Del mandato e dei mandati. Avanti e indietro al riguardo

Il mandato del Presidente degli Stati Uniti d’America è quadriennale.
Dal 1937, entra in carica a mezzogiorno del 20 gennaio dell’anno successivo a quello elettorale e decade esattamente a mezzogiorno del 20 gennaio di quattro anni dopo.
Dal 1793 – a seguito delle seconde votazioni del precedente 1792 – al 1933, l’insediamento e il termine del mandato erano in programma il 4 marzo sempre dell’anno seguente la chiamata alle urne, giorno coincidente con quello della entrata in vigore, nel 1789, della Costituzione.
Ovviamente, nel caso in cui la morte del Presidente o, una sola volta, le sue dimissioni, abbiano comportato la successione del Vice, i due mandati – del titolare e del vicario, il cui Giuramento, dipende dalle situazioni, può avere avuto luogo anche lontano da Washington (si pensi a Lyndon Johnson in quel di Dallas) – sono risultati più brevi.
Il primato in fatto di brevità appartiene a William Harrison: dal 4 marzo al 4 aprile 1841.
Il Vicepresidente subentrato rimasto più a lungo sullo scranno alla Casa Bianca, ovviamente, il suo, John Tyler, dal citato 4 aprile 1841 al 4 marzo 1845.
Questo naturalmente ove ci si riferisca al mandato in corso non considerando i casi nei quali il successore si sia immediatamente dopo proposto per la conferma ottenendola.
Così fece per primo nel 1904 Theodore Roosevelt, subentrato il 14 settembre del 1901 all’assassinato William McKinley e rimasto alla Executive Mansion fino al 4 marzo 1909.
Così poi alla guida del Governo per cause naturali:
Calvin Coolidge, seguito a Warren Harding: dal 2 agosto 1923 al 4 marzo 1929, e
Harry Truman, succeduto a Franklin Delano Roosevelt: dal 12 aprile 1945 al 20 gennaio 1953.
Poi, in conseguenza dell’attentato a John Kennedy, Lyndon Johnson: dal 23 novembre 1963 al 20 gennaio 1969.
Infine, Gerald Ford, dopo il dimissionario Richard Nixon: dal 9 agosto 1974 al 20 gennaio 1977.
Mandati anomali sono risultati il primo di George Washington: dal 30 aprile 1789 al 4 marzo 1793,
e quello conquistato nel 1932 da Franklin Delano Roosevelt: dal 4 marzo 1933 al 20 gennaio 1937.
Il medesimo F. D. R. è il solo Capo dello Stato americano eletto più di due volte (quattro).
Detiene pertanto il record insuperabile – essendo in vigore il Ventiduesimo Emendamento del 1951 che limita a due le possibili elezioni – di giorni trascorsi a White House: dal 4 marzo 1933 al 12 aprile 1945, quando morì per cause naturali.
È possibile al Vicepresidente subentrato nel corso del secondo biennio (non importa se del primo o del secondo incarico) del titolare candidarsi ed essere confermato poi personalmente due volte (avrebbe potuto farlo Lyndon Johnson).
Può presentarsi se rieletto – altrimenti in ipotesi all’infinito – in una sola circostanza il Vice succeduto nell’ambito del primo biennio (come sarebbe stato, ripeto, se rieletto, per Gerald Ford).
Visto che vado a questo punto trattando di rielezioni – già detto del primato del secondo Roosevelt – va ricordato che Grover Cleveland è il solo Presidente eletto in due circostanze non consecutivamente (1884 e 1892), ragione per la quale è conteggiato quale ventiduesimo e ventiquattresimo inquilino della Executive Mansion (la qual cosa comporta che le persone che hanno ricoperto la carica siano quarantacinque e i Presidenti, Biden incluso, quarantasei).
Lo stesso Cleveland è il primo (il secondo sarà in quattro occasioni di fila Franklin Delano Roosevelt: 1932, ‘36, ‘40 e ‘44) a vincere per tre votazioni consecutivamente il suffragio popolare per quanto perdendo – contrariamente al pluricitato F. D. – la seconda volta (nel 1888) per Electors conquistati.

