Perché parlare delle uscite elettorali di Jesse Ventura

L’ex Governatore del Minnesota Jesse Ventura – riferisce The Hill – ha detto che potrebbe battere sia Joe Biden che Donald Trump in un ipotetico confronto elettorale.
“Se avessi diritto di voto in tutti gli Stati e mi fosse permesso di partecipare ai dibattiti”, ha sostenuto, “potrei sconfiggere i candidati dei due partiti maggiori”.
Malgrado il pulpito dal quale viene la predica (un uomo politico decisamente di seconda schiera che ha avuto successo in Minnesota a cavallo dei due millenni per via della fama conquistata da wrestler sui ring e soprattutto in quanto proposto dall’allora significativo Reform Party di Ross Perot), importanti le sue parole perché evidenziano la reale impossibilità anche solo di proporsi seriamente nel sistema elettorale americano per un terzo che intenda rappresentare una alternativa.
Dovrebbe il desso, per cominciare, superare gli sbarramenti procedurali creati da repubblicani e democratici negli Stati per riuscire ad essere iscritto nelle schede ed inoltre ottenere di partecipare ai dibattiti televisivi ai quali solo avendo addirittura un quindici per cento di gradimento nei sondaggi nazionali (per di più fortemente condizionati se non proprio pilotati) si ha accesso.
Un percorso che praticamente nessuno – fallì perfino il citato pluri miliardario texano Ross Perot che non conquistò neppure uno Stato da indipendente nel 1992 come alla testa di un movimento fondato ad hoc quattro anni dopo – può intraprendere con reali speranze di riuscita.

20 aprile 2024

Dal prevalente rosso repubblicano al blu democratico più esteso

Il più grande tracollo elettorale da una elezione all’altra si è avuto tra il 1928 e il 1932, prima e dopo la Grande Depressione.
Herbert Hoover, in tutte e due le circostanze candidato dai repubblicani, stravinse nel ‘28 conquistando quaranta Stati e quattrocento quarantaquattro componenti il Collegio elettorale e perse rovinosamente nel turno seguente crollando a sei soli Stati e cinquantanove Electors.
Davvero impressionanti al confronto le due cartine geografiche colorate: una marea di rosso (colore dei repubblicani) nel 1928 e di blu (dei democratici) quattro anni dopo.

20 aprile 2024

I Presidenti: John Adams, primo Vice e secondo titolare

La scheda.
Nato nel 1735 a Braintree (Massachussets), divenne ben presto sostenitore dell’indipendenza politica ed economica delle tredici colonie rispetto alla madrepatria britannica.
Divenuto membro del Congresso di Filadelfia, vi portò le proprie istanze rivoluzionarie, appoggiò la nomina di George Washington a comandante supremo del neonato esercito americano e prese attivamente parte alla redazione della Dichiarazione di Indipendenza, proclamato il 4 luglio del 1776.
Nel corso della Guerra d’indipendenza diede prova della sua abilità diplomatica come Ambasciatore a Parigi e a Londra.
Insieme a Franklin negoziò il Trattato di Parigi nel 1783, sancendo così l’indipendenza delle colonie.
Vicepresidente durante l’amministrazione Washington, si avvicinò in questo periodo al Partito Federalista di Hamilton, proponendo un modello statale di stampo centralizzato.
Questa dottrina fu da lui messa in pratica una volta eletto Presidente nel 1796, dopo aver sconfitto Thomas Jefferson (che divenne suo Vice): fece difatti approvare i contestatissimi Alien and Sedition Acts (con cui si limitava l’acquisizione della cittadinanza e si ampliavano i poteri presidenziali in caso di emergenza).
In politica estera intrattenne rapporti burrascosi con la Francia, sfiorando addirittura la possibilità di una guerra (cosa che lo indusse a nominare nuovamente il vecchio Washington comandante delle truppe in capo).
Divenuto fortemente impopolare a causa del suo autoritarismo, perse le elezioni del 1800 che videro trionfare il suo Vice (e rivale) Thomas Jefferson, determinando così una vittoria dei repubblicani.
Ritiratosi a vita privata, morì nel 1826, proprio come il più volte citato rivale di una vita, esattamente il 4 luglio, giorno del cinquantesimo anniversario della Dichiarazione di Indipendenza, a Quincy nel suo Massachussets.

