epoca segregazionisti) che allorquando, giovane
Rappresentante, approdò a Washington, fu definito da Franklin Delano Roosevelt (come riportato da James Hillman) “il solo politico in grado di comprendere le articolazioni del potere e l’unico con il quale fosse confortante parlare”.
Addirittura disprezzato da quanti ‘imparano’ la storia sui rotocalchi e in televisione, è Johnson giudicato “eccezionale” dagli storici in particolare per il suo concreto operare (laddove il predecessore ‘parolaio’ molto aveva detto e nulla realizzato, come scrisse Martin Luther King lamentandosene) a favore delle minoranze in merito ai diritti civili, ai profondi interventi nel campo sanitario (‘Medicare’ e ‘Medicaid’), alla impostata ‘Great Society’, a quanto altro possa venire alla mente, comprese le strade, i ponti, le ferrovie, le comunicazioni tecnologiche tutte.
Percosso dalla Guerra del Vietnam, dalla riconosciuta impossibilità di venirne fuori, dalle infinite conseguenti proteste, Lyndon Johnson fu capace infine di rinunciare alla candidatura democratica e ad un ulteriore mandato presidenziale per poter dedicare alla guerra e alle conseguenti enormi difficoltà ogni energia nell’anno elettorale 1968.
Indimenticabili le poche ma sentite righe che Henry Kissinger dedica alla dolente longilinea immagine di questo grande uomo nel giorno (20 gennaio 1969) dell’addio alla Presidenza.
Mi rileggo e mi accorgo di quanto sia contraddittorio in tema (sempre?) il mio narrare.
Giudico, pontifico, dopo avere del tutto concordato con le parole di Kennedy sopra riportate che invitava a non farlo.
Posso per due ragioni.
La prima: nessuno conosce come me la materia e le persone in questione.
La seconda, perché concordo assolutamente con le parole a suo tempo vergate a proposito dell’incoerenza: “Ci sono contraddizioni in me? Certamente. Contengo moltitudini!”

9 giugno 2024

Visti da Henry Kissinger

Richard Nixon
“Estremamente intelligente, con un livello di insicurezza personale inatteso in una figura pubblica di così vasta esperienza, Nixon non era il leader ideale per il ripristino della pace interna… Nondimeno, per il compito di ridefinire la sostanza della politica estera americana, Nixon era straordinariamente ben preparato”.
Henry Kissinger,
‘World Order’, 2014

Gerald Ford
“Dopo l’angoscia degli anni Sessanta e il collasso di una Presidenza, l’America aveva bisogno soprattutto di ristabilire la propria coesione. Ebbe la fortuna che l’uomo chiamato a questo compito senza precedenti fosse Gerald Ford”.
Henry Kissinger,
‘World Order’, 2014

Ronald Reagan
“Di rado l’America ha prodotto un Presidente così adatto al suo tempo e così in sintonia con esso come Ronald Reagan… Reagan combinava in sé le forze latenti e a volte apparentemente discordanti dell’America: il suo idealismo, la sua capacità di resilienza, la sua creatività e la sua vitalità economica”.
Henry Kissinger,
‘World Order’, 2014

George Herbert Bush
“…era necessario fare i conti con le macerie della Guerra Fredda. Questo compito toccò a George Herbert Bush che gestì il predominio americano con moderazione e saggezza. …dotato di grande esperienza a tutti livelli di governo affrontò con grande abilità una sbalorditiva serie di crisi…”
Henry Kissinger,
‘World Order’, 2014

9 giugno 2024

I giovani elettori vogliono un candidato diverso

Un nuovo sondaggio dell’Università di Chicago condotto tra gli elettori sotto i quarant’anni rileva che Joe Biden precede Donald Trump nella corsa presidenziale di soli due punti, trentaquattro a trentadue, con il restante trentaquattro per cento degli intervistati che attualmente sostiene un candidato di un terzo partito o afferma che sosterrebbe “qualcun altro”.

9 giugno 2024

Tulsi Gabbard nella futura amministrazione Trump?

Originaria delle lontanissime Samoa Americane, contea Ma’Oputasi.
Rappresentante delle Hawaii alla Camera per qualche mandato.
Ufficiale dell’esercito.
Reduce di guerra.
Vice Presidente del Comitato Nazionale democratico.
Candidata perdente alla Nomination per il partito di Joe Biden.
Dichiaratasi indipendente nel 2022.
Questo il rapido profilo di Tulsi Gabbard, della quale oggi si parla come di una possibile componente dell’eventuale nuovo governo Trump, dovesse il tycoon vincere a novembre.

