Trump guida in Georgia

Un nuovo sondaggio Quinnipiac in Georgia rileva che Donald Trump guida Joe Biden nella corsa presidenziale per il 49% al 44%.
In un’ipotetica gara a sei che include altri candidati, Trump è in testa con il 43%, Biden riceve il 37%, Robert Kennedy Jr l’8%, il candidato del Partito Libertario Chase Oliver il 3%, Cornel West anche il 3% e la candidata del Partito Verde Jill Stein il 2%.
Interessante altresì: quando agli elettori è stato chiesto in che modo il verdetto di colpevolezza influisse sul loro voto per Trump, il 22% ha affermato che li rende meno propensi a votare per lui, il 23% afferma che li rende più propensi a votarlo, il 54% dice che per loro non non fa differenza.

6 giugno 2024

A Biden mancherebbe solo la Pennsylvania

La costantemente aggiornata sulla base dei più affidabili sondaggi nazionali ‘2024 Presidential Election Interactive Map’ pubblicata dall’autorevole sito 270toWin (a duecentosettanta è fissata la maggioranza assoluta del componenti il Collegio degli Electors – i quali affettivamente nominano il Presidente – il cui raggiungimento comporta la conquista della Casa Bianca), in vista ovviamente del 5 novembre, propone i democratici a duecentocinquantuno.
Ben settantasette i delegati ancora non attribuiti: quelli di Nevada, Arizona, Wisconsin, Michigan, Georgia a Pennsylvania.
Orbene, così davvero fosse (e così si mantenesse per cinque mesi circa?!?!) la situazione, a Joe Biden basterebbe vincere nello Stato con capitale Harrisburg, Stato che conta proprio diciannove Electors, per raggiungere la meta.
Una notizia piena di se, di può essere, di forse che va comunque data.

5 giugno 2024

Harry Truman apre ai neri. Il 1948 più da vicino

Harry Truman – dimostratosi un mago in politica estera per quanto arrivato alla Casa Bianca assolutamente privo di ogni conoscenza in merito – ha difficoltà sul piano interno.
Vuole, cerca la Nomination e soprattutto vorrebbe restare in carica per così dire ‘in proprio’, di diritto e non per successione, risultando eletto a novembre.
(Franklin Delano Roosevelt era morto il 12 aprile 1945 allorquando il suo Vice, appunto Truman, un Senatore in altri tempi coinvolto in loschi giochi mafiosi nel suo Missouri, era tale da soli cinquantuno giorni.)
Sa, il missouriano, che gli avversari repubblicani, tra i quali primeggia Thomas E. Dewey, Governatore del New York e già rivale di F.D.R. nel 1944, pensano di travolgerlo e già progettano il da farsi nel prossimo Quadriennio necessariamente GOP.
Vista la situazione, dopo avere opposto (corteggiando le minoranze dissenzienti e per il vero, nel caso, inutilmente dato che il Congresso la riapprovò subito) il veto a una legge – il ‘Taft/Hartley Act – che riformava uno dei provvedimenti del ‘New Deal’ più favorevoli ai Sindacati, il Presidente pensò di cercare il sostegno elettorale delle minoranze di colore.

Ecco come ricorda quel momento lo storico inglese Maldwyn A. Jones nel suo imperdibile ‘Storia degli Stati Uniti d’America’:
“Nonostante il suo passato dubbio, Truman divenne il campione dichiarato della causa dei Diritti Civili.
Nel febbraio del 1948, inviò al Congresso un messaggio speciale per raccomandare una legislazione che ponesse fine alla Segregazione razziale sui mezzi di trasporto, che rendesse il linciaggio un reato federale e istituisse una commissione permanente per il collocamento.
Queste proposte non sfociarono in niente se non in una violenta protesta del Sud.
Truman tuttavia fece uso dei suoi poteri esecutivi per sostenere i tentativi in atto di spezzare la base legale della Segregazione razziale attraverso procedimenti legali sui Diritti Civili.
Nel luglio del 1948, inoltre, un Ordine esecutivo (si tratta dell’Executive Order n.9981 datato 26 luglio) pose fine alla Segregazione razziale all’interno delle forze armate.”

(A questo riguardo, rammento che ancora nel corso della da poco conclusa Seconda Guerra Mondiale, le persone di colore chiamate alle armi erano maltrattate.
Ecco quanto in proposito disse in pieno conflitto a un professore di un college riservato ai neri uno studente:
“L’Esercito ci discrimina.
La Marina ci permette di prestare servizio solo in mensa.
La Croce Rossa rifiuta il nostro sangue.
I datori di lavoro e i Sindacati ci escludono.
I linciaggi continuano.
Ci tolgono il diritto di voto, ci sputano addosso.
Che cosa potrebbe fare di peggio Hitler?”)

