Biden in rimonta nei Battlegrounds?

Un sondaggio a cadenza mensile di Bloomberg News/ Morning Consult evidenzia una notevole inversione di tendenza concernente ben sei dei sette Battlegrounds, gli Stati considerati in bilico e ritenuti decisivi che fino a pochi giorni fa e da quattro mesi vedevano prevalere in alcuni casi abbastanza nettamente Donald Trump.
Oggi, non è più così in particolare in Wisconsin e Pennsylvania.
Ovviamente, mutamenti ulteriori anche nel senso inverso sono da considerare prossimamente possibili o addirittura frequenti.
Prendiamo atto del risultato sopra esposto ricordando che le rilevazioni in campo politico sono soggette a smentita fino al giorno delle elezioni come clamorosamente accaduto nel 2016.

26 marzo 2024

I Governatori del New York e la Casa Bianca

Uno dei migliori trampolini di lancio?
Ben dodici Governatori o ex Governatori della Stato di New York sono arrivati alla Nomination presidenziale e quattro tra loro alla Casa Bianca.
Nell’ordine:
George Clinton, candidato nel 1792 e nel 1808.
John Jay, in corsa nel 1800.
De Witt Clinton, proposto nel 1812.
Martin Van Buren, eletto nel 1836 e sconfitto nel 1840.
Horatio Seymour, candidato nel 1868.
Samuel Tilden, in pista nel 1876.
Grover Cleveland, eletto nel 1884, battuto nel 1888, rieletto nel 1892.
Theodore Roosevelt, subentrato a William McKinley nel 1901 e poi eletto nel 1904.
Charles Evans Hughes, candidato nel 1916.
Alfred Smith, in corsa nel 1928
Franklin Delano Roosevelt, eletto nel 1932, nel 1936, nel 1940 e nel 1944.
Thomas Dewey, sconfitto nel 1944 e nel 1948
A ben guardare, oltre settant’anni che non capita più!

26 marzo 2024

District of Columbia: storia elettorale in occasione delle presidenziali

1964: Democratico (Johnson)
1968: Democratico (Humphrey)
1972: Democratico (McGovern)
1976: Democratico (Carter)
1980: Democratico (Carter)
1984: Democratico (Mondale)
1988: Democratico (Dukakis)
1992: Democratico (B. Clinton)
1996: Democratico (B. Clinton)
2000: Democratico (Gore)
2004: Democratico (Kerry)
2008: Democratico (Obama)
2012: Democratico (Obama)
2016: Democratico (Hillary Clinton)
2020: Democratico (Biden)

26 marzo 2024

Gli sconfitti: William Jennings Bryan che perse tre volte

1925, Dayton, Tennessee.
Nel ‘Profondo Sud’ americano, sulla scorta di una legge approvata pochissimo tempo prima, ecco aprirsi un processo per qualche verso di poco conto (l’imputato finirà per essere condannato al pagamento di una multa di cento dollari!) nei cui confronti, però, si appunta, sollecitata dal famoso giornalista Henry Louis Mencken, l’attenzione dell’intera nazione.
Alla sbarra, John T. Scopes, giovane insegnante di biologia presso il locale liceo, accusato di aver violato (lo aveva fatto volontariamente per attirare l’attenzione dei media sulla nuova disposizione) la legge che, come detto da pochi mesi, proibisce anche solo di accennare a scuola alle teorie evoluzionistiche darwiniane.

In sua difesa, appositamente arrivato dalla metropoli, nientemeno che il grande penalista Clarence Darrow, celebre in tutto il Paese, al quale l’accusa contrappone un ‘esperto’ della Bibbia di primissimo piano, William Jennings Bryan, già Segretario di Stato con Woodrow Wilson dal 1912 al 1915 e, per parte sua, in precedenza, tre volte invano candidato alla Casa Bianca.
‘Esperto della Bibbia’ ho detto, ed è questo il punto.
In Tennessee, come in molti altri Stati dell’Unione (e non solo fra quanti appartenenti alla cosiddetta ‘Bilble Belt’) è – allora e per molto tempo a venire se non ancora ai nostri giorni – quel libro sacro il fondamento incontrovertibile, anche e soprattutto riguardo alla creazione dell’uomo.
Tutti, in quelle e nelle vicine terre, rifiutando assolutamente l’evoluzionismo che “va contro il dettato divino”, sono ‘creazionisti’!