8 giugno 2024

Trump fa una rara visita a San Francisco

Giovedì 6 giugno Donald Trump ha fatto il suo discorso più diretto all’élite della Silicon Valley, dicendo a un gruppo di imprenditori di San Francisco che se dovesse perdere a novembre molti di loro si sentirebbero tanto insicuri da lasciare gli Stati Uniti.
“Parlando all’interno di una casa da venti milioni di dollari”, riporta il New York Times, “in una strada chiamata ‘Billionaire’s Row’ in una delle città più liberali e iconiche del Paese, Trump ha intrattenuto i presenti con la sua tipica spavalderia per circa un’ora.
Le sue osservazioni miravano a conquistare i circa settanta partecipanti che provenivano in gran parte dal settore tecnologico o delle criptovalute.”

8 giugno 2024

480 differenti categorie di elettori!

Sembra facile.
Per modo di dire, ovviamente, come ben sa chiunque abbia sperimentato in merito.
Difficile, invece, di contro e decisamente, catturare e poi conservare i consensi, i voti.
Lo dimostrano ampiamente gli studi compiuti a partire dal 1959 da Ithiel de Sola Pool (uno studioso di scienze politiche fondatore della Simulmatics Corporation).
Presi in esame i dati di numerosi sondaggi condotti durante le campagne – Mid Term incluse – del 1952, ‘54, ‘56, ‘58 e infine ‘60, Pool arrivò a suddividere gli elettori in quattrocentoottanta categorie!
(Per fare due degli esempi proposti: un tipo di votante potrebbe essere “della costa Est, residente in città, con un reddito basso, bianco, cattolico, donna, democratico”…
un altro “proveniente da uno Stato confinante, residente in campagna, con un reddito alto, bianco, protestante, uomo, membro dell’Independent Party”…
laddove evidentemente mutando anche uno solo dei caratteri si ha una categoria di elettore diverso…).
Successiva la divisione per temi in cinquantadue gruppi (con riferimenti politici “come gli aiuti esteri, l’atteggiamento verso le Nazioni Unite, il Maccartismo” allora significante e l’aggiunta di indicatori familiari).
Gli elettori, perfino quelli che non avevano neppure idea di cosa significassero parole come ‘liberal’ o ‘conservatore’, potevano essere (e saranno da allora) quindi classificati ma il difficile era (e resta) nella loro infinita varietà arrivare a convincerli.

8 giugno 2024

1876/1877: all’ultimo respiro

2 marzo 1877, ore 4 del mattino. Il Collegio degli Elettori votati il 7 novembre dell’anno precedente – quasi quattro mesi prima – finalmente, arriva ad esprimersi ed elegge Presidente degli Stati Uniti d’America il repubblicano Rutherford Hayes.
Con un solo voto di maggioranza: centoottantacinque a centoottantaquattro
Mancano meno di quarantotto ore alla cerimonia di insediamento.
È difatti prevista e programmata per il 4 successivo.
Si conclude in cotal modo, evitando per un soffio una crisi istituzionale mai vista, la apparentemente insolubile questione conseguente la chiusura dei seggi aperti il predetto primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre del 1876.
Conteggi, riconteggi… attribuzioni di Elettori contestate… discussioni, incarichi a decidere infine affidati a una Commissione ad hoc… tra i partiti un accordo… conclusivo.
È il cosiddetto ‘Compromesso del 1877’.

8 giugno 2024

Safe, Likely, Leans, Toss-up

Il sito 270towin – il più affidabile – riporta una dozzina di Electoral Map debitamente colorate di blu (quanto agli Stati ‘sicuri’ democratici), di rosso (‘sicuri’ repubblicani), delle sfumature via via meno intense dei due colori (i ‘probabili’ e poi i ‘possibili’ nei due campi), di un quasi indefinibile giallino/grigio chiaro (gli Stati al momento assolutamente non attribuibili).
Una dozzina, riprendendo di volta in volta sondaggi o parametri diversi, perfino opposti.
Mancano poco meno di cinque mesi al fatidico 5 novembre e alla fine va bene così, numerose essendo state in passato le situazioni nelle quali, alla medesima distanza dal voto, uno schieramento veniva dato per sicuro vincente per essere poi nettamente battuto.

Propone, inoltre, l’autorevole sito, quella che dovrebbe essere la situazione Stato per Stato.
La situazione?
Se il riferimento deve fare capo a rilevamenti sondaggistici recenti, per il vero, così non si può dire.
In numerosi casi, i dati sono addirittura fermi agli ultimi mesi del trascorso 2023.
È pur vero che gli istituti addetti possono ritenere del tutto inutile tornare frequentemente negli Stati chiaramente collocati (per la maggior parte, quelli nei quali il partito repubblicano supera nelle intenzioni di voto di oltre il venti – in alcuni casi, del venticinque/trenta – per cento il democratico) ma è certo che il quadro fornito deve essere preso con qualche piccola dubitativa attenzione.

8 giugno 2024