Presidenziali del 1940

Alle urne il 5 novembre.
Ancora cinquecentotrentuno i componenti il Collegio Elettorale da eleggere.
Di nuovo duecentosessantasei la maggioranza assoluta degli stessi da raggiungere.
Sessantadue e cinque per cento gli aventi diritto al voto effettivamente recatisi ai seggi.
Per la prima volta nella storia delle presidenziali USA, il Presidente in carica cerca ed ottiene una terza investitura dal suo partito.
È Franklin Delano Roosevelt che tradisce la tradizione.
Nessuno prima (salvo, per il vero, soccombendo in sede di Convention, Ulysses Grant nel 1880) si era riproposto per un terzo mandato non perché esistesse una norma limitante in proposito.
No, solo per dare seguito alle parole del Padre della Patria George Washington il quale, nel 1796, aveva rifiutato una nuova candidatura (ed una certa elezione) dicendo che nessun uomo poteva sopportare con profitto per la Nazione e fisicamente più di due mandati presidenziali.
Sarà, per inciso, proprio a seguito della decisione di F.D.R. – che si riproporrà poi anche nel 1944 – che il Congresso nel 1951 approverà il XXII Emendamento che vieta una terza elezione, per non parlare ovviamente di una quarta.

Non essendo chiaro – tutt’altro – se davvero F.D.R. avrebbe chiesto una terza chance, il Partito Democratico sembrava dover scegliere tra lo storico Vice Presidente John Garner e il Postmaster General James Farley.
Alla fine, nella Convention riunita in Chicago, l’Asinello confermò invece Roosevelt: si disse (lo stesso Presidente in qualche modo sostenne) che essendo in corso in Europa la guerra, alla Casa Bianca doveva restare un uomo di esperienza, non subentrare un novellino.
Non pochi, comunque, accettarono con difficoltà l’accadimento.
Non pochi pensarono ad una manovra studiata e corrispondente alla “tipica tortuosità di comportamento” del due volte Capo dello Stato.
A sostituire Garner nel ticket, il Segretario all’Agricoltura Henry Wallace, un progressista.

Il Partito Repubblicano, in quel di Philadelphia, sembrava dovesse scegliere obbligatoriamente tra due possibili candidati: l’attivissimo Procuratore del Distretto di New York Thomas Dewey e il Senatore dell’Ohio Robert Taft, figlio dell’ex Presidente William ma personalmente di grande spessore, tanto che più tardi una commissione a tale incombenza delegata lo indicherà tra i cinque più importanti e incisivi Senatori della storia americana.
Nella contrapposizione, Dewey e Taft accettarono di ritirare la candidatura e la Convention, al sesto ballottaggio, elesse il businessman dell’Indiana Wendell Wilkie.
Con lui, nella formazione, il Senatore dell’Oregon Charles McNary.

Argomento principale della campagna, ovviamente, la possibile entrata nel conflitto degli Stati Uniti.
Wilkie accusò F.D.R. di essere pronto a portare il Paese a combattere.
Roosevelt, promise che i giovani non avrebbero partecipato “ad alcuna guerra straniera”, qualunque cosa ciò significasse.
Per quanto il GOP si battesse al meglio conquistando decisamente più voti rispetto a Landon, il Presidente uscente ottenne una comoda rielezione.
Questo l’esito:
Franklin Delano Roosevelt, trentotto Stati e quattrocentoquarantanove Elettori
Wendell Wilkie, dieci Stati e ottantadue voti al Collegio.

29 marzo 2024

Chris Christie rifiuta la candidatura offerta da No Labels

Rifiutando con cortesia l’offerta avanzatagli dal movimento No Labels (Nessuna etichetta, sostanzialmente) – fra l’altro appena rimasto orfano visto che il fondatore e chairman Senatore Joe Lieberman è deceduto a seguito di una caduta – l’ex Governatore del New Jersey, repubblicano, Chris Christie ha dichiarato:
“Apprezzo la proposta ricevuta di portare avanti una candidatura alternativa.
Credo però che se non c’è un serio percorso per vincere e se la mia candidatura in qualsiasi modo o forma potrebbe aiutare Donald Trump a diventare di nuovo presidente, allora non sia la strada da seguire.”