Nota bene.
1)
La determinazione del ‘primo martedì dopo il primo lunedì del novembre coincidente con il bisestile’ è conseguenza di queste considerazioni:
– il penultimo mese è quello meno impegnativo per agricoltori e allevatori e cioè per le classi di lavoratori prevalenti al momento della regolazione
– essendo decisamente importante la Religione, non si può votare di domenica giorno consacrato al Signore
– si è ritenuto di lasciare disponibili le seguenti ventiquattro ore per recarsi ai seggi (all’epoca, non aperti praticamente dovunque come oggidì)
– decidendo quindi per il martedì, non si è ritenuto possibile votare semplicemente nel primo in calendario perché può cadere l’1 e cioè di Ognissanti
– quindi e pertanto….

2)
Nel testo iniziale, si è fatto cenno al 1789 (anno dispari nel quale anche – fino al 10 gennaio – si votò) rilevando il fatto ovvio che non fosse bisestile.
A ben vedere, non hanno contato sul 29 febbraio neppure il 1800 e il 1900 (elettorali per gli States) perché il Calendario Gregoriano considera non bisesti i fine secolo naturalmente con finale zero a meno che non siano divisibili per quattrocento, come invece il 2000 che sul giorno aggiuntivo del secondo mese per questo motivo poté contare.

9 aprile 2024

Michigan: storia elettorale in occasione delle presidenziali

1836: Democratico (Van Buren)
1840: Whig (W. Harrison)
1844: Democratico (Polk)
1848: Democratico (Cass)
1852: Democratico (Pierce)
1856: Repubblicano (Fremont)
1860: Repubblicano (Lincoln)
1864: Repubblicano (Lincoln)
1868: Repubblicano (Grant)
1872: Repubblicano (Grant)
1876: Repubblicano (Grant)
1880: Repubblicano (Garfield)
1884: Repubblicano (Blaine)
1888: Repubblicano (B. Harrison)
1892: Repubblicano (B. Harrison)
1896: Repubblicano (McKinley)
1900: Repubblicano (McKinley)
1904: Repubblicano (T. Roosevelt)
1908: Repubblicano (Taft)
1912: Progressive (T. Roosevelt)
1916: Repubblicano (Hughes)
1920: Repubblicano (Harding)
1924: Repubblicano (Coolidge)
1928: Repubblicano (Hoover)
1932: Democratico (F. D. Roosevelt)
1936: Democratico (F. D. Roosevelt)
1940: Repubblicano (Willkie)
1944: Democratico (F. D. Roosevelt)
1948: Repubblicano (Dewey)
1952: Repubblicano (Eisenhower)
1956: Repubblicano (Eisenhower)
1960: Democratico (Kennedy)
1964: Democratico (Johnson)
1968: Democratico (Humphrey)
1972: Repubblicano (Nixon)
1976: Repubblicano (Ford)
1980: Repubblicano (Reagan)
1984: Repubblicano (Reagan)
1988: Repubblicano (G. H. Bush)
1992: Democratico (B. Clinton)
1996: Democratico (B. Clinton)
2000: Democratico (Gore)
2004: Democratico (Kerry)
2008: Democratico (Obama)
2012: Democratico (Obama)
2016: Repubblicano (Trump)
2020: Democratico (Biden)

9 aprile 2024

Il turnover di Gabinetto tra i Presidenti del Ventunesimo secolo

Joe Biden ha attualmente il secondo più basso turnover di Gabinetto tra i Presidenti in carica dal 2001.
Quattro dei segretari di Gabinetto e degli incaricati a livello di Gabinetto si sono finora dimessi dalla sua amministrazione.
George Wlaker Bush ha registrato il turnover di governo più basso all’8 aprile del suo quarto anno di Presidenza, con tre dimissioni a livello di governo.
Barack Obama ha avuto otto dimissioni a livello di governo e
Donald Trump ne ha avute diciotto.
Il numero di posizioni a livello di Gabinetto può variare da un’amministrazione all’altra.
Oltre ai principali quindici segretari, ci sono undici posizioni a livello di Gabinetto nell’amministrazione Biden.
Ce n’erano nove nell’amministrazione Trump, otto nell’amministrazione Obama e sei nell’amministrazione Bush.
Guardando a tutte e quattro le amministrazioni, Trump è l’unico Capo dello Stato USA ad aver visto le dimissioni dei membri del suo Gabinetto nel primo anno di Presidenza.