20 aprile 2024

North Carolina: storia elettorale in occasione delle presidenziali

1792: (George Washington)
1796: Democratico-Repubblicano (Jefferson)
1800: Democratico-Repubblicano (Jefferson)
1804: Democratico-Repubblicano (Jefferson)
1808: Democratico-Repubblicano (Madison)
1812: Democratico-Repubblicano (Madison)
1816: Democratico-Repubblicano (Monroe)
1820: Democratico-Repubblicano (Monroe)
1824: Democratico-Repubblicano (Jackson)
1828: Democratico (Jackson)
1832: Democratico (Jackson)
1836: Democratico (Van Buren)
1840: Whig (W. Harrison)
1844: Whig (Clay)
1848: Whig (Taylor)
1852: Democratico (Pierce)
1856: Democratico (Buchanan)
1860: Democratico Sudista (Breckinridge)
1864: Guerra civile
1868: Repubblicano (Grant)
1872: Repubblicano (Grant)
1876: Democratico (Tilden)
1880: Democratico (Hancock)
1884: Democratico (Cleveland)
1888: Democratico (Cleveland)
1892: Democratico (Cleveland)
1896: Democratico (Bryan)
1900: Democratico (Bryan)
1904: Democratico (Parker)
1908: Democratico (Bryan)
1912: Democratico (Wilson)
1916: Democratico (Wilson)
1920: Democratico (Cox)
1924: Democratico (Davis)
1928: Repubblicano (Hoover)
1932: Democratico (F. D. Roosevelt)
1936: Democratico (F. D. Roosevelt)
1940: Democratico (F. D. Roosevelt)
1944: Democratico (F. D. Roosevelt)
1948: Democratico (Truman)
1952: Democratico (Stevenson)
1956: Democratico (Stevenson)
1960: Democratico (Kennedy)
1964: Democratico (Johnson)
1968: Repubblicano (Nixon)
1972: Repubblicano (Nixon)
1976: Democratico (Carter)
1980: Repubblicano (Reagan)
1984: Repubblicano (Reagan)
1988: Repubblicano (G. H. Bush)
1992: Repubblicano (G. H. Bush)
1996: Repubblicano (Dole)
2000: Repubblicano (G. W. Bush)
2004: Repubblicano (G. W. Bush)
2008: Democratico (Obama)
2012: Repubblicano (Romney)
2016: Repubblicano (Trump)
2020: Repubblicano (Trump)

20 aprile 2024

New York: storia elettorale in occasione delle presidenziali

1788/1789: (George Washington)
1792: (George Washington)
1796: Federalista (J. Adams)
1800: Democratico-Repubblicano (Jefferson)
1804: Democratico-Repubblicano (Jefferson)
1808: Democratico-Repubblicano (Madison)
1812: Federalista (D. Clinton)
1816: Democratico-Repubblicano (Monroe)
1820: Democratico-Repubblicano (Monroe)
1824: Democratico-Repubblicano (J. Q. Adams)
1828: Democratico (Jackson)
1832: Democratico (Jackson)
1836: Democratico (Van Buren)
1840: Whig (W. Harrison)
1844: Democratico (Polk)
1848: Whig (Taylor)
1852: Democratico (Pierce)
1856: Repubblicano (Fremont)
1860: Repubblicano (Lincoln)
1864: Repubblicano (Lincoln)
1868: Democratico (Seymour)
1872: Repubblicano (Grant)
1876: Democratico (Tilden)
1880: Repubblicano (Garfield)
1884: Democratico (Cleveland)
1888: Repubblicano (B. Harrison)
1892: Democratico (Cleveland)
1896: Repubblicano (McKinley)
1900: Repubblicano (McKinley)
1904: Repubblicano (T. Roosevelt)
1908: Repubblicano (Taft)
1912: Democratico (Wilson)
1916: Repubblicano (Hughes)
1920: Repubblicano (Harding)
1924: Repubblicano (Coolidge)
1928: Repubblicano (Hoover)
1932: Democratico (F. D. Roosevelt)
1936: Democratico (F. D. Roosevelt)
1940: Democratico (F. D. Roosevelt)
1944: Democratico (F. D. Roosevelt)
1948: Repubblicano (Dewey)
1952: Repubblicano (Eisenhower)
1956: Repubblicano (Eisenhower)
1960: Democratico (Kennedy)
1964: Democratico (Johnson)
1968: Democratico (Humphrey)
1972: Repubblicano (Nixon)
1976: Democratico (Carter)
1980: Repubblicano (Reagan)
1984: Repubblicano (Reagan)
1988: Democratico (Dukakis)
1992: Democratico (B. Clinton)
1996: Democratico (B. Clinton)
2000: Democratico (Gore)
2004: Democratico (Kerry)
2008: Democratico (Obama)
2012: Democratico (Obama)
2016: Democratico (Hillary Clinton)
2020: Democratico (Biden)

19 aprile 2024

Il terzo incomodo Robert Kennedy jr si fa avanti

Robert F. Kennedy Jr. ha ufficialmente ottenuto il ballott access nel Michigan, uno Stato chiave, campo di battaglia che – ricordando quanto accaduto nelle recenti tornate elettorali – potrebbe rivelarsi fondamentale nel decidere l’esito delle presidenziali del 2024.
Temono fortemente i democratici che un qualche successo colaggiù di Kennedy potrebbe far perdere loro i delegati dello Stato al Collegio Elettorale.