Assalto dei media (il processo sarà il primo seguito via radio in tutto il Paese).
Grandi emozioni.
Contrasti insanabili di educazione, di stile e di carattere tra Darrow e Bryan che peraltro si conoscevano benissimo ed erano in qualche modo amici.

Memorabile, l’interrogatorio del primo al secondo:
“Crede che il Sole sia stato creato il quarto giorno?”
“Si”.
“E c’erano già il mattino e la sera?”…

Come si è detto, vittoria dell’accusa, del tutto effimera visto che il verdetto verrà annullato in sede di Corte Suprema.

Infine, morte per infarto, pochissimi giorni dopo e probabilmente in conseguenza dell’aspra contesa verbale, di William Jennings Bryan, in qualche modo personalmente sconfitto considerato che di fronte all’intera nazione, alla radio, ne erano state svelate le posizioni oscurantiste.

L’appassionante vicenda verrà rappresentata a teatro con grande successo (‘Inherit the Wind’, autori, Jerome Lawrence e Robert E. Lee) e quindi trasposta cinematograficamente due volte.
Da Stanley Kramer nel 1960 – ‘…e l’uomo creò Satana’ – con Spencer Tracy e Fredric March sul grande schermo, e molti anni dopo, in un film tv (‘1925, il processo della scimmia’), con Kirk Douglas e Jason Robards.

26 marzo 2024

Presidenziali del 1928

Alle urne il 6 novembre.
Cinquecentotrentuno ancora (sarà così fino al 1956 compreso) gli Elettori.
Duecentosessantasei il limite minimo per ottenere la maggioranza assoluta.
Cinquantasei e nove per cento (un aumento dell’otto rispetto alle precedenti consultazioni) la percentuale degli aventi diritto al voto recatisi ai seggi.

Il Partito Repubblicano, riunito in Convention a Kansas City, essendosi dichiarato non disponibile il Presidente uscente Calvin Coolidge, nomina il Segretario al Commercio in carica Herbert Hoover.
Prevale sull’ex Governatore dell’Illinois Frank Orren Lowden e sul Senatore del Kansas Charles Curtis (fra l’altro, il solo pellerossa arrivato a tale vertice politico) che sarà con lui nel ticket come candidato Vice Presidente.

Il Partito Democratico, a Houston, sceglie il Governatore del New York Alfred Smith.
Suo Running Mate il Senatore dell’Arkansas Joseph Robinson.

Entrambi i candidati a White House nonché i motivi del contendere meritano l’approfondimento che segue.

Prima, comunque, il risultato elettorale:
Herbert Hoover – vincitore ‘a valanga’, conquista quaranta Stati e quattrocentoquarantaquattro delegati al Collegio;
ad Alfred Smith, otto Stati e ottantasette Elettori.