28 marzo 2024

Il direttore musicale della campagna elettorale di Henry Wallace

Una campagna elettorale necessita di un ‘Direttore musicale’?
Henry Agard Wallace – già Vice di Franklin Delano Roosevelt nel terzo mandato, 20 gennaio 1941/20 gennaio 1945 – uscito dal partito democratico, candidato a White House in proprio nel 1948 contro l’uscente Harry Truman, pensava evidentemente di sì.
Diede difatti tale particolare incarico ad Alan Lomax.
Era questi, peraltro, un notevole etnomusicologo e antropologo.
Contava pertanto Wallace su possibili importanti contributi di specifico indirizzo.
Nella circostanza, quindi, appariva assolutamente non adeguata la definizione scelta.
Certamente non per questo, la candidatura dell’ex Vice Presidente del quale Eleanor Roosevelt certamente non tesse nella circostanza le lodi (tutt’altro) naufragò.

28 marzo 2024

Gli sconfitti: Adlai Stevenson, ‘Testa d’uovo’ (‘Egg-Head’)

Adlai Ewing Stevenson II nasce a Los Angeles il 5 febbraio del 1900 e muore a Londra il 14 luglio 1965.

Campagna elettorale per White House del 1952.
Al tramonto Harry Truman (potrebbe ricandidarsi – perché il Ventiduesimo Emendamento del 1951 pone sì limiti in merito al numero dei mandati, limiti che però, come d’uso, non riguardano il Presidente in carica – ma non lo fa o, meglio, solamente, vi accenna), il Partito Democratico, in quel di Chicago come farà anche quattro anni dopo in occasione della sua seconda Nomination, per affrontare – compito davvero ingrato data la considerazione e la fama, roba da far tremare i polsi – il forte candidato repubblicano già nominato Generale Dwight ‘Ike’ Eisenhower (da tutti considerato sic et simpliciter ‘il vincitore della Seconda Guerra Mondiale’ e non è poco), opta per il fino ad allora abbastanza defilato Governatore dell’Illinois Adlai Stevenson.
Uomo “veramente schivo”, lo definisce – a mio modo di vedere non del tutto cogliendone il tratto – Maldwyn Jones nella sua imperdibile ‘Storia degli Stati Uniti d’America’.

È nel corso della seguente contesa che, ispirato dalle fattezze facciali di Adlai (fronte molto alta e calvizie accentuata), intendendo aggredirne l’astrattezza con qualche venatura d’orientamento omosessuale nel caso del tutto immotivata, lo scrittore Louis Bromfield (non, come viene comunemente detto, l’allora candidato Vice repubblicano Richard Nixon, che usò successivamente l’espressione a man salva) lo definisce ‘Testa d’uovo’ (‘Egg-Head’), termine che avrà larga diffusione per un paio e poco più di decenni, e sarà appioppato dagli avversari politici con sottesa disistima anche ai consiglieri di John Kennedy.
Termine al cui utilizzo Adlai risponderà ironicamente dicendo “Teste d’uovo di tutto il mondo, non avete da perdere che il vostro tuorlo”.

È nel mentre di quel certame che a Stevenson, il quale aveva appena terminato una pubblica conferenza (lo storico Robert Remini, in quest’ambito, lo considera “probabilmente l’oratore più dotato”), una spettatrice, avvicinatasi, dice:
“Tutte le persone intelligenti voteranno per lei’, ricevendo in cambio un “Non basterà, Signora. Occorre la maggioranza!”, amara, consapevole risposta che denuncia l’inconsistenza di fondo della democrazia.
E in effetti, come scrive ancora Maldwyn Jones, “lo spirito e l’eloquenza di Stevenson gli accattivarono gli intellettuali ma non riuscirono a scuotere la massa dei votanti”.
(Il solo momento nel quale si pensò potesse anche farcela fu quando nella fase finale del confronto scese in campo al suo fianco un sempre volitivo ed efficace Harry Truman, purtroppo per lui però invano).