19 aprile 2024

Biden guida nelle intenzioni di voto tra i giovani elettori

Un nuovo sondaggio condotto dall’Harvard Institute of Politics sugli elettori sotto i trent’anni rileva che Joe Biden prevale su Donald Trump per il cinquantasei per cento contro il trentasette tra quanti possono essere ritenuti probabili elettori.
Il sondaggista John Della Volpe ha affermato: “Affinché un democratico possa vincere comodamente il Collegio Elettorale, deve ottenere il sessanta per cento dei suffragi giovanili.
Biden e Obama, nel 2012 e 2020, hanno prevalso così e Obama ha ottenuto addirittura il sessantasei nel 2008.
John Kerry e Hillary Clinton, entrambi battuti, hanno riportato il cinquantacinque.
Biden è attualmente all’incirca a metà tra cinquanta e sessanta.
Può migliorare la situazione e arrivare al necessario sessanta comunque abbastanza a portata di mano?”

19 aprile 2024

Ritratti di Signore americane: Dolly Payne Madison

Consorte di James Madison, Padre della Patria, massimo costituente e ideologo principe, per sintetizzare, va in particolare ricordata perché è in occasione dei suoi funerali nel 1849 che il Capo dello Stato Zachary Taylor, ricordandone l’attività al fianco del coniuge, la definì First Lady, appellativo poi utilizzato per tutte le Signore (non solo mogli ma a volte figlie, nipoti, nuore), anche tornando indietro nel tempo, che hanno governato White House e naturalmente ben altro.

19 aprile 2024

I Presidenti: George Washington

La scheda
Nato nel 1732 a Bridges Creek (Virginia), intraprese la carriera militare nel corso della Guerra dei Sette Anni, battagliando contro i francesi e acquisendo la fama di valoroso combattente.
Avvicinatosi successivamente alla politica, fu eletto nel parlamento della Virginia nel periodo in cui le polemiche contro l’Inghilterra esplodevano vigorosamente.
Divenuto dunque membro del Congresso Continentale nel 1774, a causa del precipitare degli eventi, il Presidente John Hancock lo nominò comandante in capo del neonato esercito indipendentista nel 1775, avviando così la Guerra con la madrepatria.
Dopo aver riportato una serie di vittorie contro gli inglesi, sferrò loro il colpo di grazia nella battaglia di Yorktown: si giunse così alla Pace di Parigi nel 1783 con cui l’Inghilterra riconosceva l’indipendenza delle tredici colonie.
Divenuto un’autentica celebrità, fu Presidente della Convenzione di Filadelfia: in questo ruolo partecipò alla redazione della Costituzione, battendosi particolarmente per l’introduzione di un potere esecutivo forte.
Nel 1789 diventò il primo Presidente degli Stati Uniti d’America, il solo indipendente non avendo partito di riferimento, in un periodo storico decisamente turbolento.
Cercò costantemente di presentarsi come uomo della Nazione, assumendo quindi un atteggiamento il più possibile neutrale e super partes, non riuscendo comunque ad evitare il formarsi di una (seppur fisiologica) dialettica interna alla politica statunitense tra i federalisti, guidati da Hamilton (che propugnavano la tesi di uno Stato centralizzato, una tesi cui lo stesso Washington guardava con un certo favore) e i repubblicani, guidati da Jefferson (favorevoli ad un maggiore decentramento politico-amministrativo).
Sul fronte estero poi, Washington tese a mantenere una posizione molto cauta nello scontro tra Francia e Inghilterra, evitando di schierarsi a fianco dei rivoluzionari francesi e attirandosi per questo numerose critiche in patria, accusato di fare il gioco dell’odiata politica britannica.
Terminato il secondo mandato nel 1797, rifiutò un terzo incarico, ritirandosi a vita privata.
Morì due anni dopo a Mount Vernon.