Ad aprile – come fosse oggi – del loro quarto anno, riepilogando
Biden ha avuto il maggior numero di dimissioni nel suo terzo anno (due),
Trump ha avuto il maggior numero di dimissioni nel suo secondo anno (otto)
e Bush ha avuto il maggior numero di dimissioni nel suo terzo anno (due).
Il secondo e il terzo anno di Obama sono quelli con il maggior numero di dimissioni, tre ciascuno.

9 aprile 2024

Presidenziali del 1984

Si vota il 6 novembre e alle urne si reca il cinquantatre e tre per cento degli aventi diritto.
Certo, nella temperie, il Partito Democratico (dovendo affrontare un Presidente uscente repubblicano in grandissimo spolvero che vantava successi in ogni campo, dalla politica economica a quella interna a quella internazionale) era sulla graticola.
Demolito, strabattuto – vedremo fra poco in quale misura e basti qui ricordare che il solo Alf Landon nel 1936, fra tutti i candidati a White House, aveva fatto peggio – il suo esponente, a cosa avrebbe potuto guardare per avere, nutrire speranze?
A due cose e mezzo di non poco conto, a dire il vero.
Al fatto che per la prima volta nella storia a far parte di un ticket di uno dei due partiti maggiori, sia pure solo come candidata alla Vicepresidenza, c’era una donna: Geraldine Ferraro, all’epoca alla Camera dei Rappresentanti, per di più cattolica.
Al fatto che ancora per la prima volta dalle sue fila usciva un candidato di colore di reale spessore: il reverendo Jesse Jackson, fra l’altro il primo nero capace di vincere qualche Primaria e, vedremo, ancora più performante quattro anni dopo.
Al fatto che il candidato interno alternativo sconfitto da Walter Mondale (sarà appunto l’ex Vice di Jimmy Carter a prevalere e ad ottenere la Nomination nella Convention di San Francisco) fosse il Senatore del Colorado Gary Hart – in seguito costretto ad abbandonare la scena politica nazionale per uno scandalo sessuale ma uomo di grandi capacità.

Dall’altra parte, Ronald Reagan è in cerca di primati e ottiene il novantotto e settantotto per cento dei voti nelle Primarie e nei Caucus, venendo candidato a Dallas per acclamazione.
E primati vari il GOP – il Vice in corsa è il confermatissimo George Herbert Bush – stabilirà o pareggerà anche nelle votazioni novembrine, nelle quali catturerà, come aveva fatto Nixon nel 1972, quarantanove Stati su cinquanta (lasciando a Mondale, oltre al Distretto di Columbia, che vota sempre democratico, solo il suo Stato natale e cioè il Minnesota) arrivando a poter contare in sede di Collegio Elettorale addirittura su cinquecentoventicinque Elettori contro tredici.

Anche in termini di voto popolare, la disfatta democratica è durissima visto che i suffragi dell’Asinello superano appena il quaranta per cento.
Da segnalare – a sottolineare l’impeto personale del Presidente uscente e rieletto – il fatto che dopo di allora il Massachusetts, il New York, l’Oregon, le Hawaii, il Rhode Island e il Washington non voteranno più repubblicano.