E’ notissimo quanto accadde dipoi nell’election day del 2 novembre.
Truman – che aveva a fatica ricevuto la Nomination nella Convention di Filadelfia tra il 12 e il 14 luglio e, oltre al rivale GOP Dewey, si era trovato a fronteggiare due altri Democratici fuoriusciti, il primo a destra, J. Strom Thurmond, e il secondo a sinistra, Henry Wallace – dato per battuto da tutti i sondaggi, indietro per Stati ed Elettori (con l’iniziale maiuscola per distinguerli da quelli comuni dato che loro specifico compito è eleggere il Presidente) per quasi tutta la notte durante lo spoglio dei voti, fu dichiarato vincitore solo all’alba del 3, quando arrivarono i risultati a lui favorevoli relativi al Sud e alla costa pacifica.
Per la storia, Harry Truman vinse in ventotto Stati ottenendo trecentotre delegati, Dewey in sedici che gli portarono centoottantanove voti elettorali e Thurmond in quattro che gli diedero trentanove Delegati Nazionali.
Henry Wallace, il quarto candidato, non prevalse in nessuno Stato e non conquistò pertanto alcun Delegato.

Si può fondatamente affermare che le ora citate ‘aperture’ nei confronti dei neri abbiano permesso al missouriano di prevalere nella sfida finale per White House?
Non direi, visto che in realtà i delegati gli arrivarono come detto proprio dal Sud Segregazionista oltre che dalla riva pacifica.

Nota bene
Nel 1948, non essendo ancora entrate nell’Unione l’Alaska e le Hawaii, gli Stati USA erano quarantotto.
Sempre nel 1948, i Delegati da eleggere al Collegio Elettorale erano cinquecentotrentuno e il quorum era conseguentemente fissato a duecentosessantasei
Il Distretto di Columbia non aveva voce in capitolo.
Avrà il diritto di eleggere i suoi Elettori al citato collegio solo dopo l’entrata in vigore del XXIII Emendamento del 1961.

5 giugno 2024

Biden annuncia nuove politiche sull’immigrazione

Novità fino ad un certo punto inattese quelle arrivate ieri da Washington.
Quello della immigrazione è difatti uno degli argomenti più importanti oggetto delle martellanti critiche di Donald Trump all’amministrazione.
Ecco quindi che l’annuncio di Biden che chiuderà temporaneamente il confine tra Stati Uniti e Messico ogni volta che si verificherà un’impennata di arrivi di immigrati clandestini non coglie di sorpresa.
Si tratta ovviamente di una mossa che guarda a destra nel tentativo di conquistare una parte dell’elettorato nel bel mezzo della campagna elettorale.
Concretamente, il Presidente democratico firmerà per questo un decreto che impedirà agli immigrati illegali di accedere al sistema di asilo se il loro numero supererà i duemila cinquecento al giorno.
Secondo la Casa Bianca, il testo faciliterà anche i rimpatri in Messico, accelerandoli.

“Per Biden la sicurezza delle famiglie americane deve essere sempre al primo posto. Ecco perché oggi il Presidente annuncia nuove misure storiche per impedire ai migranti che attraversano illegalmente il nostro confine meridionale di ricevere asilo negli Stati Uniti”, ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca Andrew Bates.

5 giugno 2024

La possibilità che Trump intervenga alla Convention dalla prigione

Il copresidente della RNC Michael Whatley ha detto a Newsmax che il Partito repubblicano si sta preparando alla possibilità che Donald Trump debba parlare alla Convenzione nazionale repubblicana dal carcere.
Whatley ha detto: “Sì, ci stiamo lavorando proprio adesso. In realtà andrò a Milwaukee questa settimana e avremo una serie di conversazioni. Certo, ci aspettiamo che Donald Trump sarà a Milwaukee e in grado di accettare quella nomina. In caso contrario, metteremo in atto qualunque necessario piano di emergenza”.

5 giugno 2024

Jill Stein vicina all’accesso al voto in Pennsylvania

Stando a quanto riferisce il Washington Examiner, lo staff elettorale della candidata del Green Party Jill Stein ha annunciato di aver quasi raggiunto i criteria (così vengono definiti i requisiti richiesti) della Pennsylvania per partecipare alle votazioni locali del novembre 2024.
Questo consentirà alla più volte candidata presidenziale di sottrarre voti – si sostiene – più probabilmente al Presidente Biden.

4 giugno 2024

Biden non ha memoria dei precedenti storici?

Durante un ricevimento in quel di Greenwich, Connecticut, Joe Biden ha detto che Donald Trump “è il primo ex Presidente condannato a cercare di riconquistare lo Studio Ovale”.
Davvero difficile ipotizzare il contrario visto che dal 1856, anno nel quale hanno preso il via i confronti elettorali tra democratici e repubblicani per White House, in una sola precedente occasione un ex Capo dello Stato defenestrato alla stregua del tycoon ha provato a riprendersi lo scranno: Grover Cleveland nel 1892, fra l’altro riuscendo nell’impresa.