Elitario per formazione (arrivò al punto d’interrompere la serie di necessariamente incalzanti manifestazioni elettorali per due tre giorni per isolarsi e limare adeguatamente a suo modo di vedere un discorso e questo mentre gli organi interni al movimento addetti alla propaganda, orfani, anche ferocemente, scalpitavano), il Nostro cercherà di attenuare il proprio cerebralismo astratto nel 1956, allorquando scelto una seconda volta dal partito (non pochi dei cui maggiori esponenti, temendo a debito del per la conferma in corsa Eisenhower una débâcle, evitarono di proporsi).
Sempre Jones, ricorda che nella circostanza adottò “un tono meno elevato facendo deliberatamente errori di grammatica”, con risultati alla fine nelle urne peggiori rispetto a quelli del 1952.
Peraltro – ricco (lo era anche di famiglia, ma questa è un’altra storia) di discordanze e sicuramente memore di quanto a riguardo aveva vergato Walt Whitman (“Ci sono contraddizioni in me? Certo. Sono immenso. Contengo moltitudini!”) – chiese ed ottenne nel campo della critica economica il contributo dell’ottimo John Kenneth Galbraith, al quale, data l’importanza che il Vice aveva assunto nell’amministrazione in carica, disse “Voglio tu scriva i discorsi contro Nixon” e “Non devi avere nessuna pietà!”

Per quanto Gore Vidal, in un breve passaggio della sceneggiatura cinematografica del suo notevole ‘The Best Man’, 1964, ad opera di una sedicente ‘rappresentante dell’elettorato femminile’, additi tra i massimi e più gravi (considerati i tempi) difetti di Stevenson quello “di non essere sposato e di scherzare al riguardo”, in verità, a tale proposito, la sua era una situazione particolare perché la consorte Ellen Borden, dalla quale aveva avuto tre figli, assolutamente repubblicana (lo sottolinea un in fondo divertito Raymond Cartier nello splendido ‘Le cinquanta Americhe’, 1962) e di carattere, non sopportando (lo preferiva quale in precedenza, quando poteva dire: “Poverino, sempre l’assistente di qualcuno!”) il suo proporsi già per il Governatorato per i democratici, aveva divorziato!

Due le particolarità che lo videro protagonista nel campo, diciamo così, tecnologico.
È in primo luogo – ricorda Jill Lepore in ‘These Truths’, 2018, entrambi gli episodi – durante la trasmissione televisiva della CBS che segue lo spoglio il 4 novembre 1952 (giorno nel quale si arrivava al dunque nel suo contendere con Eisenhower) che viene usato, sia pure non in studio ma attraverso collegamenti con Philadelphia, un Univac, un computer cioè e con esiti non negativi quanto alle previsioni.

Poi, benché siano da tutti considerati come i dibattiti televisivi inaugurali (si diede il via il 26 settembre e altri tre fecero seguito per quanto nella memoria collettiva ne permanga solo uno) fra candidati quelli della storica campagna 1960 Kennedy/Nixon, così non è perché invece a dare il là – ideandoli e attivandosi perché a Miami, negli studi della ABC, avesse svolgimento il primo – a questi ancora oggi ritenuti assai significanti confronti fu proprio, in ambito limitatamente partitico è vero, Adlai Stevenson discutendo nel 1956 con il contendente la Nomination democratica Estes Kefauver (correva il 21 maggio) che sarebbe poi stato con lui nel ticket demolito dal repubblicano ‘Ike’ il successivo 6 novembre.
Moderatore nella circostanza – sarà pur giusto ricordarne il nome dato che fu il primo, no? – il già direttore dell’American Civil Liberties Union, Quincy Howe.

(Sempre ad illustrare questo politicamente almeno ‘strano’ individuo, “dotato di amicizie forti, a volte fanatiche, molta intelligenza, troppo spirito e un fascino che sa usare”, e i suoi dubbi – il citato Raymond Cartier aveva sentenziato che un Presidente deve essere per l’ottanta/novanta per cento decisionista mentre Stevenson lo era per il poco che resta – proprio con riferimento alla televisione che come visto usava, disse in una circostanza agli spettatori:
“Posso parlarvi ma non posso ascoltarvi. Non posso ascoltare i vostri problemi… Per farlo, devo uscire di qui”).