Con Ronald Reagan – il più anziano candidato fino ad allora (Joe Biden era lontano lontano oltre l’orizzonte) alla Casa Bianca e il più vecchio Presidente in carica (anche qui, Biden straccerà tale primato) – arriva al termine la cosiddetta ‘maledizione dell’anno zero’ che aveva visto morire nell’esercizio del mandato tutti i Presidenti eletti o rieletti appunto in un anno con finale zero dal 1840 in poi: William Harrison, Abraham Lincoln, James Garfield, William McKinley, Warren Harding, Franklin Delano Roosevelt, John Kennedy.
Per il vero, un attentatore cercò di dare continuità alla ‘maledizione’ predetta ma non riuscì nell’intento.

9 aprile 2024

Come sono andate le elezioni del 2020?

– Joseph R. Biden, democratico
voti elettorali 306
voti popolari 81.268.867

– Donald J. Trump,
repubblicano
voti elettorali 232
voti popolari 74.216.747

– Jo Jorgensen,
Libertariano
voti elettorali 0
voti popolari 1.865.720

I fatti più rilevanti in proposito
– pandemia di COVID 19,
– tensioni razziali
– elettorato profondamente polarizzato
– Kamala Harris, prima donna eletta Vicepresidente
– Biden e Trump hanno ricevuto ciascuno più voti di qualsiasi precedente candidato alla Presidenza
– Trump è l’unico Capo dello Stato ricandidato dopo essere stato messo sotto accusa (impeachment) e l’unico ad essere stato messo sotto accusa due volte
– Biden ha vinto nel Maine, ma Trump ha colà guadagnato un delegato vincendo il voto popolare nel secondo distretto congressuale.
Nel Nebraska è avvenuto esattamente il contrario.
Ciò ha segnato la prima volta che entrambi gli Stati hanno diviso i loro voti elettorali nelle stesse elezioni da quando sono passati al metodo del distretto congressuale

8 aprile 2024

Impeachment, dal mio Glossario essenziale della politica americana

L’Impeachment’:
è la messa in stato d’accusa del Presidente (come pure di funzionari) da parte della Camera – che può assumere a maggioranza semplice l’iniziativa – per tradimento, corruzione e atri crimini o misfatti (dizione estremamente generica).
Se l’assemblea citata lo ritiene, il Presidente (lasciamo da parte gli altri) va a giudizio davanti al Senato che, essendo in quel momento Organo Giudiziario, viene per la bisogna presieduto dal ‘Chief’ della Corte Suprema e non dal Vice Presidente (per Costituzione, sua guida) o dal suo sostituto ‘pro tempore’.
Perché si arrivi alla destituzione il giudizio negativo (positivo quanto alla richiesta) deve essere votato dai due terzi dei presenti.
Finora, tre i Capi dello Stato sottoposti alla procedura ed assolti: Andrew Johnson, Bill Clinton e due volte Donald Trump.
Contrariamente a quanto universalmente si ritiene, Richard Nixon non fu soggetto all’Impeachment in quanto dimessosi prima dell’inizio della procedura.
Occorre dire che negli ultimi anni lo strumento in questione è stato troppo disinvoltamente usato quale arma politica, non per effettivamente cercare di defenestrare il Presidente sottoposto (non essendoci la minima possibilità di formare una maggioranza tanto qualificata alla Camera Alta) ma per attaccarlo, con il partito di appartenenza, politicamente con ciò minandone la significanza.