19 aprile 2024

Presidenziali del 2020

Alle urne (voto postale a parte, e ne parliamo perché il deciso aumento del suffragio non in presenza in molte realtà – la competenza legislativa in merito è locale – è stato motivo di forti contestazioni da parte repubblicana ritenendolo Trump e collaboratori passibile di molte alterazioni fraudolente, in buona sostanza di brogli) il 3 novembre essendo, come oramai da tempo gli Elettori da nominare cinquecentotrentotto e conseguentemente duecentosettanta la maggioranza da raggiungere nel Collegio dipoi deliberante.

Record percentuale (sessantasei e sei) di votanti a far luogo dall’anno 1900 (numericamente, oltre ottantuno milioni, pari al cinquantuno e trentuno per cento, quanti si esprimono per il democratico e sfidante Joe Biden, più di settantaquattro, il quarantasei e ottantacinque, i sostenitori del Presidente uscente repubblicano Donald Trump il quale, come altri predecessori GOP – Benjamin Harrison, William Taft, Herbert Hoover, Gerald Ford, George Herbert Bush – fallisce la conferma), in totale e in entrambi i campi in assoluto.

In termini di Elettori (con l’iniziale maiuscola, si ripete ancora, per distinguerli da quelli comuni visto che hanno il compito di eleggere effettivamente il Capo dello Stato), trecentosei a duecentotrentadue.

Biden interrompe una serie di vittorie ad opera di Presidenti in cerca di ottenuta conferma lunga ventiquattro anni (Clinton/Clinton, G. W. Bush/G. B. Bush, Obama/Obama).
Con lui a formare il ticket dem la Senatrice della California Kamala Harris.
Non ovviamente (guardando ai due partiti egemoni, era stata preceduta nel ruolo di candidata vicaria da Geraldine Ferraro, del partito dell’Asino, nel 1984 e da Sarah Palin, una Elefantina, nel 2008) la prima Signora in corsa per lo scranno secondario ma la prima ad essere eletta.

Praticamente immediate, a spoglio che si annuncia dopo qualche momento a lui avverso, le contestazioni dell’incumbent (che da allora non ha mai mancato di ripetere che la Casa Bianca gli è stata “rubata”).
Molteplici i ricorsi prima che il 23 novembre la sua amministrazione consenta l’avvio della transizione.

Alla fine (quel che accade successivamente, attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021 compreso, non concerne l’elezione), il Collegio formato dagli Electors nomina Biden il 14 dicembre 2020 (primo lunedì dopo il secondo mercoledì del mese seguente la votazione novembrina, come vuole la legge).
Entrerà in carica quale quarantaseiesimo inquilino della Executive Mansion a mezzogiorno del 20 gennaio 2021, giurando nelle mani del Chief della Corte Suprema John Glover Roberts.

Facendo un passo indietro, occorre sottolineare che Biden non è stato vincente nelle iniziali Primarie democratiche e che ha potuto prendere il volo sostanzialmente solo dopo l’intervento dell’establishment del partito che ha chiesto agli altri candidati non solo di ritirarsi ma anche di appoggiarlo.
Vinte così – l’unico oppositore rimasto essendo il ‘socialista’ Bernie Sanders – le molte votazioni locali del Supermartedì (il 2 marzo) ha successivamente ‘raccolto’ con facilità la Nomination.
Lo scoppio della pandemia da Covid (è stata la prima volta che negli Stati Uniti si è tenuta una campagna elettorale presidenziale tanto condizionata perché la Spagnola aveva avuto il suo periodo peggiore mentre erano in corso le Mid Term del 1918 e non nel 1920) ha certamente influito sul voto: difficile se non impossibile infatti per l’amministrazione, per quanto facesse, ottenere successi nel contenimento dell’epidemia ed evitare le conseguenti critiche.

A parte gli odi personali che ovviamente hanno avuto peso, l’esito elettorale ha viepiù evidenziato il distacco se non addirittura la contrapposizione frontale tra due Americhe: quella democratica per assai discutibile definizione progressista (perché mai l’aborto e il matrimonio gay, per dire, debbono essere considerati un progresso?) e quella repubblicana sostanzialmente conservatrice.
La prima vincente sommamente nei centri urbani maggiori (nel 2023, Miami esclusa, tutti i Sindaci della città più importanti sono dell’Asinello), la seconda nelle campagne.
Per la prima volta dal 1960 il vincitore in Ohio (Trump) non ha conquistato White House.
Come rarissimamente occorso, un candidato del Grand Old Party, vincente sia in Ohio che in Florida, non ha battuto il rivale.

18 aprile 2024