Annotazioni
Il vincitore: Un tipo davvero in gamba
Ingegnere attivo a livello internazionale.
Milionario in giovane età.
Capacissimo Presidente del consiglio interalleato per gli aiuti alle popolazioni colpite dagli eventi bellici durante e dopo la Prima Guerra Mondiale.
Uomo politico che aveva saputo tessere ottime relazioni in particolare con i Paesi latino americani.
Ministro del Commercio sotto Warren Harding e il suo successore.
Un curriculum eccezionale, senza la minima pecca, quello del candidato scelto dai repubblicani in vista delle elezioni del 1928.
Demolito il democratico cattolico (‘papista’, secondo i denigratori) Alfred Smith, eccolo a White House.
È il 4 marzo del 1929.
Non molti mesi dopo, il terribile ‘crollo di Wall Street’.
Poi, la Grande Depressione.
Qualcuno può davvero pensare che Herbert Hoover abbia avuto a disposizione tra l’ottobre 1929 e il 1932 – quando sarà defenestrato da Franklin Delano Roosevelt – anni di Presidenza felici?
Anche un solo giorno fausto?
La famosissima e terribile, visto quanto accadde da lì a poco, frase che pronunciò nel corso del discorso di Insediamento: “In America siamo vicini, oggigiorno, al trionfo finale sulla povertà, come mai era accaduto prima nella storia di qualsiasi altro Paese”, dimostra abbondantemente come i politici, per quanto in gamba possano essere, per quanto adeguatamente informati, non siano assolutamente in grado di prevedere il futuro in campo economico, e non solo.

Lo sconfitto.
Il ‘papista’ Alfred Smith
Il primo cattolico che pensò seriamente alla Presidenza non fu, come molti credono, John F. Kennedy ma Alfred E. Smith.
Orfano a quindici anni e costretto a lasciare la scuola per lavorare come contabile per mantenere la madre e i quattro fratelli minori, Smith si dimostrò subito un vero ‘animale’ politico.
Membro dell’assemblea dello Stato di New York per i democratici nel 1902, in seguito Sceriffo della Contea (sempre di New York) e Presidente del circolo comunale, Alfred, nel 1918, arrivò facilmente al Governatorato dello Stato venendo di poi rieletto, con l’eccezione del 1920, altre tre volte.
Contrapposto, come visto, nel 1924, nella Convention nazionale del Partito dell’Asino che si svolgeva al Madison Square Garden, a William Gibbs McAdoo (genero dell’ex Presidente Wilson e già Ministro del Tesoro), risultati inutili ben centodue scrutini, si vide obbligato, insieme al rivale, a ritirare la candidatura a favore di John Davis che venne così nominato alla centotreesima votazione per essere poi battuto dal capo dello Stato uscente il repubblicano Calvin Coolidge.
Tornato alla carica nel 1928, ‘l’eroico guerriero’ (in tal modo lo aveva battezzato, presentandolo ufficialmente in questa seconda occasione ai delegati, Franklin Delano Roosevelt), sia pure con difficoltà, ottenne la tanto sospirata Nomination ed ingaggiò un aspro duello con il concorrente prescelto dal GOP Herbert Hoover.

Come scrive Michael Parrish in ‘L’età dell’ansia’, “lo scontro tra Hoover e Smith è stata l’ultima epica battaglia culturale degli anni Venti, una battaglia tra opposte realtà religiose, etniche e geografiche. Cattolicesimo irlandese (quello di Smith), contro Protestantesimo, città contro campagna, proibizionisti contro antiproibizionisti…
Smith rappresentava le classi lavoratrici urbane, Hoover il management capitalista illuminato”.
I due fattori che decisero – rovinosamente per il Nostro che si affermò solo in otto Stati su quarantotto – la tenzone furono la sua posizione sul Proibizionismo (voleva abrogare l’Emendamento che lo aveva introdotto e perciò fu brutalmente accusato di essere un ubriacone) e, soprattutto il suo conclamato cattolicesimo (nel suo ufficio di governatore ad Albany campeggiava un ritratto di papa Pio XI con la dedica: ‘Al mio amatissimo figlio Alfred Smith’).
Dai più fanatici tra gli avversari fu addirittura accusato di cospirare con il papa per distruggere la libertà religiosa e politica del Paese!