Nel citato 1960 – “Non voglio, ma vorrei” – pronunciate l’anno precedente parole quali “Mi piacerebbe che trasformassimo la nostra grottesca campagna presidenziale in un grande dibattito condotto in favore del popolo” – dichiarò ammiccando di non aspirare a una terza Nomination.

Nel corso della campagna, non si espresse per John Kennedy (definito da un editorialista ‘Uno Stevenson con le palle’) che poi appoggiò convintamente una volta scelto.
Riteneva gli spettasse nella nuova amministrazione il ruolo di Segretario di Stato.
Non lo ottenne, venendo invece, alquanto deludentemente?, nominato Ambasciatore all’ONU.
Fu in questo ruolo a rappresentarsi quale equilibrato, e non ascoltato, consigliere di Kennedy nei roventi giorni (ottobre del 1962) della crisi conseguente la scoperta della installazione a Cuba dei missili sovietici.
Come si vede fuggevolmente in ‘Thirteen Days’, pellicola non certamente memorabile datata 2000, ritiene necessaria a dare una spinta determinante alla soluzione del pericoloso impasse la mediazione dell’allora Segretario Generale delle Nazioni Unite Maha U Thant.
Nella evenienza, sarà altresì vincente protagonista di un serrato confronto con il Rappresentante sovietico in aula ONU Valerian Zorin.

Morirà Adlai Ewing Stevenson II (il cui omonimo nonno era stato Vice di Grover Cleveland dal 1893 al 1897) relativamente giovane, a Londra per un attacco di cuore, a poco più di sessantacinque anni.

Avanti di chiudere, una consonanza forse inimmaginabile del Nostro con un uomo decisamente di tutt’altra pasta, Winston Churchill (che, quanto segue fra poco a parte, secondo il biografo principe del grande Statista, Andrew Roberts, nel 1952, faceva nascostamente il tifo per Adlai contro Eisenhower nelle Presidenziali tanto da arrivare a dire a risultato acquisito “Sono molto contrariato”).
Ora, nel 1895, sulla via di Cuba, un giovane Winston, facendo tappa a New York, fu accolto da Bourke Cockran, un parlamentare americano che nei dieci anni successivi ebbe su di lui notevole influenza in specie nel modo di conversare e nello stile oratorio.
Fu sessant’anni dopo, nel 1955, che sentendolo citare a memoria lunghi estratti dei discorsi di Cockran, stupefatto, Adlai Stevenson gli disse: “È stato anche il mio modello”.

Infine, ad illustrare cosa pensasse di sé, la frase pronunciata dopo la sconfitta del 1952, prima di inviare a Dwight Eisenhower un telegramma degno di un gentiluomo:
“Io sono troppo grande per questo.
Ma fa troppo male per riderne”.

Mancava Adlai “della semplicità e brutalità dei conduttori di popoli”, affermarono alcuni.
Verissimo e, dal un mio particolare punto di vista, per fortuna.
Chapeau!