8 aprile 2024

Gand (Gent, in fiammingo) e gli Stati Uniti d’America

Siamo nel 1814 e la ‘Guerra del 1812’ (così denominata perché iniziata appunto quell’anno) – che vede combattere per la seconda volta sul suolo americano l’Esercito Inglese (che arriva a mettere a ferro e fuoco la capitale Washington dando alle fiamme la futura Casa Bianca e il Campidoglio il 24 agosto 1814) – è tuttora in corso, nessuno dei due contendenti essendo davvero in grado di prevalere.
È per chiudere finalmente con le armi che i Paesi belligeranti – i lavori prendono il via l’8 agosto – mandano loro delegazioni nella ancora all’epoca importantissima e oggi belga città di Gand (Gent, in fiammingo) per arrivare alla stesura e firma di un Trattato di Pace.
Mentre però i membri della componente americana sono di alto profilo (niente meno che John Quincy Adams, futuro Segretario di Stato e Presidente, Henry Clay, che sarà a sua volta Speaker della Camera e Ministro degli Esteri più volte in corsa per White House, e Albert Gallatin, il più grande e longevo Segretario al Tesoro della storia USA) quelli inglesi, molto meno autorevoli, devono continuamente attendere le disposizioni di Londra e per conseguenza i lavori languono.
È infine solo il 24 dicembre 1814 che il Trattato (i cui contenuti in generale riportano la situazione allo stato precedente l’inizio del conflitto) viene firmato.
Ovviamente, la notizia della avvenuta composizione della vicenda impiega qualche lungo tempo ad arrivare dove si combatte.
È pertanto a pace decisa da quindici giorni che a New Orleans i due Eserciti si scontrano sanguinosamente.
È addirittura l’8 gennaio 1815 e le truppe americane sbaragliano quelle rivali.
Le comanda il Generale Andrew Jackson che a seguito di questa vittoriosa impresa acquista fama nazionale.
Si illustrerà ancora più avanti ma quasi certamente se a New Orleans non si fosse combattuto la sua vicenda politica avrebbe avuto altro svolgimento.
Sarà difatti candidato alla Casa Bianca nel 1824.
Sconfitto in un modo del tutto unico (primo per voti popolari non conquisterà la maggioranza dei Grandi Elettori e la Camera dei Rappresentanti gli preferirà il citato John Quincy Adams che era arrivato dopo di lui).
Uscirà dai Democratici/Repubblicani tra i quali sia lui che Adams militavano e darà origine alla formazione del Partito Democratico Americano ancora oggi grande protagonista.
Se nel 1814 a Gand avessero avuto a disposizione non si dice il cellulare ma il telegrafo, insomma, fuori dalle fantasticherie, se la notizia della firma fosse giunta in America rapidamente l’intera storia non solo politico istituzionale degli Stati Uniti sarebbe stata e sarebbe quasi certamente del tutto diversa!

8 aprile 2024

Massachusetts: storia elettorale in occasione delle presidenziali

1788/1789: (George Washington)
1792: (George Washington)
1796: Federalista (J. Adams)
1800: Federalista (J. Adams)
1804: Democratico-Repubblicano (Jefferson)
1808: Federalista (C. C. Pinckney)
1812: Federalista (D. Clinton)
1816: Federalista (King)
1820: Democratico-Repubblicano (Monroe)
1824: Democratico-Repubblicano (J. Q. Adams)
1828: National Republican (J. Q. Adams)
1832: National Republican (Clay)
1836: Whig (W. Harrison)
1840: Whig (W. Harrison)
1844: Whig (Clay)
1848: Whig (Taylor)
1852: Whig (Scott)
1856: Repubblicano (Fremont)
1860: Repubblicano (Lincoln)
1864: Repubblicano (Lincoln)
1868: Repubblicano (Grant)
1872: Repubblicano (Grant)
1876: Repubblicano (Hayes)
1880: Repubblicano (Garfield)
1884: Repubblicano (Blaine)
1888: Repubblicano (B. Harrison)
1892: Repubblicano (B. Harrison)
1896: Repubblicano (McKinley)
1900: Repubblicano (McKinley)
1904: Repubblicano (T. Roosevelt)
1908: Repubblicano (Taft)
1912: Repubblicano (Taft)
1916: Repubblicano (Hughes)
1920: Repubblicano (Harding)
1924: Repubblicano (Coolidge)
1928: Democratico (Smith)
1932: Democratico (F. D. Roosevelt)
1936: Democratico (F. D. Roosevelt)
1940: Democratico (F. D. Roosevelt)
1944: Democratico (F. D. Roosevelt)
1948: Democratico (Truman)
1952: Repubblicano (Eisenhower)
1956: Repubblicano (Eisenhower)
1960: Democratico (Kennedy)
1964: Democratico (Johnson)
1968: Democratico (Humphrey)
1972: Democratico (McGovern)
1976: Democratico (Carter)
1980: Repubblicano (Reagan)
1984: Repubblicano (Reagan)
1988: Democratico (Dukakis)
1992: Democratico (B. Clinton)
1996: Democratico (B. Clinton)
2000: Democratico (Gore)
2004: Democratico (Kerry)
2008: Democratico (Obama)
2012: Democratico (Obama)
2016: Democratico (Hillary Clinton)
2020: Democratico (Biden)