26 marzo 2024

Il conteso Wisconsin

270towin considera ai fini delle votazioni del 5 novembre il Wisconsin “toss up”, non attribuibile.
Negli ultimi cento anni, in cinque occasioni, un candidato terzo rispetto ai due classici ha superato nello Stato il cinque per cento dei consensi popolari incidendo in qualche modo nella attribuzione degli Elettori (iniziale maiuscola per distinguerli da quelli comuni) spettanti.
In questo 2024, saranno certamente in pista nello Stato con capitale Madison Robert Kennedy jr, indipendente, il designato libertariano e quello verde (probabilmente ancora, come nel 2012 e 16, Jill Stein).
Più difficile pertanto per Biden il compito che quattro anni fa gli fu facilitato da una sentenza della Corte Suprema locale che escludeva per ragioni burocratiche il verde allora in corsa, Howie Hawkins.

25 marzo 2024

Gli sconfitti: Henry Clay, come riusciva a perdere White House, nessuno

Uno dei tre potenti (con lui, Daniel Webster e John Calhoun) componenti il ‘Grande Triumvirato’ che dettò per decenni l’agenda delle attività politiche americane nella prima metà dell’Ottocento.
Un Senatore per il Kentucky eletto mille volte (e fra l’altro considerato da una apposita Commissione presieduta da John Kennedy tra i migliori cinque Laticlavi della storia).
Un autorevole Speaker della Camera dei Rappresentanti.
Un forte Segretario di Stato.
Un importantissimo Legislatore.
Nel 1814, componente della Delegazione USA a Gand per articolare e concludere il Trattato che poneva fine alla cosiddetta ‘Guerra del 1812’.

Tutto questo e ancora di più è stato Henry Clay, infinite volte in corsa per la candidatura alla Casa Bianca e in tre circostanze capace di ottenere l’investitura.
Salvo poi sempre essere sconfitto al momento decisivo dal rivale di turno.
Nel 1824 con altri pretendenti del Partito Democratico Repubblicano, arrivando quarto.
Nel 1832, contrapposto per i Repubblicani Nazionali a Andrew Jackson e sonoramente battuto.
Nel 1844, da Whig, sconfitto dal dark horse democratico James Polk.
Con ogni probabilità, se un quadriennio dopo fosse stato nuovamente proposto, ce l’avrebbe finalmente fatta.
I Whig invece gli preferirono il Generale Zachary Taylor (poi eletto) comandante le truppe americane nella recentissima Guerra col Messico.
Fu allora che Clay sbottò dicendo:
“L’avessi saputo, avrei sparato anch’io a qualche messicano!”

Ciò detto, non può essere qui taciuto il suo decisivo contributo a favore della elezione nel 1824 di John Quincy Adams, contributo che gli diede in cambio la titolarità nei quattro anni seguenti della Segreteria di Stato.
Era nel 1824 citato, arrivato quarto nella conquista degli ‘Electors’, nessuno peraltro tra quanti lo avevano preceduto in grado di ottenere la maggioranza assoluta degli stessi e vincere.
Passata alla Camera (la prima ed unica volta nella vicenda americana elettorale federale) la patata bollente secondo la norma vigente, fece alla fine in modo che lo scranno andasse al citato J. Q. A. facendolo prevalere nei confronti del Generale Andrew Jackson, relativamente primo per voti popolari e Grandi Elettori, che si aspettava come fosse un suo diritto governare e comunque moralmente giusta la nomina.
In conseguenza, quattro anni di gravi contrapposizioni e crisi, la formazione, dissolvendosi sostanzialmente il Democratico/Repubblicano, del partito Democratico tuttora tra i più dominanti.
E nel 1828, la sconfitta di Quincy Adams alla quale il 4 marzo 1829 farà seguito l’Insediamento del rivale fatto che segna l’avvento della borghesia al potere fino a quel momento in mano alla aristocrazia agraria.