28 marzo 2024

Georgia: storia elettorale in occasione delle presidenziali

1789: (George Washington)
1792: (George Washington)
1796: Democratico-Repubblicano (Jefferson)
1800: Democratico-Repubblicano (Jefferson)
1804: Democratico-Repubblicano (Jefferson)
1808: Democratico-Repubblicano (Madison)
1812: Democratico-Repubblicano (Madison)
1816: Democratico-Repubblicano (Monroe)
1820: Democratico-Repubblicano (Monroe)
1824: Democratico-Repubblicano (Crawford)
1828: Democratico (Jackson)
1832: Democratico (Jackson)
1836: Whig (Harrison)
1840: Whig (Harrison)
1844: Democratico (Polk)
1848: Whig (Taylor)
1852: Democratico (Pierce)
1856: Democratico (Buchanan)
1860: Democratico Sudista (Breckinridge)
1864: Guerra civile
1868: Democratico (Seymour)
1872: Democratico (Greeley)
1876: Democratico (Tilden)
1880: Democratico (Hancock)
1884: Democratico (Cleveland)
1888: Democratico (Cleveland)
1892: Democratico (Cleveland)
1896: Democratico (Bryan)
1900: Democratico (Bryan)
1904: Democratico (Parker)
1908: Democratico (Bryan)
1912: Democratico (Wilson)
1916: Democratico (Wilson)
1920: Democratico (Cox)
1924: Democratico (Davis)
1928: Democratico (Smith)
1932: Democratico (F. D. Roosevelt)
1936: Democratico (F. D. Roosevelt)
1940: Democratico (F. D. Roosevelt)
1944: Democratico (F. D. Roosevelt)
1948: Democratico (Truman)
1952: Democratico (Stevenson)
1956: Democratico (Stevenson)
1960: Democratico (Kennedy)
1964: Repubblicano (Goldwater)
1968: Indipendente (Wallace)
1972: Repubblicano (Nixon)
1976: Democratico (Carter)
1980: Democratico (Carter)
1984: Repubblicano (Reagan)
1988: Repubblicano (G. H. Bush)
1992: Democratico (B. Clinton)
1996: Repubblicano (Dole)
2000: Repubblicano (G. W. Bush)
2004: Repubblicano (G. W. Bush)
2008: Repubblicano (McCain)
2012: Repubblicano (Romney)
2016: Repubblicano (Trump)
2020: Democratico (Biden)

28 marzo 2024

Presidenziali del 1936

Alle urne il 3 novembre.
Tutto come nella precedente tornata quanto a componenti del Collegio da eleggere e quanto alla maggioranza assoluta da raggiungere.
Un deciso aumento dei votanti che arrivano al sessantuno per cento.
Guardando al risultato – una valanga a favore dell’uscente democratico Franklin Delano Roosevelt che travolge il povero repubblicano Alf Landon (vince in quarantasei Stati su quarantotto e lascia al rivale la miseria di otto Elettori) – verrebbe fatto di trascurare questa tornata elettorale.

Non poche, invece, le necessarie sottolineature.
Per cominciare, la vera possibile spina nel fianco di F.D.R., la sola concepibile e temibile concorrenza all’interno dei democratici era il Senatore ed ex Governatore della Louisiana Huey Long.
Magnifico oratore, populista e grande demagogo, aveva appoggiato il Presidente nel 1932 per criticarne dipoi aspramente l’operato e pensare seriamente di scalzarlo appunto nel 1936.
Fra l’altro – va ricordato perché da quel momento in poi tutti i candidati parleranno (e a tutti i candidati verrà richiesto di indicare) dei primi impegni da rispettare una volta eletti in un ben determinato lasso di tempo – Long aveva pubblicato un libello intitolato ‘I miei primi cento giorni alla Casa Bianca’.
L’impetuosa corsa del Nostro fu però troncata nel settembre del 1935 dalle pallottole di un attentatore.
Poi, nel corso delle Primarie, un altro contendente cercò di sbarrare la strada a F.D.R.: si tratta di Henry Skillman Breckinridge, che aveva raggiunto una notevole popolarità essendo il Procuratore nel celeberrimo e sfortunato rapimento del figlio di Charles Lindbergh.

Comunque, il capo dello Stato, per fortuna (il vero oppositore era stato eliminato non certo politicamente) e per merito (alla fine, nelle Primarie, la sua superiorità fu schiacciante) fu confermato come candidato a White House a Philadelphia.
Con lui, il Vice a sua volta uscente, il vecchio rivale a lui affiancatosi quattro anni prima, John Garner, ‘Cactus Jack’, politico texano di forte tempra.