4 giugno 2024

Trump ha raccolto 141 milioni di dollari a maggio

“Donald Trump e il Repubblican National Committee secondo i dati forniti hanno raccolto 141 milioni di dollari a maggio. Un successo rafforzato da un’impennata di contributi ricevuti dopo che una giuria di New York ha dichiarato colpevole il tycoon in un processo penale”, riferisce Bloomberg.
“Il totale di Trump quasi raddoppia i 76 milioni di dollari raccolti in tutto aprile, un altro ottimo risultato per il candidato repubblicano. Trump ha superato per la prima volta il totale mensile del presidente Joe Biden già nel quarto mese dell’anno intensificando gli appelli ai grandi donatori repubblicani nel tentativo di ridurre il precedente considerevole distacco di raccolta fondi nei confronti del Presidente”.

4 giugno 2024

Come si supera negli USA il Bicameralismo perfetto

Bicameralismo. Sappiamo che fu costituzionalmente adottato negli Stati Uniti su proposta della Delegazione del Connecticut per superare l’impasse che si era venuta a creare discutendo i Delegati nel 1787 a Philadelphia convenuti sulla rappresentanza che avrebbero dovuto avere gli Stati e i cittadini nel nascente Congresso.
Una sola Camera nella quale ogni ex Colonia potesse contare su un gruppo di eletti proporzionale al numero dei suoi abitanti avrebbe nel contingente estremamente favorito Virginia e New York a danno degli Stati meno popolati.
Il ‘Compromesso del Connecticut’ concluse per una
– Camera Alta (Senato) nella quale fossero rappresentati gli Stati, che avendo pari dignità devono avere il medesimo peso (due i Senatori ai quali hanno diritto a prescindere)
una
– Camera Bassa (dei Rappresentanti) nella quale le delegazioni statali sono regolate proporzionalmente al totale degli abitanti degli Stati stessi come risultano dai Censimenti decennali appositamente organizzati a partire dal 1790.

Quali le competenze dei due rami del Parlamento in cotal modo nato e operante?
Non del tutto uguali avendo il Senato specifiche prerogative a proposito in specie della ratifica dei Trattati Internazionali e, fondamentale, delle nomine presidenziali di membri del Governo, Presidente e Giudici della Corte Suprema, Giudici delle Corti Federali e Distrettuali, Ambasciatori…
Ogni proposta di Legge che riguardi invece la politica fiscale e deve essere presentata prima alla Camera.

Ciò detto e ricordato, per quanto concerne la proposta e l’approvazione delle norme il Bicameralismo USA è perfetto.
Accade pertanto che in non poche circostanze i due rami del Congresso non concordino sui testi.
Ad evitare quanto in casi consimili occorre altrove (segnatamente in Italia), i discordanti risultati vengono presi in esame dal ‘United States congressional conference Committee’ (‘Commissione di conferenza’), organo formato da un ristretto numero di Senatori e di Rappresentanti scelti fra i più esperti che arriva alla stesura definitiva, sostanzialmente da prendere o lasciare, senza lungaggini derivanti da andirivieni vari.

Con riferimento agli Stati componenti l’Unione, il solo che abbia abbandonato (da parecchio tempo invero) il Bicameralismo è il Nebraska che ha un’unica Camera.

4 giugno 2024

Il Veto presidenziale

È l’articolo I sezione 7 della Costituzione USA che attribuisce al Presidente la possibilità di opporre il veto alle leggi.
Quando ciò accade, i due rami del Congresso possono nuovamente approvare la legge che il Capo dello Stato non ha voluto firmare e pertanto superarne la contrarietà con la maggioranza in ciascun consesso di almeno due terzi dei presenti e votanti.
In questo caso, la norma entra in funzione senza dovere essere firmata dal Presidente.
Nella storia, a far luogo all’aprile del 2019 – ultimo dato del quale si ha contezza – il veto è stato in totale opposto dagli inquilini della Executive Mansion in duemilacinquecentosettantasei occasioni.
La prima ad opera di George Washington in data 5 aprile 1792.
In centoundici circostanze è stato superato.
La prima volta il 3 marzo 1845 in contrapposizione a John Tyler.
Il Presidente che ha opposto il maggior numero di veti (in qualche modo ovviamente essendo restato in carica molto più di tutti gli altri) è Franklin Delano Roosevelt: seicentotrentacinque.
Sette suoi colleghi non ne hanno opposto nessuno.
Sono
John Adams,
Thomas Jefferson
John Quincy Adams
William Harrison
Zachary Taylor
Millard Fillmore
James Garfield.
I due Adams in un quadriennio di governo a testa.
Jefferson in due mandati.
Quantio agli altri, va qui notato che Harrison rimase in carica solamente un mese…
Garfield non poi molto di più…
Taylor meno di un anno e mezzo…
e che Fillmore fu il Vice che lo sostituì.

Va infine sottolineato che esiste un veto insuperabile – il cosiddetto ‘pocket veto’ – che si concretizza quando il Presidente non firma una legge e le Camere essendo aggiornate (non in seduta) non possono occuparsene.

4 giugno 2024