25 marzo 2024

Delaware: storia elettorale in occasione delle presidenziali

1789: (George Washington)
1792: (George Washington)
1796: Federalista (J. Adams)
1800: Federalista (J. Adams)
1804: Federalista (C. C. Pinckney)
1808: Federalista (C. C. Pinckney)
1812: Federalista (D. Clinton)
1816: Federalista (King)
1820: Democratico-Repubblicano (Monroe)
1824: Democratico-Repubblicano (Crawford)
1828: National Republican (J. Q. Adams)
1832: National Republican (Clay)
1836: Democratico (Van Buren)
1840: Whig (W. Harrison)
1844: Whig (Clay)
1848: Whig (Taylor)
1852: Democratico (Pierce)
1856: Democratico (Buchanan)
1860: Democratico Sudista (Breckinridge)
1864: Democratico (McClellan)
1868: Democratico (Seymour)
1872: Repubblicano (Grant)
1876: Democratico (Tilden)
1880: Democratico (Hancock)
1884: Democratico (Cleveland)
1888: Democratico (Cleveland)
1892: Democratico (Cleveland)
1896: Repubblicano (McKinley)
1900: Repubblicano (McKinley)
1904: Repubblicano (T. Roosevelt)
1908: Repubblicano (Taft)
1912: Democratico (Wilson)
1916: Repubblicano (Hughes)
1920: Repubblicano (Harding)
1924: Repubblicano (Coolidge)
1928: Repubblicano (Hoover)
1932: Repubblicano (Hoover)
1936: Democratico (F. D. Roosevelt)
1940: Democratico (F. D. Roosevelt)
1944: Democratico (F. D. Roosevelt)
1948: Repubblicano (Dewey)
1952: Repubblicano (Eisenhower)
1956: Repubblicano (Eisenhower)
1960: Democratico (Kennedy)
1964: Democratico (Johnson)
1968: Repubblicano (Nixon)
1972: Repubblicano (Nixon)
1976: Democratico (Carter)
1980: Repubblicano (Reagan)
1984: Repubblicano (Reagan)
1988: Repubblicano (G. H. Bush)
1992: Democratico (B. Clinton)
1996: Democratico (B. Clinton)
2000: Democratico (Gore)
2004: Democratico (Kerry)
2008: Democratico (Obama)
2012: Democratico (Obama)
2016: Democratico (Hillary Clinton)
2020: Democratico (Biden)

25 marzo 2024

Presidenziali del 1924

Si vota il 4 novembre.
Cinquecentotrentuno gli Elettori da eleggere.
Duecentosessantasei la maggioranza assoluta da raggiungere.
Quarantotto e nove per cento gli aventi diritto al voto effettivamente recatisi alle urne.
Tra i repubblicani, Calvin Coolidge, succeduto al defunto in corso di mandato Warren Harding, nella Convention di Cleveland, ottiene facilmente la Nomination.
Suo contendente, per quanto possibile nella situazione, il Senatore e in precedenza Governatore della California Hiram Johnson, già Running Mate di Theodore Roosevelt nel 1912.
Dal Partito Repubblicano – che a suo modo di vedere non abbraccia le idee populiste e progressiste che lo animano da sempre e non si schiera debitamente a favore degli agrari – esce Robert La Follette.
Nasce il Progressive Party del quale l’ex Governatore del Wisconsin, all’epoca Senatore, sarà il battagliero vessillifero.

Il Partito Democratico, riunito in quel di New York, affronta nella circostanza una delle Convention più complicate e infinite della storia.
Sedici giorni di votazioni (all’epoca, la Nomination si conquistava ottenendo i voti di due terzi dei delegati).
Equilibrio tra i due maggiori pretendenti: l’ex Segretario al Tesoro William Gibbs McAdoo e il Governatore cattolico del New York Alfred Al Smith.
Dopo centodue (!?) ballottaggi non concludenti, McAdoo e Smith si accordarono per far convergere i loro voti sull’ex Ambasciatore a Londra John Davis, del West Virginia, che risultò pertanto ufficialmente investito.
Con Davis, a definire la squadra dell’Asinello, il Governatore del Nebraska Charles Wayland Bryan, fratello minore del tre volte invano candidato e successivamente Segretario di Stato William Jennings Bryan.
Da sottolineare il fatto che i due Bryan sono nella storia gli unici fratelli inclusi in un ticket presidenziale da uno dei partiti maggiori.