Qualche parola va spesa a suo riguardo dopo quelle riportate trattando della tornata 1932.
Difatti, l’avventura politica di Garner dopo la conferma è rimarchevole per due motivi.
Primo: si oppose (ed ebbe buon gioco) ai desiderata di F.D.R. quando il Presidente – in conflitto con la Corte Suprema – pensò bene di proporre la possibilità di una nomina da parte sua di Giudici, appunto dell’Alta Corte, ‘supplenti’ al fine di mettere in minoranza gli oppositori che si trovavano all’interno del consesso.
Secondo: pensando che Roosevelt non avrebbe chiesto un terzo incarico (nessuno, prima, tranne fugacemente Grant nel 1880, lo aveva fatto), si propose in vista della Convention del partito del 1940.
Andando assai diversamente le cose, eliminato dal ticket con una manovra dal Presidente, riposti i sogni di gloria, abbandonò la scena.

Guardando al GOP, Alf Landon, il Governatore del Kansas uscito vincente dalla Convention di Cleveland, come si è detto travolto da F.D.R. nella circostanza, vinse solo nel Maine e nel Vermont.

Da segnalare il fatto che Frank Knox, con lui nel frangente a comporre la formazione repubblicana, sarà successivamente Segretario alla Marina proprio con il rivale Roosevelt.

28 marzo 2024

La raccolta di fondi e le spese elettorali di democratici e repubblicani

Il Comitato nazionale democratico (Democratic National Committee, DNC), il Comitato per la campagna senatoriale democratica (Democratic Senatorial_
Campaign Committee, DSCC) e il Comitato per la campagna congressuale democratica (Democratic Congressional Campaign Committee, DCCC) hanno raccolto finora un totale di 393 milioni e speso 331 milioni di dollari nel ciclo elettorale del 2024.
Il Comitato Nazionale Repubblicano (Republican National Committee, RNC),
il Comitato Senatoriale Nazionale Repubblicano (National Republican Senatorial Committee NRSC) e il Comitato Congressuale Nazionale Repubblicano (National Republican Congressional Committee, NRCC) hanno raccolto finora un totale di 320 milioni e speso 278 milioni di dollari nel ciclo elettorale del 2024.

27 marzo 2024

Gli sconfitti: Thomas Dewey, perdere dopo avere creduto di vincere

Originario del Michigan, figlio di un portalettere, baritono di belle speranze, laureato in legge, arrivato nella Grande Mela, Thomas E. Dewey, entrato in politica con il Grand Old Party, si mise in luce quale grande persecutore del crimine organizzato e della malavita e a soli quarant’anni fu trionfalmente eletto Governatore dello Stato di New York.
Nel 1944, un partito repubblicano in cerca di un avversario credibile per Franklin Delano Roosevelt, che chiedeva agli Americani un quarto mandato, gli conferì la Nomination.
Dewey perse (come ci si aspettava), ma riuscì a ridurre notevolmente la maggioranza del Presidente del New Deal sia in termine di voti popolari che di Elettori (con l’iniziale maiuscola per distinguerli da quelli comuni essendo loro specifico compito eleggere in Presidente), la qual cosa gli procurò una seconda candidatura quattro anni dopo.
I sondaggi lo indicavano come il netto favorito, ma Harry Truman – per nulla intenzionato a lasciare White House – non si arrese e gli contese ogni singolo voto fino all’ultimo.
La notte dello scrutinio fu una delle più drammatiche della storia politica americana.
Tutti (democratici compresi) si aspettavano una vera e propria valanga di suffragi a favore di Dewey e i primi risultati sembrarono largamente confermare le previsioni tanto che non pochi quotidiani (celebre la fotografia del giorno dopo nella quale, allegrissimo, Truman mostra il Chicago Daily Tribune che ‘toppa’ la notizia), ignari degli esiti del voto negli Stati dell’Ovest e dovendo comunque ‘chiudere’, nelle prime edizioni mattutine successive uscirono con il titolo a nove colonne ‘Dewey batte Truman’.
Così non fu e il povero Thomas, vincitore delle Presidenziali fino a mezzanotte, già un paio di ore dopo, scoperto che il West non era con lui, seppe che alla Casa Bianca sarebbe rimasto il suo rivale.
Non domo, contando comunque tra i GOP (tra i molti nemici) ancora un seguito, nel 1952 dette un notevole contributo alla investitura del Generale Dwight Eisenhower, poi vincente su democratico Adlai Stevenson.
Pare ritenesse che il neo Presidente sarebbe rimasto in carica per un solo mandato la quale cosa gli avrebbe dato un’ultima chance nel 1956.
Così non andò.
Resterà da allora e fino in fondo un importante risorsa non solo per i repubblicani, visto che anche Lyndon Johnson lo tenne in considerazione.
Da ultimo, in due differenti occasioni, rifiutò la nomina a Presidente della Corte Suprema.