8 aprile 2024

Gli sconfitti: Al Gore. Che incredibile 2000

Unico candidato alla Nomination (che non fosse il Presidente uscente, la qual cosa indubbiamente favorisce) in tempi recenti di uno dei due partiti maggiori a vincere nel corso della campagna interna per la conquista nei Caucus e nelle Primarie dei Delegati alla Convention in tutte le circostanze (cinquantasei su cinquantasei) con una percentuale di suffragio popolare del settantacinque e quattro.
Solo oppositore l’ex grande campione cestista, medaglia d’oro olimpica, sul parquet anche in Italia a Milano, Senatore Bill Bradley.
Nominato dalla Convention con quasi il cento per cento dei voti (nessuno contro su ben oltre quattromila e solo nove gli astenuti).
Capace di prevalere nelle urne nazionali a novembre per oltre mezzo milione di suffragi nei confronti del rivale repubblicano.
Il candidato democratico del 2000 Al Gore, Vice Presidente nei due mandati di Bill Clinton e pertanto uscente, risultò alla fine sconfitto nel Collegio Elettorale al quale fanno capo gli Elettori (iniziale maiuscola per distinguerli da quelli comuni).
Battuto dopo conteggi e riconteggi delle contestatissime votazioni in Florida e i ricorsi presentati a tutti i possibili livelli, dalla definitiva determinazione della Corte Suprema che assegnava lo Stato con capitale Tallahassee all’esponente del Grand Old Party George Walker Bush.
Era la terza volta che accadeva (Samuel Tilden perse allo stesso modo da Rutherford Hayes nel 1876 e Grover Cleveland da Benjamin Harrison nel 1888) e in ogni caso (accadrà nel 2016 con Hillary Rodham Clinton che vanterà milioni di voti popolari in più e perderà ugualmente nel Collegio da Donald Trump) lo sconfitto quanto alla conquista dello scranno alla Executive Mansion era risultato (e risulterà, con la prima donna davvero in grado di vincere) il candidato democratico.
È questo un dato di fatto.
(Per inciso, visto il conteggio – duecentosettantuno a duecentosessantasei, con uno dei delegati che non volle pronunciarsi – al democratico sarebbe bastato prevalere nel proprio Stato, il Tennessee, titolare di undici Elettori, per vincere relativamente bene).

Ebbi personalmente modo di conoscere ed ascoltare Al Gore al Corriere della Sera l’8 marzo del 2001.
Ospite del direttore Ferruccio de Bortoli (al quale dovevo l’invito), partecipe l’Ambasciatore Sergio Romano – due ottimi amici più volte presenti nei miei ‘Salotti’ al Caffè Zamberletti – prese parte come star ad una cerimonia intesa a celebrare i centoventicinque anni del quotidiano di via Solferino.
Si presentò Gore dicendo di essere l’uomo che avrebbe dovuto sedere a quel mentre a White House, così purtroppo non potendo fare.
Non memorabile, per quanto mi riguarda e rammento, invero la sua presenza.
Da un punto di vista elettorale (avrà soddisfazioni altrimenti, fra le quali un discutibile Nobel per la Pace) fu quel dapprima assolutamente travolgente e poi drammaticamente deludente anno Duemila il suo canto del cigno.