Al termine di un confronto nel quale molto si adoperò secondo carattere La Follette, in cui Davis fu scarsamente incisivo, il Presidente uscente prevalse con grande facilità.
L’esito fu il seguente:
Coolidge, trentacinque Stati e trecentoottantadue delegati al Collegio Elettorale;
Davis, dodici Stati e centotrentasei Elettori;
La Follette, uno Stato (il suo Wisconsin) e soli tredici voti nel predetto Collegio.
Da sottolineare che lo Stesso La Follette arrivò nell’occasione secondo in altri tredici Stati.

25 marzo 2024

Gli sconfitti: per cominciare, Nelson Rockefeller

È nel 1968, nel corso di quello che resterà il suo terzo ed ultimo tentativo di ottenere dal partito repubblicano la Nomination che Nelson Rockefeller, esponente dell’ala interna liberal, più volte Governatore dello Stato di New York, può contare tra i propri collaboratori, per quanto attiene alla politica estera, su un giovane e brillante studioso di origini tedesche di nome Henry Kissinger.
La considerazione umana per l’impegno ideale che, come sempre del resto, mette nell’opera Nelson sarà oggetto di elogio e di ammirazione da parte del futuro Segretario di Stato che nello svolgimento del ricordato impegno più volte, schierato come era, ebbe a sostenere che il rivale e poi investito della designazione Richard Nixon “non era certamente persona adatta ad esercitare il potere esecutivo da White House” salvo poi essere chiamato dal redivivo (era stato battuto da John Kennedy otto anni prima il Californiano e poi nel 1962 perfino per il Governatorato di Sacramento) già Vice dì Eisenhower dapprima ad essergli Consigliere personale e in seguito a guidare con lui i predetti esteri.
Torneranno i due – in molte circostanze, pressoché incredibili gli accadimenti che si susseguono – a collaborare allorquando, subentrato al dimissionario Nixon Gerald Ford, restando al fianco dell’Omahaiano un Kissinger fortunatamente non coinvolto nel Watergate, fu, a sorpresa, in effetti, il Nuovaiorchese Rockefeller ad essere nominato Vice Presidente.
Era peraltro il fallimento nel DNA dell’erede dell’impero del petrolio fondato dal nonno John – fra l’altro tra i massimi filantropi di sempre – visto che l’incarico fu obbligatoriamente breve e non gli dette l’agio necessario ad illustrarsi essendo vicine le elezioni del 1976 e che – delusione ultima – nel corso della Convention repubblicana a questo fine operante non venne confermato nel ticket, laddove fu sostituito da Bob Dole.
Resta il Nostro (va sottolineato perché a fatica si ricorda perfino che la procedura determinata dall’apposito Emendamento datato 1967 era stata prima applicata solo con Ford da parte di Nixon per sostituire il dimissionario Spiro Agnew) il secondo ed ultimo Vicario arrivato a ricoprire l’incarico, sì a seguito di nomina presidenziale, ma dopo la ratifica dei due rami del Congresso.
Sarà Nelson Rockefeller da considerare tra i davvero pochi uomini politici arrivati a morte per le infinite amarezze derivanti dalle sconfitte subite?
Probabilmente, anche se da questo punto di vista, nessuno ha sofferto più di Lyndon Johnson, obbligato dall’andamento della Guerra del Vietnam a non riproporsi – ancora nel 1968 qui incombente – dovendo quindi interrompere il cammino riformatore unico ed eccezionale intrapreso sul fronte interno in tema di diritti civili, di salvaguardia delle minoranze e di aiuti ai più bisognosi.
Certamente al Texano, il cuore, lasciata la Presidenza, si spezzò.

24 marzo 2024