27 marzo 2024

Florida

1848: Whig (Taylor)
1852: Democratico (Pierce)
1856: Democratico (Buchanan)
1860: Democratico Sudista (Breckinridge)
1864: Guerra civile
1868: Repubblicano (Grant)
1872: Repubblicano (Grant)
1876: Repubblicano (Hayes)
1880: Democratico (Hancock)
1884: Democratico (Cleveland)
1888: Democratico (Cleveland)
1892: Democratico (Cleveland)
1896: Democratico (Bryan)
1900: Democratico (Bryan)
1904: Democratico (Parker)
1908: Democratico (Bryan)
1912: Democratico (Wilson)
1916: Democratico (Wilson)
1920: Democratico (Cox)
1924: Democratico (Davis)
1928: Repubblicano (Hoover)
1932: Democratico (F. D. Roosevelt)
1936: Democratico (F. D. Roosevelt)
1940: Democratico (F. D. Roosevelt)
1944: Democratico (F. D. Roosevelt)
1948: Democratico (Truman)
1952: Repubblicano (Eisenhower)
1956: Repubblicano (Eisenhower)
1960: Repubblicano (Nixon)
1964: Democratico (Johnson)
1968: Repubblicano (Nixon)
1972: Repubblicano (Nixon)
1976: Democratico (Carter)
1980: Repubblicano (Reagan)
1984: Repubblicano (Reagan)
1988: Repubblicano (G. H. Bush)
1992: Repubblicano (G. H. Bush)
1996: Democratico (B. Clinton)
2000: Repubblicano (G. W. Bush)
2004: Repubblicano (G. W. Bush)
2008: Democratico (Obama)
2012: Democratico (Obama)
2016: Repubblicano (Trump)
2020: Repubblicano (Trump)

27 marzo 2024

Presidenziali del 1932

Si vota l’8 novembre e i partecipanti al voto sono il cinquantasei e nove per cento degli aventi diritto.
Gli Elettori componenti il Collegio sono cinquecentotrentuno e per conseguenza la maggioranza assoluta è fissata a duecentosessantasei.
Le due Convention principali (saranno candidati anche esponenti del Partito Socialista e dei comunisti) si svolgono a Chicago.
Il Presidente uscente Herbert Hoover viene nominato dal GOP al primo ballottaggio quasi all’unanimità.

L’andamento della Convention democratica che vedrà infine prevalere Franklin Delano Roosevelt è descritto nelle righe che seguono.
Roosevelt prevarrà in quarantadue Stati collezionando quattrocentonovantadue Elettori.

Hoover vincerà in sei Stati, tutti nel Nord sulla costa atlantica, e potrà contare solo su cinquantanove delegati al Collegio Elettorale.
Uno dei peggiori risultati di ogni tempo da parte di un Presidente in cerca di conferma.