8 aprile 2024

Presidenziali del 1980

Al voto il 4 novembre.
Cinquantadue e sei per cento gli elettori effettivamente andati alle urne.
Quanto agli Elettori (con l’iniziale maiuscola perché, come sempre ripetuto, vanno distinti da quelli comuni in quanto loro specifico compito è eleggere effettivamente il Presidente) e alla maggioranza assoluta, lo sappiamo, a seguito dell’entrata nell’Unione di Alaska ed Hawaii e dopo l’approvazione dell’Emendamento che riconosce rappresentanza in materia anche al Distretto di Columbia, i numeri si sono stabilizzati e resteranno tali fino ad oggi (e cambieranno, salvo cataclismi non augurabili come la Guerra di Secessione, per carità, solo con l’entrata nell’Unione di un eventuale cinquantunesimo Stato): cinquecentotrentotto i membri del Collegio da eleggere e duecentosettanta il minimo da raggiungere.

Il sistema Primarie e Caucus per la scelta dei delegati alla Convention?
Certo, il Partito Repubblicano aveva introdotto le Primarie a livello appunto delle presidenziali già nella tornata del 1912 ma pochi gli Stati allora coinvolti.
Ancora nel 1968, solo il quaranta per cento dei citati delegati era effettivamente scelto dagli elettori.
È proprio nel 1980 che il meccanismo entra pienamente in funzione: trentasette Stati su cinquanta lo adottano.
Moltissimi i cittadini coinvolti, un trionfo della democrazia di base.

Il Presidente in carica, Jimmy Carter, era talmente poco difendibile per i numerosi insuccessi specie in politica estera da temere grandemente la sfida interna all’Asinello portatagli dal Senatore del Massachusetts Edward ‘Ted’ Kennedy, fratello di John e di Robert.
Corre per poco tempo anche il Governatore della California Jerry Brown .

Tra alti e bassi, malgrado la veemenza degli attacchi di Ted, Carter riesce a prevalere di poco nelle Primarie e ad essere nuovamente candidato in una Convention nuovaiorchese nella quale serpeggia una pesante aria di sconfitta.
A comporre il ticket, il Vice Presidente uscente Walter Mondale.

Nel GOP, corsa in testa dell’ex Governatore della California Ronald Reagan che mano mano acquista vantaggio nei confronti di uno sfidante certamente di valore quale l’ex Ambasciatore all’ONU e in Cina nonché Direttore della CIA George Herbert Bush.

Per il vero, esiste e si palesa un terzo incomodo: il Rappresentante dell’Illinois John Anderson il quale, sconfitto, esce dal partito e si candida come indipendente.

Alla sfida conclusiva per White House numerosi altri candidati, peraltro significativi solo al fine di rappresentare comunque una idea: un libertariano (il Libertarian Party è stato fondato nel 1971), un socialista, un comunista e via elencando.

Una campagna strana con due concorrenti maggiori poco amati (Reagan diventerà Reagan governando!).
Una campagna all’inizio della quale Anderson pare debba avere numerosi sostenitori in specie nelle Università tra docenti e studenti (raccoglierà un dignitoso sei e sei per cento dei suffragi popolari).
Alla fine, ulteriormente azzoppato dai fatti iraniani e dai fallimenti delle azioni intraprese per liberare gli ostaggi USA prigionieri nell’ambasciata di Teheran, Carter perde rovinosamente.

Da sottolineare il fatto che si tratta storicamente dell’unica occasione nella quale uno sfidante repubblicano riesce a defenestrare un Presidente uscente e ricandidato democratico.
Non può essere messo sullo stesso piano infatti quanto occorso nel 1888, allorquando l’Asinello Grover Cleveland era stato battuto ed estromesso dal GOP Benjamin Harrison in primo luogo perché Cleveland aveva comunque vinto quanto a voti popolari e in secondo luogo perché lo stesso sarà capace nel 1892 di rivincere arrivando pertanto a conquistare, caso unico, la Casa Bianca due volte con un intermezzo.

I voti?
Ronald Reagan, quarantaquattro stati e quattrocentoottantanove Elettori.
Jimmy Carter, sei Stati e quarantanove voti nel Collegio.

8 aprile 2024