Annotazioni
La campagna del 1932
Nel 1932, dopo che per tre mandati consecutivi i repubblicani avevano occupato la Casa Bianca, le elezioni presidenziali americane si prospettavano come assolutamente favorevoli (si era in piena Grande Depressione) al candidato democratico, chiunque egli fosse.
Di conseguenza, la lotta per la Nomination all’interno del Partito dell’Asino fu particolarmente violenta.
Alla fine, però – pur essendo stato sconfitto nelle Primarie del Massachusetts da Alfred Smith e in quelle della California dallo speaker della Camera John Garner – Franklin Delano Roosevelt, forte di una bella serie di affermazioni, si presentò alla Convention estiva di Chicago con un seguito di delegati superiore al cinquanta per cento.
Ciò, peraltro, non bastava: all’epoca, infatti, per vincere, occorreva ottenere i due terzi dei voti dei delegati stessi.
Esauriti senza esito i primi scrutini, la situazione fu sbloccata da due diversi accadimenti.
Roosevelt, che già aveva l’appoggio entusiasta di Huey Long e quello più sofferto di McAdoo, raggiunse un insperato accordo con Garner al quale offrì la Vice Presidenza, e, soprattutto, il magnate della carta stampata William Randolph Hearst si decise a sostenerlo temendo che una sconfitta di Franklin potesse aprire la strada alla candidatura di Newton Baker le cui posizioni politiche erano in netto contrasto con le sue.
Conclusa una campagna elettorale ‘in discesa’ contro il Presidente uscente Herbert Hoover (una vera ‘anitra zoppa’, se mai ve ne fu una) e due candidati ‘minori’: il socialista Norman Thomas e il comunista William Zebulon Foster, l’8 novembre 1932, il secondo Roosevelt trionfava alle presidenziali con una valanga di suffragi.

Crollo di Wall Street?
Tutta colpa di Herbert Hoover!
Elezioni presidenziali del 1932.
Si avvicina il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre, esattamente il giorno 8, quello fissato per le votazioni.
Il Presidente uscente, Herbert Hoover, è talmente impopolare che gli autostoppisti per costringere le auto a fermarsi e a caricarli esibiscono cartelli con la scritta “se non mi date un passaggio, voto Hoover!”

Broadway, seconda metà degli anni Settanta del Novecento.
In scena il musical di grande successo ‘Annie’, musica Charle Strouse e parole di Martin Charnin.
La storia è ambientata nel pieno della depressione conseguente al crollo di Wall Street.
In una scena, un gruppo di senzatetto e di barboni si stringono intorno ai fuochi accesi nei bidoni per le immondizie per cuocere qualcosa e per riscaldarsi.
In coro, cantano ‘We’d Like to Thank You, Herbert Hoover’ che recita:
“Oggi viviamo in una baracca,
oggi frughiamo dovunque per trovare da mangiare,
oggi rubo il carbone per il fuoco,
chi lo sapeva che sarei stato capace di rubare?
Un tempo svernavo ai tropici
Passavo le estati al mare…
Vorremmo ringraziarti Herbert Hoover ,
per averci guidati tanto bene…
Verme schifoso, burocrate,
è grazie a te che ora siamo quello che siamo!”
Ecco come e in qual modo era considerato il Presidente in carica ai tempi delle elezioni che lo videro perdere da Franklin Delano Roosevelt.
(E il fatto che, ciò malgrado, gli sia riuscito di catturare nell’occasione oltre quindici milioni e settecentomila voti sa del miracoloso).
Ecco come e in qual modo a distanza di oltre quarant’anni lo considerassero i più.

Il peso politico degli intellettuali e la candidatura del comunista Foster
1932, in corsa Herbert Hoover e Franklin Delano Roosevelt.
I più importanti intellettuali del Paese – poeti di chiara fama, filosofi ben noti, scrittori assai apprezzati, critici di notorietà e carisma indiscutibili quali Sherwood Anderson, Erskine Caldwell, Malcolm Cowley, Countee Cullen, John Dos Passos, Langston Hughes, grace Lumpkin, Sidney Hook e Lincoln Steffens, per fare qualche nome – si schierano ben altrimenti: firmano infatti il documento stilato da Edmund Wilson a sostegno della candidatura di William Zebulon Foster.
In ‘Culture and Crisis’, il celebrato e tanto ben appoggiato critico che si esprimeva sulle pagine del ‘New Yorker’, su quelle di ‘The New Repubblic’ e di ‘Vanity Fair’ sostiene a spada tratta, con perizia e con stringente logica appunto Foster, esponente di primissimo piano e candidato ufficiale dei comunisti americani.

Risultato a novembre?
Centotremilatrecentosette, voti pari allo zero tre per cento.
Questo il ‘peso’ degli intellettuali in quella occasione.
Questo il ‘peso’ in politica degli intellettuali in ogni occasione!

27 marzo 2024